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La voce internazionale della Svizzera in un mondo in mutazione

Gli svizzeri all'estero erano spesso fedelissimi ascoltatori del servizio radiofonico internazionale, che si sintonizzavano sulle sue onde ovunque ne avessero la possibilità, come l'uomo in immagine, negli Stati Uniti nel 1948. swissinfo.ch

Il Servizio svizzero onde corte trasmise programmi dal cuore dell'Europa, dal 1935 fino al 1990, quando gli succedette Radio Svizzera Internazionale (SRI). Dei ricercatori ora stanno esaminando le lettere e le registrazioni per vedere come l'identità svizzera si diffondeva sulle onde radio.

“Riesce a sentire la storia in questi documenti?”, chiede Fanny Gütsche, ricercatrice all’Istituto di antropologia culturale dell’università di Basilea, mentre gira le pagine di un documento interno della direzione del Servizio svizzero onde corte, datata del 1968. Era l’anno della Primavera di Praga, quando l’Armata Rossa sovietica soffocò la rivolta cecoslovacca.

“Pensavano di istituire un servizio con notiziari o programmi rivolti a un pubblico di ascoltatori cecoslovacchi, nella la loro lingua. Stavano facendo qualche ricerca per sapere se avrebbe avuto successo o no”, spiega. Furono trasmessi alcuni nuovi programmi, ma erano brevi reazioni ad un evento politico e non durarono a lungo.

Fornire informazioni imparziali su eventi mondiali a un pubblico di ascoltatori internazionale, in quel periodo chiave che era la guerra fredda, era la missione centrale che si prefiggeva la stazione radiofonica. Mostrare che la Svizzera era forte e indipendente era importante. Ma anche l’idea di ‘swissness’ in un senso più ampio – che cosa significasse essere svizzero o vivere veramente la Svizzera – era al centro dei programmi diffusi in tutto il mondo. Quella radio voleva mostrare il lato migliore della Svizzera al mondo.

Come si rileva nel documento del 1968, la programmazione per un pubblico ceco doveva evitare di essere politica. Gli argomenti di una trasmissione tipica includevano “donazioni di sangue, la Croce Rossa, il servizio postale e la politica d’asilo in Svizzera”. La reazione all’esperimento di breve durata fu piuttosto magra, soprattutto a causa della censura, suppone Fanny Gütsche, sulla base del materiale d’archivio.

“Si dice che le lettere di ascoltatori dalla Cecoslovacchia sono censurate. Ne hanno ricevuta una che era stata aperta da un censore in Cecoslovacchia, ma è stata comunque inviata alla stazione radio. Questa è l’unica reazione che hanno ricevuto… Forse c’erano più lettere” che però non sono arrivate.

Percepire i tempi

“La Svizzera era circondata da paesi molto forti, per cui volevano mostrare che anche loro erano un paese forte e che potevano difendersi”, spiega Fanny Gütsche.

Insieme ad altri ricercatori sta esaminando i vasti archivi del servizio radiofonico che ha preceduto swissinfo.ch, l’attuale servizio internazionale della Società svizzera di radiotelevisione. Al suo apice, trasmetteva programmi in sette lingue principali: inglese, tedesco, francese, italiano, spagnolo, portoghese e arabo, con occasionali programmi per un breve periodo o singoli in altre lingue.

“A quel tempo, la televisione non era ancora la più importante forma di mass media. Le trasmissioni radiofoniche, soprattutto sulle onde corte in un contesto internazionale, erano la forma più importante per mantenere il contatto a una distanza enorme”, dice Patricia Jäggi, un’altra ricercatrice dell’università di Basilea che lavora sul progetto.

“Durante i primi decenni della guerra fredda, negli anni ’50 e ’60, la stazione radiofonica ricevette più soldi dallo Stato e la società di diffusione si poté sviluppare e diventare un’istituzione più grande”, aggiunge Fanny Gütsche.

“Nei primi anni era più un canale per gli Svizzeri all’estero; mandava in onda tanta musica folk e usava dialetti svizzeri tedeschi. Più tardi, negli anni ’60, divenne più professionale, più internazionale: voleva essere un servizio radiofonico internazionale veramente professionale, come la BBC World Service”.

Nel suo ufficio a Basilea, Fanny Gütsche ha pile di lettere e documenti del Servizio svizzero onde corte e della SRI suddivisi per decenni. Le pile diventano più alte per gli anni ’50 e ’60, e poi si riducono di nuovo verso la fine degli anni ’90 fino a quando la stazione ha cessato le trasmissioni, nel 2004.

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“Gli utenti ascoltavano perché pensavano che fosse una voce neutra dall’Europa”, aggiunge. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, questa caratteristica è diventata meno un unicum.

Forti legami

Diversamente da quanto avvenuto con l’esperienza ceca, il legame tra la stazione radiofonica e gli ascoltatori di tutto il mondo era generalmente forte. Parte dell’obiettivo del servizio era di mantenere uniti gli Svizzeri ovunque si trovassero.

Arrivavano lettere, molte ricche di emozioni, come quella scritta in tedesco dal New Jersey, alla fine degli anni ’30: “Quando sento i vecchi cantanti e gli jodler ho nostalgia di casa e mi vengono le lacrime agli occhi, anche se ho 67 anni e sono qui da 50 anni”, scriveva l’ascoltatore.

Questo era il tipico genere di lettere che arrivavano, dice Fanny Gütsche. “Davvero. Leggo veramente spesso lettere come questa… Svizzeri che vivevano all’estero si emozionavano molto quando ascoltavano le trasmissioni di Radio Svizzera Internazionale”.

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I giornalisti erano pronti a prendere parte ad attività che li avrebbero avvicinati a un’immagine ideale della Svizzera, come la “Radio Welt Schützenfest”, una competizione internazionale di tiro organizzata sette volte dall’emittente, dalla fine degli anni ’30 agli anni ’60. Oppure concorsi di tiro al bersaglio con fucili. E altre attività ancora considerate come facenti parte della ‘swissness’.

Percezione svizzera

Presentare la Svizzera al mondo era un compito attentamente pensato dai produttori e dai giornalisti radiofonici. La programmazione variava da una lingua all’altra, ma la giornata iniziava con un’ora e mezzo in tedesco, poi seguiva l’inglese, lo spagnolo e così via. C’erano sempre notizie e attualità. La musica aveva un ruolo importante: in parte era musica svizzera e in parte musica che spopolava all’epoca, come il jazz o il big band negli anni ’50. Cultura, festival musicali e sport facevano parte dei programmi, soprattutto durante i fine settimana.

“Era sempre il punto di incontro tra la Svizzera e il mondo. Da una parte volevano mandare un messaggio sulla Svizzera al mondo, dall’altro volevano capire o attirare ascoltatori… Dovevano sapere cosa interessava agli ascoltatori”, spiega Fanny Gütsche.

Le lettere degli ascoltatori erano analizzate in una sezione speciale. Venivano inoltre visitate stazioni radio di tutto il mondo per vedere che tipo di programmazione si attendevano gli ascoltatori in altri posti.

“La stazione radiofonica diffondeva un’immagine stereotipata fino agli anni ’60, quando volevano diventare più internazionali… Poi vollero trasmettere un nuovo messaggio: ‘in Svizzera, non ci sono soltanto montagne, formaggio e cioccolata, abbiamo anche scienza, industria, innovazione'”, afferma la ricercatrice.

“Erano anche sempre alla ricerca di cose che la gente non sapeva… cose fuori dai soliti schemi, che non si trovavano in ogni guida sulla Svizzera”, aggiunge Patricia Jäggi. “Dicevano sempre che stavano cercando di portare una realtà svizzera a persone di tutto il mondo… Ho trovato davvero toccante che fossero così appassionati per il lavoro”.

Progetto Broadcasting Swissness

Un gruppo di ricercatori delle università di Basilea, Zurigo e Lucerna esamina come la ‘swissness’ è costruita attraverso i programmi e le politiche del Servizio svizzero onde corte, poi diventato Radio Svizzera Internazionale (SRI). I ricercatori esaminano diversi aspetti degli archivi della stazione radiofonica, attraverso documenti, registrazioni, programmi vocali e musicali.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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