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L’UDC cambia teste ma non la sua linea

Tre tenori dell'UDC: da sinistra, il presidente uscente Toni Brunner, lo stratega Christoph Blocher e il probabile nuovo presidente Albert Rösti. Keystone

Le dimissioni di Toni Brunner dalla presidenza dell’Unione democratica di centro (UDC) e di Christoph Blocher dalla vice presidenza hanno sorpreso anche la stampa svizzera. Secondo molti commentatori, il partito di destra cambierà alcune teste ai suoi vertici, ma non i suoi metodi autoritari e la sua linea politica.

“I vertici dell’UDC devono essere sicuri del fatto loro”, notano il Tages-Anzeiger e il Bund, commentando la mossa sorprendente del partito di destra.  Poche settimane prima di una votazione importante, come quella sull’attuazione dell’espulsione dei criminali stranieri, quattro dirigenti di spicco del partito lasciano il loro incarico: il presidente Toni Brunner, il vicepresidente e stratega Christoph Blocher, il vicepresidente Walter Frey e il segretario generale Marin Baltisser. In altre parole, “dalla vittoria alle elezioni parlamentari di ottobre e dalla riconquista di un secondo seggio in governo, l’Unione democratica di centro può agire da una posizione di forza”. 

Per i due giornali, questo cambio ai vertici del partito di destra avviene nel segno di una “continuità, dettata dall’alto”. Blocher conserverà “un ruolo determinante nel partito: chi si sente chiamato a salvare la Svizzera, non può lasciare facilmente questo incarico. E l’UDC deve poter contare anche in futuro sui soldi del miliardario. Anche la scelta di Albert Rösti, quale futuro presidente, garantisce la continuità. Il responsabile della campagna elettorale del 2015 ha un atteggiamento mite, ma è fedele alla linea del partito. Con il bernese, l’UDC potrà inoltre rafforzare la sua espansione nella Svizzera romanda, meglio che con Brunner, che non parla quasi francese”. 

Nel loro commento, il Tages-Anzeiger e il Bund criticano lo stile autoritario del partito di destra: “Rösti viene designato quasi per decreto alla presidenza del partito, i delegati potranno soltanto annuire alla prossima riunione. Pur essendo ormai diventata una forza politica con una base elettorale del 30%, l’UDC non conosce pluralismo e neppure correnti interne che, in altri partiti, suscitano discussioni sulla linea da seguire – soprattutto quando vi è da rinnovare la presidenza”. 

Scelta poco democratica 

Metodi autoritari evidenziati anche dalla Neue Zürcher Zeitung: “Con la scelta del successore di Brunner, l’UDC mostra ancora una volta di essere un partito che funziona diversamente dagli altri. Presso il Partito popolare democratico (PPD) e il Partito liberale radicale (PLR) la corsa per la presidenza, rimasta recentemente vacante, è ancora aperta, mentre nel partito di destra l’attribuzione di questo incarico importante viene dettata in modo poco democratico dalla cerchia di potere interna. Vi sono infatti poche chance che i delegati respingano in aprile il candidato unico Albert Rösti”. 

Secondo il quotidiano zurighese, quest’ultimo potrebbe tuttavia apportare alcuni cambiamenti positivi nello stile dell’UDC. “Rösti segue rigidamente il corso del partito, ma ha un comportamento conciliante, a tal punto che neppure gli avversari politici parlano male di lui. Nell’ultima campagna elettorale, orchestrata da Rösti, l’UDC ha rinunciato ampiamente a provocazioni. Vi è quindi la speranza che, sotto la sua presidenza, il partito di destra metta da parte il suo atteggiamento populista e ricominci ad agire in modo costruttivo”. 

Blocher non abbandona 

L’era di Blocher non è ancora finita, prevede l’Aargauer Zeitung: lo stratega dell’UDC lascia il suo ultimo incarico, “ma non rinuncerà a influenzare sia il corso del partito, che lui stesso ha fatto crescere, sia la politica svizzera, a cui impone il suo ritmo. Le cose resteranno così, fino a quando continuerà a finanziare le campagne dell’UDC a suon di milioni di franchi”. 

“Per Blocher conta soprattutto una cosa”, prosegue il giornale della Svizzera centrale. “Vuole concentrare le sue forze sul suo ultimo grande obbiettivo politico: impedire un accordo istituzionale tra la Svizzera e l’Unione europea. Per questo motivo rimane alla testa del comitato ‘No alla strisciante adesione all’UE’. Blocher non abbandona, prima di aver finito la sua missione”. 

“Non abbandono la Svizzera”, annuncia lo stesso Blocher sulle pagine del Blick. “Per far arrabbiare i miei avversari, rimango. Continuerò a mettere a disposizione la mia grande esperienza e la mia indipendenza che fa paura. In che forma, bisognerà ancora vedere”. 

Blocco borghese verso destra 

Per il Corriere del Ticino, il passaggio di testimone ad Albert Rösti “è un segnale di continuità, sia dal punto di vista dello stile, sia della sostanza. In qualità di responsabile della campagna elettorale, il deputato bernese ha abbassato i toni della comunicazione pubblica, togliendo all’UDC l’immagine del partito incattivito. Quanto alla linea politica, il probabile futuro presidente l’ha sempre seguita – lui stesso è considerato un «hardliner», vale a dire uno che segue la linea dura – e si è premurato di dare garanzie di continuità”. 

Il cambio nell’UDC coinciderà con quello degli altri due partiti borghesi di governo, ossia il PPD e il PLR, osserva ancora il foglio ticinese. “Dalla primavera il cosiddetto blocco borghese avrà vertici in buona parte rinnovati, non solo a livello di presidenti ma pure di équipe dirigenziale. Sarà un nuovo inizio per tutti. Ma a seconda di chi sarà chiamato a guidare PLR e PPD anche la linea politica generale potrebbe subire dei cambiamenti. L’elezione di un Gerhard Pfister al posto di Christophe Darbellay fra i popolari-democratici o di un Christian Wasserfallen (non c’è ancora una candidatura ufficiale) a quello di Philipp Müller fra i liberali-radicali, entrambi considerati esponenti della destra dei loro partiti, non sarebbe neutra rispetto alla situazione di oggi. Soprattutto nella prospettiva di affrontare dossier politici importanti”. 

Spostamento geografico 

Per i giornali romandi, con questi cambiamenti ai suoi vertici, l’UDC vuole partire “alla conquista dell’Ovest”, ossia della Svizzera francese. “Bisogna rilevare lo spostamento geografico”, sottolinea Le Temps. “Un politico di San Gallo (Brunner) e due di Zurigo (Blocher e Frey) cedono il posto a due bernesi (Rösti e Amstutz), rimasti fedeli alla linea di Blocher al momento della scissione che aveva portato alla nascita del Partito borghese democratico (PBD)”. 

“Questi cambiamenti intervengono quando l’UDC ha piazzato un romando in Consiglio federale, anche se in modo non completamente volontario. Ciò permetterà al partito di rafforzare le sue posizioni nella metà occidentale del paese, da Berna fino ai confini del Lemano. Che altri partiti romandi se ne rendano conto: l’UDC sta partendo alla conquista dell’Ovest”, preannuncia il giornale romando. 

Potenziale di espansione 

Una visione condivisa dalla Tribune de Genève e da 24 Heures, nel loro commento comune: “Spingendo il consigliere nazionale Rösti alla testa del partito, l’UDC spera di piazzare un doppio colpo: progredire fortemente nella Svizzera romanda e recuperare a lungo termine quanto resterà del PBD. Albert Rösti, che padroneggia il francese, è in effetti culturalmente e geograficamente più vicino alla Romandia di Toni Brunner, sangallese ed esclusivamente germanofono. È infatti nella Svizzera romanda che l’UDC possiede il suo più grande potenziale di espansione”. 

D’altro canto, l’UDC “punta sulla scomparsa ineluttabile del PBD, di cui la più grande sezione si trova proprio nel canton Berna. Chi meglio dell’affabile Rösti è in grado di far ritornare nell’ovile le pecore smarrite del PBD? La nomina di un presidente bernese, a fianco di un capo del gruppo parlamentare UDC pure bernese (Amstutz) mostra infine che la “centrale zurighese” del partito ha di nuovo piena fiducia nel cantone della capitale, per affidargli le chiavi della sua politica”. 

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