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Un sì di stretta misura che non chiude il dibattito sul servizio pubblico

Con il sì di domenica, la percezione del canone sarà generalizzata. Keystone

Il sistema di percezione del canone radio-tv verrà generalizzato: è quanto ha deciso domenica l’elettorato svizzero, che ha accettato a debole maggioranza la nuova Legge sulla radiotelevisione. Il dibattito sul ruolo e la definizione del servizio pubblico non fa però che cominciare.

I sondaggi dicevano che la votazione sulla nuova Legge sulla radiotelevisioneCollegamento esterno (LRTV) si sarebbe giocata per una manciata di voti e così è stato. In pochi avrebbero però probabilmente immaginato che i due campi sarebbero stati separati da così poche schede, tanto che si è dovuto aspettare la pubblicazione dei risultati dell’ultimo cantone – Berna – per mettere la parola fine a un voto dall’esito raramente così incerto. Alla fine ha prevalso il ‘sì’ col 50,08%, ovvero poco meno di 4’000 voti.

A far pendere l’ago della bilancia sono stati i cantoni della Svizzera francese, che hanno quasi tutti accettato la revisione con proporzioni comprese tra il 62,5% nel canton Vaud e il 55% a Friburgo. Unica voce fuori dal coro il Vallese, cantone bilingue, dove l’oggetto è stato respinto dal 53,5% dei votanti.

Come da previsione, la LRTV ha avuto invece meno successo nella Svizzera tedesca, dove durante la campagna si era manifestata una forte opposizione. Gli unici due cantoni a votare ‘sì’ sono stati i Grigioni (cantone trilingue) e Basilea Città.

Più sorprendente invece il ‘no’ del canton Ticino, che approfitta ampiamente della chiave di ripartizione del canone. La Svizzera italiana, che rappresenta il 4,5% della popolazione svizzera, riceve infatti per la sua programmazione circa il 20% delle risorse finanziare attribuite dalla Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR, contribuendo però solo con il 4% (canone e pubblicità) alle entrate della SRG SSR.

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Suspense «alla Hitchcock»

Durante la tradizionale conferenza stampa, la ministra delle telecomunicazioni Doris Leuthard ha evocato un suspense «alla Hitchcock» e ha ringraziato tutti coloro che si sono impegnati a favore della nuova LRTV. La consigliera federale si è poi detta sorpresa del ‘no’ in Ticino, che approfitta del sistema di ripartizione. Doris Leuthard ha ribadito che il canone dovrebbe scendere a circa 400 franchi all’anno.

Soddisfazione è stata espressa anche dalla SRG SSR, principale beneficiario del canone. Quest’ultimo dovrebbe diminuire a partire verosimilmente dal 2018 o 2019, quando il nuovo sistema potrà essere implementato.

Anche se dalle urne è uscito un responso positivo, i promotori del referendum non intendono dal canto loro abbassare le braccia. Prima della pubblicazione dei risultati definitivi, Hans-Ulrich Bigler, direttore dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), all’origine del referendum, aveva affermato che la votazione ha mostrato che, qualunque fosse stato l’esito, la popolazione è confrontata con un malessere e che occorre finalmente interrogarsi sulla portata del servizio pubblico.

Un’analisi ribadita a spoglio concluso: «Sono per un’offerta in quattro lingue nazionali, ma mi chiedo se sono necessari così tanti programmi diversi come oggi», ha affermato Bigler, sottolineando come il voto di domenica sia un brutto segnale per l’economia svizzera.

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Dibattito sul servizio pubblico

Durante la campagna il tema, di carattere piuttosto tecnico, si è infatti rapidamente trasformato in un dibattito sul servizio pubblico.

Il tema non finirà quindi nel cassetto, tanto più che si stanno raccogliendo firme per due iniziative popolari che chiedono in sostanza la soppressione o la riduzione ai minimi termini del canone.

Per il Partito liberale radicale (PLR, centro destra), che aveva fatto campagna per il ‘no’, questo dibattito «è più urgente che mai». L’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) chiede un «cambiamento di rotta» e considera necessario che si apra una discussione sulla «dimensione del ‘servizio pubblico’, sul ruolo della SSR nel settore dei media elettronici e sul suo mandato, tenendo conto dei bisogni e delle condizioni che differiscono da una regione linguistica all’altra».

Il Partito socialista (PS) parla da parte sua di un ‘sì’ alla «coesione nazionale» e di un «segnale di rispetto nei confronti delle minoranze linguistiche». Anche per il PS non si dovrà schivare il dibattito sul servizio pubblico, evitando però «le menzogne e le polemiche che hanno caratterizzato la campagna dell’USAM». Per il Partito popolare democratico (PPD, centro), favorevole alla riforma, «il dibattito sul servizio pubblico non deve finire qui». «In un paese dalla diverse sfaccettature come il nostro – continua il comunicato – le aspettative in merito al servizio pubblico sono molto diverse. Il PPD si impegnerà per difendere le minoranze». Il Partito borghese democratico (PBD, centro destra) sottolinea infine che il ‘sì’ di domenica è «un segnale di solidarietà nei confronti di tutte le regioni linguistiche della Svizzera».

Doris Leuthard ha ricordato che i lavori su un’eventuale ridefinizione del servizio pubblico sono in corso. Questa dovrà però avvenire senza preconcetti e sulla base di argomenti fondati. Il governo dovrebbe consegnare il suo rapporto al parlamento entro metà 2016. La ministra delle telecomunicazioni non ha però svelato quali siano le sue intenzioni. Per discutere seriamente ci vogliono dei rapporti, delle analisi, dei paragoni con l’estero, ha sottolineato.

La SRG SSR non intende dal canto suo sottrarsi al dibattito: «La grande svolta in atto nel mondo dei media – si legge nel comunicato – rende necessaria e importante la discussione sullo sviluppo del servizio pubblico audiovisivo».

Riscossione generalizzata

Con il ‘sì’ uscito dalle urne domenica si passerà da un sistema di canone basato sul possesso di un apparecchio di ricezione a una riscossione generalizzata, seppur con qualche rara eccezione.

Secondo i sostenitori del progetto, tra cui il governo e la maggioranza del parlamento, il vecchio sistema, risalente a quando internet non esisteva ancora, era ormai superato. Oggi, stando ai dati dell’Ufficio federale di statistica, più di 9 economie domestiche su 10 e quasi tutte le imprese hanno accesso ad internet. Smartphone, tablet e computer permettono di ricevere le trasmissioni anche senza una radio o un televisore.

Poggiando su basi più ampie, il cambiamento di sistema dovrebbe permettere, stando alle stime del governo, di ridurre il canone per le economie domestiche, facendolo passare dagli attuali 462 franchi a circa 400 franchi all’anno.

Per la SRG SSR a livello contabile non cambierà nulla. La somma stanziata rimarrà infatti uguale.

Le imprese con un giro d’affari inferiore ai 500’000 franchi – in pratica tre ditte su quattro – saranno esentate dal pagamento del canone. Per contro, quelle con un fatturato superiore al milione di franchi pagheranno di più rispetto alla situazione attuale.

A scagliarsi contro la revisione legislativa era stata appunto l’Unione svizzera delle arti e mestieri, che aveva poi ricevuto il sostegno soprattutto dell’UDC, del PLR e di alcuni grandi editori privati.

Per i contrari, con questo cambiamento si voleva introdurre una nuova «imposta sui media», applicata a tutti, anche a chi non usufruisce di questi servizi, lasciando nello stesso tempo campo libero al governo per aumentarla come meglio crede.

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SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

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