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Eredità: la «resistenza» contro Parigi s’organizza

Eveline Widmer-Schlumpf ha incontrato François Hollande lo scorso dicembre a Parigi AFP

Bisogna vietare a Stati terzi di tassare beni immobiliari che si trovano in Svizzera? La camera bassa del parlamento svizzero si pronuncerà mercoledì su una mozione in questo senso, diretta chiaramente contro la Francia.

Tra le numerose vertenze fiscale che incidono sulle relazioni franco-svizzere, la revisione della convenzione sulle successioni è senza dubbio quella che nella Confederazione solleva il più grande polverone.

Secondo il testo siglato l’anno scorso tra Parigi e Berna, le successioni saranno tassate nel paese dove risiedono gli eredi e non più, come succedeva finora, nello Stato di domicilio del defunto.

Per molti parlamentari, principalmente di destra, e per i responsabili delle finanze dei cantoni romandi, questo cambiamento di rotta è troppo favorevole alla Francia.

Per illustrare questa unilateralità della convenzione, sollevano un interrogativo suscettibile di risvegliare i sentimenti patriottici: un bene immobiliare in Svizzera posseduto da un erede domiciliato in Francia, può essere tassato dal fisco francese sulla base di aliquote molto elevate, che vanno fino al 40% a partire da 900’000 euro e oltre al 45% per più di 1,8 milioni di euro?

Impossibile, rispondono in coro questi deputati, che lo scorso maggio, in seno alla commissione dell’economia e dei tributi, hanno lanciato una mozione di resistenza al «diktat» francese. Essa domanda al governo federale di vietare l’imposizione da parte di uno Stato terzo di immobili situati in Svizzera.

L’attuale convenzione di doppia imposizione sulle successioni tra Svizzera e Francia risale al 1953.

Prevede che il diritto applicabile è quello del paese in cui risiedeva il defunto.

Nel giugno 2012, Parigi ha chiesto di rinegoziare l’accordo, applicando il principio della tassazione in base al paese dell’erede. La Francia aveva minacciato di rescindere l’accordo in caso di rifiuto svizzero.

In luglio, la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ha siglato il testo rivisto della convenzione.

Questo nuovo accordo ha suscitato una levata di scudi in Svizzera, soprattutto nei cantoni francofoni.

Il 20 aprile 2013, il ministro delle finanze francese Pierre Moscovici ha annunciato la firma del testo per il mese di maggio, ciò che non è avvenuto. Per entrare in vigore il primo gennaio 2014, l’accordo deve essere siglato entro il 30 giugno.

«Meglio nessuna convenzione»

Il Consiglio nazionale (camera bassa) voterà mercoledì per decidere se adottare o meno l’atto parlamentare. «Questa mozione ha un valore indicativo, tempera il suo promotore, il deputato liberale radicale Jean-René Germanier. La firma della nuova convenzione è di competenza del governo. Non bisogna però dimenticare che le Camere dovranno ratificarla. E siamo in molti a pensare che è meglio non avere nessuna convenzione con la Francia piuttosto che averne una ingiusta. Se questa convenzione fosse adottata, le persone toccate passerebbero dal paradiso all’inferno fiscale».

Il presidente del Partito popolare democratico Christophe Darbelley è sulla stessa lunghezza d’onda. «Ho votato per questo testo in commissione e lo voterò di nuovo mercoledì. Un bene immobiliare è soggetto a imposta laddove è situato. La Francia può facilmente capire questo principio, applicato dappertutto».

Darbelley è stato tra i primi a insorgere contro il progetto di nuova convenzione: ingiusta, segnatamente perché non riguarda solo gli esiliati fiscali, ma anche buona parte degli svizzeri stabiliti in Francia, le cui eredità saranno ormai tassate in base alle vertiginose aliquote decise da Parigi e non a quelle molto più contenute, o addirittura pari a zero, applicate in Svizzera.

Piccole concessioni

I parlamentari di destra non hanno mai digerito la decisione della ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf di siglare questo accordo. Oggi intendono mantenere la pressione. Berna sta infatti negoziando con Parigi qualche cambiamento, di portata però molto modesta.

Gli eredi saranno tassati sull’insieme dei beni che ricevono in eredità se risiedono in Francia da almeno otto anni e non sei come previsto nel testo siglato. Magra vittoria per la Svizzera. Inoltre, i beni immobiliari posseduti in Francia non dovrebbero essere tassati se riguardano una società commerciale e non puramente immobiliare.

Queste modifiche non hanno ancora ricevuto l’avallo formale di Parigi. «La Svizzera aspetta una risposta ufficiale da parte della Francia ai miglioramenti proposti da Berna lo scorso febbraio», si limita a dichiarare Anne Césard, portavoce della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali.

Per entrare in vigore il primo gennaio 2014, il nuovo accordo dovrà essere siglato prima del 30 giugno 2013. Per il momento non è però previsto nessun incontro tra Eveline Widmer-Schlumpf e il suo omologo francese Pierre Moscovici. Quest’ultimo aveva previsto una firma nel mese di maggio, ma finora non si è mosso nulla.

Verso un referendum?

«La ratifica della nuova convenzione non è iscritta all’ordine del giorno di giugno dell’Assemblea nazionale, constata dal canto suo Claudine Schmid, deputata dei francesi di Svizzera. E non credo che il governo francese voglia rescindere unilateralmente entro il 30 giugno la convenzione che risale al 1953».

Se non accadrà nulla entro fine mese, l’entrata in vigore della nuova convenzione è ritardata almeno fino al primo gennaio 2015. Nulla indica, però, che i parlamentari accetteranno questa nuova versione leggermente modificata. «Se Eveline Widmer-Schlumpf firmerà e il parlamento la seguirà, ci vorrà qualcuno che lanci un referendum, aveva avvertito all’inizio di quest’anno dalle colonne di Le Temps il consigliere nazionale friburghese dell’Unione democratica di centro Jean-François Rime.

(traduzione di Daniele Mariani)

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