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Reto Mathis, uno chef a 2’486 metri d’altitudine

Reto Mathis all'opera swissinfo.ch

Lo chef svizzero Reto Mathis dirige da 15 anni il più alto ristorante gourmet d’Europa, "La Marmite", situato nella località engadinese di St. Moritz. Swissinfo.ch lo ha intervistato.

Prendiamo l’ultima funicolare, mentre le porte si stanno chiudendo. L’appuntamento con Reto Mathis è lassù: da non credere, siamo più vicini al cielo che alla terra. Dai finestrini osserviamo la neve che aumenta a vista d’occhio, mentre la cittadina di St.Moritz si fa sempre più piccola alle nostre spalle. Davanti a noi c’è il ricamo naturale di un paesaggio indomito.

Lo troviamo sulla porta d’ingresso del ristorante in veste di cerimoniere. Stessi capelli al vento visti tante volte in televisione, sguardo rapace e profondo come i suoi accenti francesi, asiatici e piemontesi che spesso abbina nelle creazioni culinarie; passo felpato di chi sa dove collocare un ingrediente con una mossa azzeccata.

Mentre veniamo deliziati dal profumo del foie gras, o da un superbo filetto d’anatra al fico con la mela asiatica, andiamo a visitare la cucina per scoprirne i segreti, accompagnati dal grande chef.

L’ambiente è caratterizzato da un viavai di giovani cuochi e apprendisti; nel medesimo tempo, pietanze come la carne secca dei Grigioni al porto in gelatina o il cervo arrostito a bassa temperatura – profumato con le erbette della valle – vengono servite e accompagnate da pregiati vini italiani.

Tuttavia, scrivere e parlare di e con Reto Mathis, significa poi sedersi ad un tavolo con dell’ottimo whiskey invecchiato, mentre lo chef elvetico prepara accuratamente il suo cubano.

swissinfo: Reto Mathis, come è cominciata la sua avventura?

Reto Mathis: [ride] Non sapevo di voler diventare chef. Avevo iniziato a studiare elettronica, poi mi sono deciso a seguire la mia natura creativa e mi sono quindi iscritto alla scuola alberghiera di Losanna. È lì che ho capito di aver fatto la scelta giusta.

Ciononostante, credo che la mia vera formazione siano stati gli anni trascorsi come giramondo. Ho vissuto in Togo, in Asia e in quegli anni ho imparato cosa vuol dire veramente fare di necessità virtù.

swissinfo: Ci racconti le sue esperienze. Quale percezione ha di sé stesso?

R.M: Mi sono sempre sentito un autodidatta nonostante la formazione a Losanna. Per me la cucina è stata un’esperienza di vita più che una realizzazione in termini accademici. La cucina è lontana anni luce dall’accademismo, anche se può esprimersi con quello.

Nel mio caso posso dire di aver tratto maggiori insegnamenti dalle mancanze che dalle eccedenze. Quando ero in Togo, per tre anni ho imparato a misurarmi con i miei limiti e quelli delle contingenze: mancava l’acqua, la corrente, la luce, eppure ho un bellissimo ricordo.

Lì ho appreso ad ascoltare la natura, i colori, i profumi, quel che offriva la terra, per assorbirne i sapori e trasferirli altrove. La percezione di me stesso [ride]? Mi sto ancora cercando. Questo è un viaggio che non è mai finito.

swissinfo: Signor Mathis, c’è qualche chef che le piace? E a cosa non rinuncerebbe mai nelle sue sperimentazioni culinarie?

R.T: Mi è sempre piaciuto Gualtiero Marchesi perché è riuscito a rendere un’ottima cucina come quella italiana in una reinterpretazione internazionale e colta. Per noi è molto importante superare i canoni rigidissimi in cui l’essere umano codifica la fame: stomaco, naso, palato.

Occorre inviare al cervello e all’apparato emozionale sensazioni e riflessioni capaci di coinvolgere l’essere, ciò che abbiamo dentro. Per questo non rinuncerei mai al timo, la mia dolce ossessione.

swissinfo: A cosa si ispira? Qual è il suo segreto?

R.T: [accende il sigaro] Mi ispiro senza dubbio alla cucina giapponese. Sono molto colpito dalla pratica zen, anche se la nouvelle cuisine è quella che più ha codificato la leggerezza, i tempi oculati di cottura, il contrasto, la freschezza, la cromaticità del piatto e i suoi colori: una successione di armonie. Seguo inoltre con grande interesse anche la cucina molecolare.

Il segreto? Amo camminare per ore da solo in montagna in mezzo alla natura. Quando vedo crescere una foglia o un principio di qualcosa, torno anche nei giorni successivi per verificare il suo sviluppo.

swissinfo: Come definirebbe la sua cucina?

La cucina è la ricerca di una perfezione. Ancora non l’ho trovata, anche se spesso mi ci sono avvicinato. È come una carezza. Capisci che sei a un dito dalla perfezione e il giorno dopo ti svegli per riprovarci di nuovo.

Per cucinare è molto importante il temperamento: bisogna stupire sempre con semplicità, come nella vita. C’è molta passionalità. Sempre.

Ambra Craighero, St.Moritz, swissinfo.ch

Nel corso del 2008, i clienti degli hotel e dei ristoranti svizzeri hanno speso complessivamente 20,3 miliardi di franchi, ossia 1,3 miliardi in più rispetto all’anno precedente.

Le spese per mangiare e bere fuori dal proprio domicilio ammontavano a 17,8 miliardi di franchi.

Con 101 stelle ottenute dalla Guida Michelin 2010, la Svizzera conserva il titolo di paese più “stellato” per abitante. Complessivamente la guida gastronomica Michelin per la Confederazione comprende 1’562 locali.

Ottantaquattro ristoranti vengono classificati con almeno una stella. Ancora una volta il massimo livello delle tre stelle è attribuito soltanto a Philippe Rochat di Crissier (Vaud), vicino a Losanna, e a Gérard Rabaey di Brent (Vaud), sulle alture di Montreux.

I ristoranti premiati con due stelle sono tredici. I locali con una stella sono 69: Ginevra e Zurigo, con rispettivamente sei e cinque classificati, sono le città con il maggior numero di esercizi “stellati”.

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