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Sorridete, siete filmati!

Da qualche settimana le telecamere vegliano sul cortile di una scuola di Lutry, nel canton Vaud Keystone

Dalle stazioni ai cortili delle scuole, dai posteggi ai parchi, in Svizzera la videosorveglianza è sempre più diffusa.

Una risposta al crescente sentimento di insicurezza che suscita però dubbi a causa dell’intrusione sempre maggiore nella sfera privata.

Chiunque arrivi in treno a Zurigo non può sfuggire all’occhio sempre più attento delle telecamere: alla stazione ne sono disseminate un centinaio. Lo stesso accade a Basilea, Berna e Lucerna.

Nei prossimi mesi, anche nelle stazioni ferroriavie di Losanna, Ginevra e Winterthur dei sistemi di videosorveglianza osserveranno discretamente 24 ore su 24 tutto ciò che succede.

Le stazioni sono però solo la punta dell’iceberg. Recentemente il comune di Lutry, nel canton Vaud, ha deciso di installare delle telecamere nei cortili di due scuole per cercare di evitare episodi di racket o aggressioni. E poi vi sono treni, parchi, piazze, posteggi, strade, negozi, banche…

Non meno di 40’000 telecamere

Secondo uno studio dell’Università di Friburgo, che data però del 2004, si stima che in Svizzera vi siano non meno di 40’000 telecamere di sorveglianza.

Con una videocamera ogni 180 abitanti, la Svizzera è ancora lontana dalla Gran Bretagna, dove se ne contano una ogni 14 abitanti.

Gli svizzeri finora sembrano non preoccuparsi troppo: meno del 2% delle persone interrogate nel quadro dello studio dell’Università di Friburgo giudica invadente la videosorveglianza in luoghi come i parcheggi, le stazioni, le banche, i centri commerciali o i trasporti pubblici.

«Molti si dicono ‘per me è uguale, tanto non ho nulla da nascondere’», spiega Eliane Schmid, dell’ufficio federale incaricato della protezione dei dati.

Questo pullulare di telecamere non manca però di sollevare numerosi interrogativi: «Certo, oggi ciò potrebbe apparire un po’ come della fantascienza, ma in casi estremi potrebbero venir ad esempio elaborati dei profili di movimento. Il nostro principale timore è appunto che grazie alla videosorveglianza ci si possa sempre più introdurre nella sfera privata», afferma Eliane Schmid.

Lacune giuridiche

La legislazione federale attualmente in vigore (regolata dalla Legge sulla protezione dei dati del 1992) pone certo dei limiti.

Ad esempio, la videosorveglianza da parte di privati è lecita solo se esiste un interesse preponderante, le persone che entrano nel campo controllato devono essere informate, le immagini devono essere cancellate non appena sono più necessarie e la trasmissione a terzi è vietata. In pratica però nessuno sorveglia che queste norme vengano effettivamente applicate.

Per quanto concerne la sorveglianza degli spazi pubblici, il marasma è totale, come dimostrato dal caso delle scuole di Lutry. Le autorità vodesi hanno chiesto al comune di spegnere le telecamere almeno durante gli orari di corso, ma il sindaco ha risposto negativamente. In mancanza di una legge cantonale sulla videosorveglianza, il cantone non ha infatti nessuna competenza in materia. In questa situazione si trovano tutti i cantoni svizzeri, a parte Basilea Città, l’unico ad avere una legge specifica.

Per cercare di raggiungere un’unità di dottrina tra i comuni, il governo vodese ha presentato un progetto di legge, che tiene conto delle norme federali ed introduce la figura dell’incaricato alla protezione dei dati. Altri cantoni stanno facendo altrettanto.

Proporzionalità

«Non si tratta di introdurre un divieto generale della videosorveglianza», spiega Eliane Schmid, «è però necessario interrogarsi ogni volta sulla proporzionalità. La videosorveglianza è l’unico mezzo per raggiungere gli obiettivi prefissati o ci sono sistemi che si introducono meno nella sfera privata? Ad esempio, una determinata gioielleria ha bisogno di telecamere o basterebbero serrature migliori?».

Una questione, questa della proporzionalità, sollevata recentemente anche da due professori di diritto dell’Università di Ginevra in un articolo pubblicato sul giornale della Svizzera romanda Le Temps: «Affinché una restrizione alla libertà sia conforme alla Costituzione, un provvedimento come la videosorveglianza statale deve permettere di raggiungere l’obiettivo di sicurezza che ci si è prefissati e a patto che non vi siano altri mezzi meno intrusivi. La risposta non è evidente, poiché degli studi scientifici recenti mostrano che esiste un dubbio sull’efficacia di tali dispositivi».

Efficaci?

Nel rapporto sulla sicurezza 2004, le Ferrovie federali svizzere affermavano che nello spazio di due anni, dopo l’installazione di telecamere di sorveglianza, gli atti di vandalismo sui treni in Svizzera romanda erano diminuiti dell’80%. Una cifra che poi le FFS avevano dovuto relativizzare: i dati non erano affidabili e l’introduzione della videosorveglianza era una tra le tante misure di prevenzione.

Studi condotti in Gran Bretagna mostrano ad esempio che all’inizio si nota una diminuzione della criminalità nei luoghi sorvegliati, ma che la presenza delle telecamere è rapidamente dimenticata.

Oltremanica si è però già trovato una soluzione: a Middlesbrough, nel nord-est del paese, sono state installate sette telecamere munite di altoparlanti. Gli addetti alla sorveglianza possono in ogni momento ammonire i passanti in caso di infrazioni. Il grande fratello ti sta guardando…

swissinfo, Daniele Mariani

L’uso di telecamere da parte di privati è disciplinato dalla Legge sulla protezione dei dati del 1992.

Essa stabilisce che le immagini devono essere cancellate dopo 24 ore, che la trasmissione a terzi è vietata e che simili installazioni devono essere proporzionali all’obiettivo di sicurezza che ci si è prefissati. Inoltre, le persone devono essere informate di trovarsi in un campo controllato da telecamere.

Per quanto concerne la sorveglianza degli spazi pubblici non esiste una regolamentazione precisa. Solo il semicantone di Basilea Città ha legiferato e a livello federale esiste un’ordinanza che stabilisce le regole di utilizzazione di telecamere da parte delle Ferrovie federali svizzere.

Diversi cantoni stanno comunque esaminando dei progetti di legge, che ricalcano in sostanza le norme già in vigore per i privati.

In Svizzera, sul luogo di lavoro la videosorveglianza è lecita per ragioni di organizzazione, sicurezza o controllo della produzione.

I sistemi che si prefiggono di controllare il comportamento del lavoratore sono invece vietati.

In una banca o in un negozio, ad esempio, le telecamere devono essere posizionate in modo tale che il personale sia ripreso solo a titolo eccezionale.

Eccezioni sono possibili in caso di reato o di sospetto di reato se il provvedimento è stato ordinato dalle autorità giudiziarie.

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