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Svizzera – UE: l’economia bacchetta Bruxelles

Di fronte alle barriere istituzionali che ostacolano lo sviluppo delle relazioni bilaterali, la federazione europea delle imprese BusinessEurope e la sua omologa elvetica economiesuisse invitano Bruxelles à un maggior pragmatismo nei confronti di Berna.

Il 25 aprile BusinessEurope ed economiesuisse hanno presentato una pubblicazione congiunta che ritraccia la storia e il ruolo dell’accordo di libero scambio tra Svizzera ed Unione Europea, siglato nel 1972. Malgrado siano trascorsi quarant’anni, il trattato continua a determinare le intense relazioni economiche tra Berna e il club dei ventisette.

«Geograficamente la Svizzera è un piccolo paese, ma è il terzo partner commerciale dell’Unione europea», dopo gli Stati Uniti e la Cina, e davanti a Russia, Giappone e India, sottolinea il presidente di BusinessEruope Jürgen Thumann.

Un miliardo di franchi al giorno

Le cifre sono chiare: stando ai dati provvisori della Banca nazionale svizzera, nel 2011 il 56,9% delle esportazioni elvetiche sono giunte in uno dei ventisette stati europei, dai quali proviene l’80% delle importazioni. Ogni giorno, il commercio tra le due regioni supera il miliardo di franchi.

Dopo gli Stati Uniti, la Svizzera è il secondo maggior investitore straniero nell’UE, dove le imprese elvetiche danno lavoro ad oltre un milione di persone. Nel 2009, più del 40% degli investimenti diretti all’estero sono stati fatti nell’UE, per un valore di circa 275 miliardi di euro.

Secondo Jürgen Thumann, l’UE dovrebbe assecondare maggiormente la Svizzera, tanto più che genera un surplus commerciale di 40 miliardi di euro con la Confederazione e che i due partner sono sulla stessa barca di fronte alle sfide della mondializzazione e dei mercati emergenti.  

Un eccesso di formalismo

Il problema è noto. Il presidente della commissione europea José Manuel Barroso ricorda nel libro che il sistema degli accordi bilaterali settoriali lanciato dopo il “no” elvetico allo Spazio economico europeo del 6 dicembre 1992 «ha raggiunto i suoi limiti».

Si tratta di dare una nuova dimensione istituzionale alle relazioni tra Berna e Bruxelles prima di estenderle, rammenta l’ex premier portoghese.

Denunciando un «eccesso di formalismo di alcuni politici europei», il presidente di economiesuisse Gerold Bührer ha dal canto suo invitato l’UE ad aderire a una «logica economica», di cui entrambe le parti potrebbero beneficiare – in particolare in ambito energetico, invece di «sovraccaricare il dibattitto con questioni istituzionali».

Cara sovranità

Ben inteso, prosegue Gerold Bührer, «comprendiamo le rivendicazioni dell’UE, ma anche Bruxelles deve capire che bisogna adattare i meccanismi ai principi della sovranità e della democrazia diretta».

La Svizzera non accetterà mai di adattare automaticamente i suoi accordi con l’UE alle evoluzioni del diritto comunitario, né di sottomettersi alla legge «dei giudici stranieri». Inoltre l’istituzione di un dispositivo che permetta di monitorare l’applicazione degli accordi deve funzionare nei due sensi, in Svizzera e nell’Unione europea, commenta Bührer.

Jürgen Thumann aggiunge: «L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno ora è un incremento della burocrazia. Ci vuole maggior pragmatismo.»

Secondo Thumann, la commissione e il parlamento europei «devono accettare e rispettare il fatto che la Svizzera non è un paese membro dell’Unione» e agire di conseguenza. Con molta delicatezza, tenendo presente la sua importanza economica sulla scena europea e il fatto che «la Svizzera potrebbe rappresentare una fonte di ispirazione per lo sviluppo democratico dell’UE».

Firmato il 22 giugno 1972, l’accordo di libero scambio tra la Svizzera e l’Unione Europea è il primo di questo tipo che l’allora Comunità economica europea ha concluso con uno dei suoi partner economici.

È stato accettato il 3 dicembre 1972 in votazione popolare dalla maggioranza dei cantoni e dal 72,5% della popolazione svizzera.

In base a questo accordo i beni industriali possono circolare tra la Svizzera e gli Stati membri senza dazi doganali. Una misura analoga è in vigore anche per i prodotti agricoli trasformati, come il cioccolato o la pasta.

L’Unione europea e i suoi 27 Stati membri sono di gran lunga i principali partner commerciali della Svizzera: il 60% delle esportazioni elvetiche sono dirette verso l’UE e l’80% delle importazioni svizzere provengono dai 27 Stati membri.

La Svizzera rappresenta il terzo mercato di esportazione per i prodotti dell’UE e si situa al quarto posto tra i partner commerciali dell’Unione europea dopo Stati Uniti, Cina e Russia

(Traduzione dal francese, Stefania Summermatter)

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