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Dove trovare lavoratori qualificati?

Da dove verranno in futuro i lavoratori altamente qualificati? Keystone

Nel febbraio 2014 i votanti svizzeri hanno approvato l'iniziativa per un freno all'immigrazione, che dà la priorità alla manodopera indigena per i posti di lavoro vacanti. Ma è applicabile? E quale sarà per le aziende svizzere il modo migliore di affrontare il nuovo freno all’immigrazione dai paesi europei? 

Da quando nel febbraio 2014 i votanti hanno approvato l’iniziativa «contro l’immigrazione di massa», gli imprenditori hanno le mani legate. Dove troveranno manodopera qualificata se non la possono ottenere dall’Europa? Tre persone molto diverse presentano la loro opinione sul modo migliore per rispondere a questa sfida.

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Magdalena Martullo-Blocher: educazione e formazione 

Figlia dello stratega dell’Unione democratica di centro e deputata del Canton Grigioni in Consiglio nazionale (camera del popolo), Magdalena Martullo-Blocher sembrerebbe predestinata a sostenere la linea del proprio partito. Ma in quanto amministratrice delegata dell’azienda chimica di famiglia EMS-Chemie, è anche confrontata direttamente con le conseguenze dell’iniziativa anti-immigrazione sul reclutamento di manodopera. 

Martullo-Blocher sa per esperienza diretta quanto sia importante per la Svizzera una manodopera qualificata. Con 2855 dipendenti in 26 siti di produzione situati in 16 paesi diversi, la sua azienda dipende fortemente dalla disponibilità di lavoratori con le necessarie qualifiche, afferma. Ma spesso le persone di cui ha bisogno non sono disponibili in Svizzera. 

«Siamo coinvolti nell’industria automobilistica e la Svizzera non ha una propria industria dell’automobile», dice Martullo-Blocher a swissinfo.ch. «Talvolta abbiamo bisogni di ingegneri automobilistici specializzati, in grado di produrre delle parti con i nostri polimeri speciali. Li troviamo in Germania o in Austria. Altre volte per i nostri laboratori di ricerca assumiamo chimici altamente specializzati. Quando possibile, formiamo noi stessi queste persone». 

EMS-Chemie è l’azienda della Svizzera orientale che dà lavoro al maggior numero di apprendisti, dice Martullo-Blocher. Forma attualmente 141 apprendisti in 15 diverse professioni. «È molto importante che il programma di tirocinio continui», afferma. «Il mercato del lavoro svizzero ha bisogno soprattutto di lavoratori altamente qualificati». 

All’altra estremità del variegato mondo dell’immigrazione in Svizzera ci sono i richiedenti l’asilo. Secondo Martullo-Blocher, questi ultimi solo raramente sono ben qualificati e inoltre in genere non parlano bene la lingua del luogo in cui sono giunti. Hanno bisogno «di un’educazione molto pratica e di integrazione, in modo che più tardi possano trovare un vero lavoro». 

Di fatto, ricorda l’imprenditrice, suo padre aveva lanciato un apprendistato per rifugiati nella gastronomia, quando faceva parte del governo federale. 

Se potesse scegliere un gruppo di disoccupati da aiutare, afferma Martullo-Blocher, «penso che sceglierei i richiedenti l’asilo, quelli a cui è stato concesso il diritto di rimanere. È lì che dovremmo davvero investire. Perché sono giovani e se non riusciamo a integrarli, ci costerà molto per lungo tempo, anche in termini di criminalità».

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Beat Jans: rimuovere gli ostacoli 

Beat Jans è un deputato del Partito socialista, eletto nel canton Basilea Città. È convinto che le donne sottoccupate, i lavoratori anziani e anche i richiedenti l’asilo possano aver un ruolo importante nella soluzione del problema della manodopera qualificata. 

Molti richiedenti l’asilo non lavorano perché non hanno il permesso di farlo, dice Jans. Si teme che se la Svizzera diventa troppo attraente arrivino altri profughi. «Così se ne stanno in giro seduti e noi paghiamo per loro. Credo che questa sia davvero una pessima soluzione». 

In quanto presidente del giornale di strada SurpriseCollegamento esterno, Jans constata che molti dei disoccupati che distribuiscono il giornale «sono incredibilmente annoiati. E sanno che potrebbero fare qualcosa. Vogliono guadagnare i loro soldi. Ed è un peccato non aiutarli». 

Jans ritiene anche che si debbano eliminare gli ostacoli che impediscono alle donne di essere pienamente attive sul mercato del lavoro. «Molte giovani madri sono altamente qualificate, ma rimangono a lungo lontane dal lavoro, sempre che ci tornino», dice. «E una delle ragioni per cui lo fanno è che rimane piuttosto complicato coniugare famiglia e lavoro». 

Levare gli ostacoli per le donne sarebbe il modo più semplice per aumentare la disponibilità di manodopera qualificata in Svizzera, ritiene Jans. «Abbiamo tantissime donne con un’ottima educazione che al momento non partecipano al mercato del lavoro». 

Ci dovrebbe anche essere uno sforzo per aiutare lavoratori anziani disoccupati a rientrare nel mercato, dice Jans. «Spesso sono assunti lavoratori più giovani [e che costano meno] e magari anche meglio qualificati. Dobbiamo investire nei lavoratori più anziani, dar loro almeno l’opportunità di partecipare». 

Indipendentemente dal gruppo, conclude Jans, è importante concentrarsi sulla formazione. «Dobbiamo rendere le persone abbastanza qualificate per questi posti di lavoro».

Courtesy of Peter Gaechter

Peter Gaechter: approfittare dell’esperienza dei lavoratori anziani 

Già all’età di 50 anni, molti lavoratori in Svizzera si ritengono troppo vecchi per essere assunti, anche se sono troppo giovani per andare in pensione. 

Peter Gaechter, 58 anni, volontario presso 50 plus out in workCollegamento esterno, un’associazione che offre consulenza e gruppi di autoaiuto a persone disoccupate oltre i 50 anni a Zurigo, San Gallo, Lucerna, Berna e Basilea. 

Un aspetto dell’iniziativa anti-immigrazione è di dare la priorità ai lavoratori indigeni su quelli provenienti dall’estero. Gaechter espone la sua idea: «C’è molta gente che è già qui e non si tratta solo di svizzeri. Ci sono tedeschi, francesi, indiani che vivono qui e hanno le competenze necessarie, che magari stanno cercando un lavoro e che sarebbero disponibili a farsi assumere, ma spesso le aziende fanno venire lavoratori dall’estero. Allora l’idea è di dare la precedenza alle persone che sono già qui, sia che siano rifugiati, sia che siano svizzeri sopra i 60 anni. Nessuna differenza».

I lavoratori più anziani ne trarrebbero vantaggio, dice. 

«Ci sono molte capacità e competenze che non sono prese in considerazione, perché i datori di lavoro trovano più semplice impiegare persone più giovani e ovviamente più a buon mercato. Se si parla con qualcuno di Ginevra, tutti dicono che la piazza è presa d’assalto dei lavoratori francesi. È facile liberarsene quando l’economia rallenta. Li si possono semplicemente rimandare a casa. Con gli svizzeri questo non si può fare, quindi è più semplice non impiegare lavoratori di età avanzata». 

In aprile una conferenza nazionale promossa dal governo federale sul tema «lavoratori anziani» ha raccomandato di puntare sulla formazione continua per sostenere i lavoratori sopra i 50 anni. Gaechter è favorevole a questo approccio. 

«Se qualcuno ha lavorato per 25 anni nel back office di una banca, non è perché non è dinamico che è rimasto dov’era. Probabilmente gli piaceva il lavoro che faceva. Ma se il suo posto è delocalizzato in Polonia o Hyderabad, non è colpa sua. Allora diamogli l’opportunità di seguire una nuova formazione, di fare qualcos’altro. Usando le competenze già acquisite e magari ampliandole.»

Relazioni Svizzera-UE 

La libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’Unione europea è stata messa in discussione dell’iniziativa contro l’immigrazione, approvata nel febbraio 2014. L’iniziativa rappresenta potenzialmente una minaccia per gli accordi bilaterali tra Svizzera e UE. Il governo federale ha tempo fino al febbraio 2017 per trovare una soluzione che rispetti la volontà degli elettori, ma sia anche accettabile per l’UE. 

Dopo il voto nei negoziati tra Svizzera e UE ci sono stati pochi passi avanti e la decisione presa dai cittadini britannici il 23 giugno scorso di uscire dall’UE ha spostato l’attenzione di Bruxelles lontano dalle relazioni bilaterali con la Svizzera. 

Lo scorso 2 settembre, la  la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale ha presentato una soluzione che non fissa quote o contingenti, ma che permette di adottare misure correttive non appena l’immigrazione oltrepassa un certo livello su scala regionale o nazionale. La proposta prevede che il governo elabori delle misure per sfruttare al meglio il potenziale di manodopera indigena (cittadini svizzeri e stranieri già domiciliati nel paese).

Il testo – pur invitando a dare la precedenza al personale indigeno – non fissa un obbligo vincolante di assunzione. A differenza di quanto sollecitato dall’UDC, la proposta della commissione non contempla la possibilità unilaterale per la Svizzera di ricorrere all’introduzione di contingenti o di tetti massimi.

Chi dovrebbe avere la precedenza sul mercato svizzero del lavoro? Condividete la vostra opinione e le vostre soluzioni! 

Traduzione di Andrea Tognina

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