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Ricercatori uniti per sradicare una malattia mortale

Símbolo de risco biológico sobre o vidro em um laboratório de pesquisas
Il Centro di ricerca sulla tubercolosi di Rio de Janeiro, uno dei laboratori impegnati nella lotta contro questa malattia che l'anno scorso ha provocato la morte di 1,6 milioni di persone nel mondo. (foto: Alexander Thoele) swissinfo.ch

La tubercolosi ha ucciso 1,6 milioni di persone nel 2017, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Più dell'AIDS e della malaria, messi insieme. Ricercatori brasiliani e svizzeri stanno cercando di svelare il segreto genetico del batterio, in modo da combattere la sua multiresistenza. Ma i drastici tagli di bilancio nel settore scientifico in Brasile costituiscono ora un grosso ostacolo. 

In una sala dell’Istituto tropicale e di salute pubblica svizzero (TPH), il professor Sébastien Gagneux riceve campioni inviati da diverse regioni del Brasile, in particolare grazie alla Fondazione Oswaldo Cruz (Friocruz), il principale istituto brasiliano di ricerca nel settore della salute pubblica. 

“Abbiamo un importante progetto di ricerca con il Brasile nel campo della tubercolosi. L’obiettivo è scoprire quali ceppi di batteri si trovano nei pazienti di Rio de Janeiro e con che frequenza un paziente porta con sé diversi tipi di batteri”, spiega Sébastien Gagneux. Il problema più grande oggi nel mondo è la multiresistenza ai farmaci somministrati, aggiunge l’esperto. “In molti paesi, abbiamo variazioni della tubercolosi che non si possono più curare”. 

Più letale di AIDS e malaria 

Secondo l’ultimo Rapporto sulla lotta contro le tubercolosi nel mondo, pubblicato dall’OMS, i bacilli della tubercolosi hanno già infettato 1,7 miliardi di persone, ovvero il 23% della popolazione mondiale. Ma solo una piccola parte di queste persone ha contratto la malattia. 

Nel 2017, 10 milioni di persone si sono ammalate e 1,6 milioni sono morte. La tubercolosi è la nona causa di mortalità nel mondo e uccide più di AIDS e malaria messi insieme.

Secondo gli ultimi dati dell’OMS, il numero di casi di tubercolosi resistente ai trattamenti è aumentato nel 2017: 558’000 persone hanno sviluppato una tubercolosi resistente alla Rifampicina, il farmaco più comunemente usato. Di queste persone, l’82% soffre di tubercolosi multiresistente. In totale, il 3,5% dei nuovi casi di malattia concernevano individui resistenti ai farmaci di prima linea impiegati per il trattamento della tubercolosi. 

Una malattia cresciuta nelle città 

L’accesso ai campioni provenienti dal Brasile è essenziale per il lavoro di ricerca in Svizzera. Alcuni di loro sono stati inclusi nel gruppo di 259 ceppi di Mycobacterium turberculosis, inviati da tutte le regioni del mondo e analizzati dal team del professor Gagneux. 

Lo studio, pubblicato nel 2013 sulla rivista “Nature Genetics”, ha mostrato la ricchezza genetica del batterio e ha permesso di confrontare l’albero genealogico dell’uomo e l’evoluzione del bacillo. I ricercatori hanno concluso che la tubercolosi è comparsa 70’000 anni fa in Africa e da allora è stata una compagna dell’umanità. “Fu quando gli uomini si trasferirono in città e la popolazione aumentò che la malattia divenne più virulenta”, indica il ricercatore. 

L’obiettivo non era solo quello di scoprire l’evoluzione della malattia, ma anche di capire perché la tubercolosi si manifesta nella stessa forma in persone infette in diverse parti del mondo, mentre i bacilli che causano la malattia sono molto differenti. Questo è un fattore molto importante per trovare un modo per combatterla. “La maggior parte delle ricerche per sviluppare farmaci o vaccini funziona solo con una variante di un batterio. Questa mappatura potrebbe aiutare a garantire lo stesso effetto dei farmaci in diverse parti del mondo”, spiega Sébastien Gagneux. 

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“Trascurata per anni, la tubercolosi è rideventata un problema di dimensioni mondiali”, dichaira il professor Sébastien Gagneux dell’Istituto tropicale e di salute pubblica svizzero (TPH) di Basilea. (foto: Alexander Thoele) swissinfo.ch

La scienza in crisi 

Il progetto di ricerca di TPH e Fiocruz viene cofinanziato. In Brasile, i sussidi sono stati ottenuti da Afrânio Kritski, professore all’Università federale di Rio de Janeiro e membro di Fiocruz, presso la Fondazione per il sostegno della scienza, della tecnologia e dell’innovazione dello Stato di Rio de Janeiro (FAPERJ). In Svizzera provengono dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (FNS), che attualmente sostiene dodici progetti di ricerca con il Brasile. Il finanziamento consente anche lo scambio di giovani dottorandi tra i due paesi.

Tutto funzionerebbe molto bene se non fosse per i problemi economici del Brasile. “Purtroppo, al momento stiamo avendo difficoltà con il finanziamento del progetto da parte del Brasile”, dice Sébastien Gagneux. Stiamo facendo la nostra parte, ma spesso il contributo brasiliano è in ritardo, il che è dannoso per l’attuazione del programma”. 

L’attuale crisi economica è infatti la principale sfida per i ricercatori brasiliani. Solo nel 2017, il governo ha tagliato il bilancio per la scienza del 44%. Per l’anno in corso è previsto un taglio del 15%. La situazione è così grave che l’anno scorso, 23 scienziati di diversi paesi, tutti vincitori del Premio Nobel negli ultimi 40 anni, hanno inviato una lettera al Presidente Michel Temer, criticando la riduzione dei fondi destinati alla produzione scientifica. 

Lotta internazionale

Il 26 settembre 2018 a New York, le Nazioni Unite hanno organizzato la prima riunione ad alto livello sulla tubercolosi, con l’obiettivo di accelerare l’azione per combatterla. Vi hanno partecipato rappresentanti di un centinaio di paesi, tra cui numerosi capi di Stato, ricercatori, medici e personalità come il fondatore di Microsoft Bill Gates. 

La dichiarazione finale prevede, in particolare, di fornire delle cure a 40 milioni di persone – di cui 3,5 milioni di bambini – entro il 2022. Più di 13 miliardi di dollari dovranno essere investiti ogni anno nella prevenzione, diagnosi e trattamento della tubercolosi e 2 miliardi di dollari nella ricerca. 

L’eradicazione della tubercolosi è anche uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, firmata da 193 paesi dell’ONU. I paesi più colpiti (oltre il 60% del totale) sono l’India, seguita da Cina, Nigeria, Pakistan e Sudafrica.

“Non c’è abbastanza denaro per finanziare programmi di cooperazione e nemmeno per effettuare un censimento della tubercolosi nello Stato di Rio de Janeiro. Abbiamo persino difficoltà a trattenere i giovani nella ricerca, perché mancano anche i fondi per le borse di studio. Gli studenti stanno migrando verso altri paesi”, dice Afrânio Kritski, che è anche coordinatore nel campo della cooperazione internazionale nell’ambito della Rete brasiliana di ricerca sulla tubercolosi (TB Network). 

Una vecchia amicizia 

Afrânio Kritski è il principale ricercatore del progetto, con il professor Sébastien Gagneux. I due uomini si conoscono da molti anni: si erano spesso incontrati durante le riunioni internazionali dei ricercatori impegnati nella lotta alla tubercolosi. “Sébastien Gagneux partecipa attivamente alle discussioni del TB Network, soprattutto nel suo campo preferito, la filogenesi, cioè l’analisi genotipica del Mycobacterium tuberculosis”, dice il ricercatore brasiliano. 

Di fronte ai problemi finanziari della ricerca in Brasile, il sostegno di altri paesi si sta rivelando prezioso. “Grazie al progetto con la Svizzera, abbiamo accesso all’eccellente struttura di ricerca del professor Gagneux e all’ampia esperienza nel campo della genomica. Inoltre, i nostri studenti post-laurea inviati a Basilea hanno acquisito nuove conoscenze”, afferma Afrânio Kritski. 

Ma c’è anche un contributo del Brasile. “Grazie alla sua dimensione continentale, un paese come il Brasile può permettere di comprendere meglio il profilo di mutazione di diversi ceppi di batteri, specialmente quelli associati alla tubercolosi multiresistente o quelli che si stanno diffondendo maggiormente tra la popolazione”, aggiunge Afrânio Kritski. 

Mancanza di nuovi farmaci 

Tra i partecipanti a workshop di TP Network, tenuto all’inizio di settembre a Recife, vi era anche Draurio Barreira. Questo medico brasiliano è responsabile della tubercolosi presso l’Unitaid, un’organizzazione internazionale con sede a Ginevra che si occupa dell’acquisto di farmaci ed è collegata all’OMS. Barreira ritiene che i paesi ricchi come la Svizzera non dovrebbero limitare il loro aiuto alla sola cooperazione scientifica. 

“Tutti i paesi ricchi hanno una responsabilità sociale molto alta nella lotta contro la tubercolosi”, afferma il medico brasiliano. “È una malattia che si trasmette attraverso la respirazione. Non esiste un vaccino o una prevenzione. Nessun paese è protetto”. 

Barreira si riferisce in particolare all’industria farmaceutica svizzera, che rappresenta il 40% delle esportazioni elvetiche. “In Svizzera vengono fabbricati molti farmaci per la cura della tubercolosi, ma non ci sono nuovi prodotti. Infatti, due nuovi farmaci sono stati lanciati nel 2012 e 2013 da Stati Uniti e Giappone, dopo più di 40 anni di attesa di nuovi prodotti sul mercato”, sottolinea Draurio Barreira. 

L’esperienza di grandi aziende farmaceutiche svizzere come Roche o Novartis potrebbe essere utilizzata nella lotta contro le malattie trascurate. “Fino a sette principi attivi sono usati per trattare la tubercolosi resistente”, rileva Draurio Barreira, dicendosi convinto che “la Svizzera potrebbe sviluppare nuovi farmaci.

Traduzione di Armando Mombelli

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