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Catalogna: Fmi, rischi da crisi; Madrid aiuta fuga aziende

Mariano Rajoy ha approvato un decreto che rende più facili lo spostamento delle aziende fuori dalla Catalogna per timore degli effetti negativi di un'indipendenza unilaterale KEYSTONE/EPA EFE/ANGEL DIAZ sda-ats

(Keystone-ATS) Il Fondo monetario internazionale (Fmi) avvisa dei seri rischi sull’economia spagnola se persisterà la crisi catalana la quale potrebbe minare la ripresa in corso.

Dal canto suo, il governo di Madrid spiana la strada alle sempre più numerose imprese che stanno spostando la propria sede sociale fuori dalla regione per timore degli effetti negativi di una indipendenza unilaterale. L’esecutivo guidato da Mariano Rajoy ha approvato un decreto che rende più facili e veloci le procedure per le aziende, eliminando l’obbligo di passare attraverso l’assemblea dei soci.

Dopo il contestato uso della forza nella giornata di domenica 1 ottobre per contrastare il referendum indetto dalle autorità locali, Madrid sembra così scegliere la strada di iniziative legislative ed economiche. Lo “strappo” del presidente catalano Puigdemont sta creando preoccupazione negli ambienti economici e imprenditoriali locali che pure negli anni hanno mostrato simpatia verso il sentimento autonomista.

Proprio sulla forza economica della regione, “motore” di Spagna, “spremuto” da Madrid si è basato per anni il nazionalismo catalano con richieste sopratutto fiscali che trovavano consenso negli ambienti produttivi ed imprenditoriali. Ma negli ultimi giorni, con la svolta unilaterale, aziende e banche sono venute allo scoperto criticando l’operato del “Governo”. I timori sono diversi: una indipendenza non pattuita porterebbe la Catalogna automaticamente fuori dall’Unione Europea, ci sono già segnali (per fortuna ancora limitati) di boicottaggio verso le aziende catalane e un governo regionale potrebbe anche procedere a nazionalizzazioni di alcuni settori “strategici” come l’energia.

Le banche poi, fuori dall’Eurosistema della Bce, avrebbero un immediato problema di liquidità e dovrebbero far fronte a una fuga di depositi dei risparmiatori e degli investitori e un assalto alle filiali simile a quello visto in Grecia. Tutto da inventarsi sarebbe un Banco centrale catalano e la sua politica monetaria per fare fronte alle necessità finanziarie urgenti della neo Repubblica, incerto il meccanismo e i costi dell’emissione di titoli di stato. Enormi i contenziosi con Madrid su sanità e pensioni. Per non parlare dei problemi alle esportazioni.

Anche per questo la lista delle imprese che hanno già cambiato sede o si accingono a farlo si allunga di ora in ora e comprende la banca Sabadell, l’assicurazione Catalana Occidente, l’energetica Gas Natural, il produttore di Cava (spumante) Freixenet oltre a Service Point (servizi imprese), Dogi (tessile) Oryzon (biotecnologia) e Eurona (telecomunicazioni).

Ci starebbe pensando anche il colosso autostradale Abertis, con la quale l’italiana Atlantia vuole fondersi. Il decreto del governo facilita il passo anche a Caixabank, che sposta subito la sede da Barcellona a Valencia. CaixaBank non è solo una banca ma il principale attore finanziario della regione e, anche attraverso la Fondazione, controlla una buona parte dell’economia locale.

Un suo spostamento a Palma de Mallorca rappresenta, allo stesso momento, un’arma di pressione su Barcellona e un segno simbolico della frattura in corso nella classe dirigente catalana.

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