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CN: Kosovo, no a ritiro anticipato contingente Swisscoy

La Svizzera non deve ritirare in anticipo i suoi soldati dal Kosovo (foto simbolica d'archivio). KEYSTONE/CHRISTIAN BEUTLER sda-ats

(Keystone-ATS) La Svizzera non deve ritirare in anticipo i suoi soldati dal Kosovo. Il Consiglio nazionale ha respinto oggi due mozioni in questo senso dell’UDC.

Il governo intende prolungare l’impegno della Swisscoy in seno alla forza multinazionale di promozione della pace KFOR fino al 2020. Il numero di uomini dovrebbe essere ridotto e passare progressivamente dagli attuali 235 a 165 dall’ottobre del 2019.

In caso di bisogno potrebbero essere decisi aumenti temporanei. Il Consiglio degli Stati ha appena avallato questa strategia e il nazionale dovrà esprimersi prossimamente. L’UDC voleva accelerare i tempi.

Per Hansjörg Knecht è ora di ritirarsi, come ha appena fatto il Lussemburgo. La situazione in Kosovo si è stabilizzata, ha sostenuto, aggiungendo che la KFOR è attualmente sovrarappresentata. La sua mozione è stata respinta con 112 voti a 70.

La situazione nel nord del Paese resta fragile, ha replicato il ministro delle difesa Guy Parmelin. Il Kosovo deve affrontare sfide strutturali e di sicurezza dello Stato, sia a livello di polizia che di forze armate.

Il Nazionale ha pure bocciato – con 122 voti a 60 – una mozione del ticinese Marco Chiesa (UDC) che chiedeva di porre fine alla missione della Swisscoy e impiegare le risorse materiali e umane per coadiuvare il lavoro delle guardie di confine. Chiesa ha portato l’esempio della situazione “acuta” avutasi in Ticino.

Si tratta di militari reclutati appositamente per l’occasione e che non possono essere spostati altrove, ha spiegato Parmelin. L’esercito interviene all’interno delle frontiere solo puntualmente, in caso di pericolo o se le autorità sono oberate. Se la situazione in Ticino lo richiede, ha concluso il ministro, il Consiglio federale presenterà una richiesta in tal senso al parlamento.

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