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GE: caso Adeline, Fabrice A. prima nega poi ammette premeditazione

Fabrice A. in uno schizzo in tribunale, accompagnato da agenti KEYSTONE/FREDERIC BOTT sda-ats

(Keystone-ATS) Primo giorno di processo nei confronti di Fabrice A. davanti al Tribunale criminale di Ginevra.

L’imputato, accusato di aver assassinato la socioterapeuta ginevrina Adeline nel settembre 2013 durante un’uscita accompagnata, ha dapprima negato di aver premeditato l’uccisione della giovane donna per poi ammettere in serata di aver previsto di sgozzarla.

Nel corso del suo interrogatorio, il 42enne ha indicato in un primo tempo di aver voluto legare la terapeuta ad un albero per potersi recare come aveva progettato in Polonia – dove voleva rintracciare un’ex compagna che lo aveva lasciato – ma di essere stato colto dal panico quando ha visto Adeline utilizzare il suo cellulare, poco dopo essere scesi dalla vettura con la quale avrebbero dovuto raggiungere il centro equestre obiettivo dell’uscita accompagnata.

Sempre in un primo tempo, l’imputato ha indicato di aver ucciso la 34enne perché costituiva un ostacolo ai suoi progetti di evasione e perché – ha aggiunto – “ho ceduto alla pulsione provata sul momento”. Invece in serata, su insistenza dell’avvocato della famiglia di Adeline, Simon Ntah, Fabrice A. ha poi confessato di aver dichiarato a esperti la sua intenzione di uccidere la socioterapeuta.

L’imputato ha anche spiegato di aver provato un sentimento di “onnipotenza” quando ha sgozzato la giovane donna, dopo averla immobilizzata. “Non è stato il gesto a procurarmi piacere, ma il fatto di avere il diritto di vita e di morte su di lei”. Un piacere “estremo” i cui effetti – ha ammesso – si sono protratti per mesi dopo il dramma.

L’imputato ha invece negato di essere rimasto – come lo accusa il Pubblico ministero – a guardare Adeline morire: “sarebbe stato il massimo del sadismo”, ha dichiarato. Ha pure negato di aver usato la forza per immobilizzare la giovane donna. “Adeline non ha opposto resistenza”, ha affermato.

Fabrice A. ha spiegato di essere sempre stato “affascinato” dalla morte e dalla sensazione di dominazione “fino ai suoi estremi”. Ha anche aggiunto di aver provato “curiosità” nei riguardi dei detenuti condannati per assassinio – quali il “sadico di Romont” e Claude D., l’omicida della giovane Marie – incontrati al penitenziario di Bochuz (VD).

Interrogato dal proprio avvocato sulla sua infanzia, l’imputato ha descritto una situazione familiare “insopportabile”, che a 10 anni lo aveva spinto a tentare il suicidio. La madre è stata da lui definita come una donna “megalomane, egocentrica e dispotica”, mentre il padre era “perverso e alcolizzato”.

In mattinata, il pubblico – accorso numeroso – ha appreso che l’ex direttrice del centro di reinserimento per detenuti La Pâquerette presso il quale Fabrice A. era collocato non testimonierà, dopo aver presentato una dispensa medica. Il Tribunale criminale ha peraltro rifiutato l’interrogatorio di ulteriori persone chiesto in particolare dal legale della famiglia di Adeline.

Fabrice A. – che si è presentato in aula vestito di grigio, con un cappellino sulla testa, la cui visiera copriva parzialmente il volto – dovrà rispondere di assassinio, sequestro di persona e rapimento, coazione sessuale e furto. Il suo processo dovrebbe protrarsi fino al 14 ottobre.

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