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GE: caso Adeline, si apre il processo del suo assassino

Caso Adeline, si apre oggi il processo del suo assassino (foto simbolica) Keystone/MARTIAL TREZZINI sda-ats

(Keystone-ATS) Inizia oggi davanti al Tribunale criminale di Ginevra il processo intentato a Fabrice A., accusato di aver assassinato la socioterapeuta ginevrina Adeline nel settembre 2013, nel quadro di un’uscita accompagnata. Il procedimento terminerà il 14 ottobre.

Il 42enne dovrà rispondere di assassinio, sequestro di persona e rapimento, coazione sessuale e furto. Il Ministero pubblico sarà rappresentato dal procuratore generale di Ginevra Olivier Jornot.

Secondo l’atto d’accusa, Fabrice A. ha messo minuziosamente a punto un piano di evasione, convincendo tutti gli interlocutori del centro di reinserimento per detenuti La Pâquerette della necessità di seguire una terapia in un centro equestre.

Condannato a due riprese in Svizzera e in Francia per violenza carnale aggravata a complessivamente vent’anni di reclusione, il franco-svizzero ha espiato parte della pena in Francia, prima di ottenere nel 2008 di essere trasferito in Svizzera. Nel 2012 chiede e ottiene di essere integrato nella Pâquerette, dov’è la stessa Adeline a riceverlo.

Dal gennaio 2013, Fabrice A. partecipa attivamente all’allestimento del suo programma di uscite accompagnate, traendo in inganno il personale del centro, la sua terapeuta e la direzione, rileva Jornot nell’atto d’accusa. È lo stesso detenuto che valuta i centri equestri della regione “in funzione della loro ubicazione”, sottolinea il procuratore generale.

La scelta cade su un centro situato a Bellerive (GE), nelle immediate vicinanze di un bosco. In occasione della sua prima uscita, avvenuta il 3 settembre 2013, il prigioniero convince la socioterapeuta che lo accompagna a visitare una casa isolata e abbandonata, dove si soffermerà in seguito con la vittima.

Convince pure la direzione della Pâquerette della necessità di procurarsi un nettapiedi per gli zoccoli dei cavalli e chiede un anticipo di 800 franchi per comperarsi una giacca, una somma – afferma il procuratore generale – che gli servirà in realtà a fuggire in Polonia dopo l’assassinio.

La mattina del 12 settembre 2013, “dopo essersi assicurato della disponibilità di Adeline”, il carcerato convince la socioterapeuta di 34 anni a cambiare programma e a fermarsi in un negozio per acquistare il nettapiedi prenotato in precedenza. “In realtà, il detenuto acquista un coltello utilizzato dai cacciatori, dotato di una lama di dieci centimetri e di una seconda, ricurva e molto tagliente, che serve a smembrare la selvaggina”.

Dopo l’acquisto, Fabrice A. avverte il centro equestre che arriverà con un certo ritardo e convince Adeline a imboccare la strada che conduce alla casa isolata reperita in precedenza. Fabrice A. costringe la socioterapeuta a seguirlo, poi la lega ad un albergo con una sciarpa. Dopo averla costretta a subire un bacio, “la sgozza come un animale, assistendo per lunghi minuti alla sua agonia”, scrive la pubblica accusa.

L’uomo fugge quindi con la vettura, i cellulari e il denaro della vittima, diretto in Polonia, dove vuole rintracciare per vendicarsi una donna che in passato l’aveva lasciato. Stando all’atto d’accusa, Fabrice A. aveva previsto di sotterrare la ragazza ancora viva e di pugnalarle gli occhi.

Dopo aver tentato invano di reperirla, Fabrice A. riparte con l’intenzione di recarsi in Irlanda, dove aveva conosciuto la giovane polacca. Il fuggiasco è invece arrestato al confine con la Germania il 15 settembre.

Le circostanze del dramma avevano sollevato a Ginevra, ma pure in tutta la Svizzera, numerosi interrogativi relativi alla detenzione di criminali eccezionalmente pericolosi. Fatto particolarmente raro: dopo una prima inchiesta che ha rilevato numerose disfunzioni in seno all’amministrazione carceraria e a La Pâquerette, il Consiglio di Stato ginevrino aveva presentato pubblicamente le proprie scuse ai familiari di Adeline. La Pâquerette era stato inoltre chiuso.

A Ginevra, la vicenda è pure sfociata nell’adozione, lo scorso febbraio da parte del Gran consiglio, di una legge che costringe gli operatori sanitari e sociali del sistema carcerario a fornire alle autorità informazioni finora protette dal segreto professionale. Essa è combattuta da un’iniziativa promossa dall’associazione locale dei medici.

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