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Germania: Corte costituzionale: no al bando dell’estrema destra NDP

Membri del partito tedesco di estrema destra NDP (Nationaldemokratische Partei Deutschlands). Keystone//FRANK BOXLER sda-ats

(Keystone-ATS) Il partito tedesco di estrema destra NDP (Nationaldemokratische Partei Deutschlands) non può essere escluso dalla vita politica del paese perché non rappresenta una vera minaccia all’ordine democratico. Lo ha deciso la Corte Costituzionale tedesca.

La Corte con questa motivazione ha respinto all’unanimità un ricorso con cui si chiedeva di mettere fuori legge il Partito Nazionale Democratico della Germania, formazione della destra xenofoba e ultranazionalista.

La sentenza della Corte costituzionale potrebbe risultare una sconfitta quasi più cocente di un veto, commenta Der Spiegel. Per il comitato internazionale Auschwitz la decisione dei giudici segna invece “un giorno tragico per una democrazia forte”.

Le parole degli alti togati di Karlsruhe, in effetti, sono l’affresco di una realtà politica del tutto priva di significato. “L’NPD persegue obiettivi contrari alla Costituzione”, ma “al momento mancano indizi di peso che lascino immaginare che la sua azione possa avere successo”, ha detto il presidente Vosskuhle, leggendo la motivazione. Tradotto dal settimanale on line: “Sono insignificanti”.

Fondato nel 1964, presieduto da Frank Franz dal 2014, il Nationaldemokratische Partei Deutschlands conta oggi 5200 iscritti. Ha un mandato europarlamentare e 340 comunali. Nel 2013 ha raggiunto l’1,3% dei consensi alle elezioni federali (serve il 5% per entrare in parlamento). E nel 2016 ha perduto l’ultimo mandato regionale, nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore. Numeri che descrivono un partito quasi inesistente.

Al quale però ogni anno lo Stato versa 1,4 milioni di euro. Ed è su questo adesso che Unione e SPD vorrebbero lavorare, cercando di tagliargli i fondi pubblici: strada che la sentenza non ha precluso.

È la seconda volta, in Germania, che il partito dell’estrema destra tedesca viene salvato dal tentativo di farlo fuori. Era infatti già accaduto nel 2003, quando per questa impresa si mossero assieme il Governo e le due camere parlamentari, con un ricorso a Karlsruhe. Nel 2012 una nuova procedura è stata avviata su iniziativa del Bundesrat (Camera federale). Attesa da tempo, con polemiche carsiche, e un ampio dibattito pubblico a riguardo, la sentenza di oggi sembra chiudere la questione. Possono continuare la loro battaglia quelli dell’NPD, soltanto perché, nel parere dei giudici, non porterà a nulla.

Antisemiti, xenofobi, aggressivi coi profughi e adesso anti-islam: tutto vero. Eppure non sono loro ormai i protagonisti della destra estrema tedesca: “non hanno un ruolo leader” nella scena, per i togati. Due settimane fa, a Monaco, a dimostrare contro il possibile veto, rammenta ancora lo Spiegel, sono scese in piazza in tutto venti persone. E

non è secondaria la circostanza che, rispetto a quattro anni fa, quando il Senato ha fatto ricorso alla Corte, la destra tedesca abbia visto la nascita di un nuovo partito, gli antieuropei dell’AfD (Alternative für Deutschland), che Frauke Petry ha scippato agli economisti euroscettici di Benrd Lucke, per farne una realtà politica xenofoba e populista, che rosicchia pericolosamente consensi all’Unione di Merkel-Seehofer e non solo.

Quelli di Alternativa hanno già raggiunto il 13% dei consensi, secondo i sondaggi, a livello federale, pescando un po’ in tutti i partiti. E a far loro sponda ci sono gli anti-islam di Pegida. Non è insomma l’NPD, che fra l’altro “non ha alcuna sostanziale parentela” con l’NSDAP di Adolf Hitler, il partito da temere in Germania.

Anche se per il Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, la sentenza di oggi segna una “opportunità mancata”. Un divieto avrebbe “incoraggiato” la comunità ebraica e le altre minoranze”, ha detto per loro Josef Schuster.

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