Prospettive svizzere in 10 lingue

Israele spinge su insediamenti ma aspetta Trump

Gerusalemme: 566 nuove case verranno costruite oltre La Linea Verde del 1967 KEYSTONE/EPA/JIM HOLLANDER sda-ats

(Keystone-ATS) A due giorni dall’insediamento di Donald Trump a 45/o presidente Usa, Israele ha accelerato la sua politica nei confronti degli insediamenti ebraici.

Ha però lasciato ogni passo finale in materia ad un imminente incontro – previsto secondo indiscrezioni ad inizio febbraio – tra il premier Benyamin Netanyahu e il nuovo capo della Casa Bianca.

Nel quadro di una strategia che lo stesso Netanyahu ha definito “uno stato ridotto” (‘state minus’) per i palestinesi, il premier ha promesso nuove “estese costruzioni” nei “gushim’, i maggiori insediamenti ebraici in Cisgiordania, ma ha subordinato il tutto ad un corretto coordinamento con gli Usa.

Questo mentre la Casa Bianca ha confermato che sta valutando lo spostamento dell’Ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme.

Con una prima mossa oggi è stata scongelata la scelta di procedere con i piani di costruzione di 566 case nei sobborghi ebraici di Ramot, Ramat Shlomo e Pisgat Ze’ev a Gerusalemme est oltre la Linea Verde. Lo scorso dicembre il voto favorevole della relativa commissione edilizia del Comune di Gerusalemme fu bloccato su richiesta di Netanyahu per evitare altre frizioni con l’amministrazione Obama. L’odierno via definitivo ha scatenato l’ira palestinese: “E’ una decisione che sfida il Consiglio di sicurezza dell’Onu, soprattutto dopo la recente risoluzione 2334, che ha confermato l’illegalità degli insediamenti”, ha detto il portavoce di Abu Mazen, Nabil Abu Rudeina, che ha chiesto un immediato intervento dell’Onu.

Con una seconda mossa, il governo israeliano ha invece deciso all’unanimità di rinviare – in attesa del confronto con Trump – l’esame di una proposta di legge per l’annessione di Male’ Adumim, un grande insediamento a sud est di Gerusalemme di oltre 37 mila persone che si trova a ridosso della controversa Area E1, ritenuta da molte parti una zona vitale per la continuità territoriale tra sud e nord del futuro stato palestinese. La proposta di legge era stata presentato dal ministero dell’educazione Naftali Bennett, vicino al movimento dei coloni e non aveva ricevuto l’appoggio di Netanyahu. L’ipotesi del vertice a Washington con Trump – pur ancora da confermare – ha rafforzato Netanyahu nel chiedere ai suoi ministri uno stop e gli ha dato agio di bloccare per il momento anche un’altra legge – anche questa presentata su input di Bennett – che vuole la legalizzazione degli avamposti ebraici costruiti in Cisgiordania contro la stessa legge israeliana. Per ottenere il risultato di oggi, Netanyahu ha avuto però gioco facile nel ricordare ai ministri del governo che finora il suo esecutivo è quello che “ha fatto di più per gli insediamenti ebraici” e che continuerà ad agire su questo fronte in modo “intelligente e appropriato” nell’ottica appunto di uno “stato ridotto” per i palestinesi.

In attesa del faccia a faccia, Netanyahu e Trump discutono al telefono i temi più sensibili della regione: il conflitto israelo-palestinese e la situazione in Siria ma soprattutto “la minaccia iraniana e la necessità di fermare il cattivo accordo firmato con l’Iran che continuano ad essere – spiega Netanyahu – un obiettivo primario”. Un bouquet di temi, a cui si aggiunge la ventilata decisione di Trump di trasferire l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme denunciata con forza dai palestinesi. La Casa Bianca oggi ha detto di essere alle ”fasi iniziali” della discussione, ma la stampa israeliana riferisce che l’annuncio dello spostamento potrebbe essere fatto già domani.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR