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Ora legale non va abolita, governo

L'ora legale non va abolita, dice il governo KEYSTONE/APA/GEORG HOCHMUTH sda-ats

(Keystone-ATS) L’ora legale non va abolita. Se la Svizzera diventasse una specie di “isola oraria” l’economia dovrebbe far fronte a notevoli inconvenienti e a costi non indifferenti.

È l’opinione del Consiglio federale che invita il Parlamento a respingere una mozione della consigliera nazionale Yvette Estermann (UDC/LU).

Nel suo atto parlamentare, la lucernese sostiene che dover cambiare l’ora due volte all’anno causa “svantaggi in termini di salute”. Secondo la deputata democentrista, “lo scontento della popolazione per il cambiamento dell’ora aumenta di anno in anno”.

Estermann chiede il rispetto della volontà popolare: nel 1978 il popolo ha respinto nelle urne l’ora legale. Tale strumento era poi stato introdotto dal Consiglio federale nel 1981, dopo che la Svizzera era rimasta un'”isola oraria” nell’estate del 1980.

In tale occasione, ricorda oggi il governo, sono emersi chiaramente gli svantaggi di un regime orario diverso da quello dei Paesi limitrofi. L’esecutivo ricorda anche che contro la legge introdotta nel 1981 non è stato promosso alcun referendum e che l’iniziativa popolare lanciata nel 1982 per abrogare l’ora legale non ha raccolto il numero di firme necessarie.

Una storia lunga

L’introduzione dell’ora legale affonda le sue radici nel tempo. Bisogna addirittura risalire alla fine del 1700, più precisamente al 1784 quando l’inventore del parafulmine Benjamin Franklin pubblicò la sua proposta sul quotidiano francese “Journal de Paris”.

Le riflessioni di Franklin si basavano sulla volontà di risparmiare energia ma non trovarono seguito. Oltre un secolo dopo (nel 1907), l’idea venne ripresa dal britannico William Willet, che elaborò un sistema complesso. L’idea trovò seguaci: nel 1916 la Camera dei comuni di Londra diede il via libera al British Summer Time che implicava lo spostamento delle lancette un’ora in avanti durante l’estate. Diversi paesi imitarono la Gran Bretagna in quanto in tempo di guerra (il primo conflitto mondiale era scoppiato nel 1914) il risparmio energetico era una priorità.

In Germania, tra il 1947 e il 1949, si è addirittura instaurato una “Hochsommerzeit” (“ora della piena estate”). Nel periodo compreso tra l’11 maggio e il 29 giugno le lancette venivano spostate in avanti di un’ulteriore ora.

Dopo lo choc petrolifero del 1973, le nazioni europee che non aderivano ancora a quest’usanza hanno gradatamente introdotto a loro volta l’ora legale. Il cambiamento d’ora estivo è stato introdotto in tutti i paesi dell’Unione europea all’inizio degli anni Ottanta. Dal 1996, la durata del cambiamento è stata armonizzata in tutta Europa: dall’ultima domenica di marzo all’ultima di ottobre.

In alcuni Paesi si stanno tuttavia levando delle voci per mettere fine a questa tradizione. Dal 2011 i russi non devono così più spostare le lancette due volte all’anno: il Paese ha infatti deciso di adottare l’ora legale tutto l’anno per proteggere i russi “dallo stress e dalle malattie” causati dal cambio del ritmo biologico.

L’ora legale non è comunque un fenomeno solo europeo. A livello mondiale la scelta di aderire o meno allo spostamento delle lancette ha sempre suscitato diversi atteggiamenti. Al Giappone, fermamente contrario a causa della dura opposizione dei contadini e per i timori che un’ora di sole in più pregiudichi l’impegno degli studenti, si contrappone la situazione del Nord America. Alcuni stati USA hanno però chiesto di non utilizzare l’ora legale. In particolare l’Arizona è contraria all’ora estiva ad eccezione dei territori della riserva degli indiani Navajo. In Nord America l’ora legale entra in vigore la prima domenica di aprile, con una settimana di ritardo rispetto all’Europa.

Nel sud del mondo, l’ora legale segue ovviamente un calendario invertito rispetto all’Europa ed al Nord America: in Australia è in vigore dalla fine di ottobre alla fine di marzo, mentre in Brasile si va da novembre a febbraio. In Africa è scarsamente usata, così come in Asia, dove esiste in alcune repubbliche dell’ex Unione sovietica, ma i calendari non sono omogenei.

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