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Riforma imprese III: “no” avrebbe gravi conseguenze, imprenditori

Secondo uno studio dell'istituto BakBasel, con un sì alla riforma si perderebbero 200'000 posti di lavoro Keystone/MARTIN RUETSCHI sda-ats

(Keystone-ATS) Un vero scenario di catastrofe minaccia la Svizzera se il popolo dovesse dire “no” il 12 febbraio alla Riforma III dell’imposizione delle imprese, avvertono Economiesuisse e Usam.

Non solo sarebbero soppressi quasi 200’000 impieghi e verrebbero a mancare a breve termine miliardi di franchi di introiti per Confederazione, Cantoni e Comuni, ma bisogna anche contare oltre 5 miliardi di perdite per le assicurazioni sociali, “cosa che finora si ignorava ampiamente”.

A rendere attento l’ignaro cittadino è un “nuovo studio” dell’istituto di ricerca congiunturale Bakbasel, presentato oggi a Berna in una conferenza stampa dalla Federazione delle imprese svizzere (Economiesuisse) e dall’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam).

La conclusione dello studio, scrivono le due associazioni padronali in una nota, è che un “no” alla riforma “avrebbe conseguenze nettamente più gravi di quanto si immaginasse finora”.

Secondo Bakbasel, la posta in gioco di questa votazione è “enorme”. A suo avviso l’attuazione della terza riforma dell’imposizione delle imprese (Ri imprese III) garantisce a lungo termine una creazione di valore di circa 160 miliardi di franchi e circa 850’000 posti di lavoro, “il che non consente un rifiuto del progetto”. In altri termini – aggiunge l’istituto renano – con l’adattamento del sistema fiscale sono in gioco “un quarto del Pil svizzero e un impiego su cinque”.

Secondo Bakbasel un rifiuto della riforma rischia di comportare la partenza dalla Svizzera delle “imprese altamente mobili”, il che comporterebbe a breve termine “perdite potenziali” pari al 5,6% del Prodotto interno lordo, ossia di 34 miliardi di franchi. Cosa che, a sua volta, causerebbe la soppressione di 194’000 impieghi.

Confederazione, Cantoni e Comuni rischiano dal canto loro di subire grosse perdite di introiti provenienti dalle imposte sul reddito. Secondo Bakbasel “il potenziale delle perdite a breve termine” ammonta a non meno di 2,7 miliardi di franchi, senza contare gli ammanchi delle imposte sulle imprese.

Attualmente, rammenta l’istituto citato dalle due organizzazioni padronali, quasi la metà delle imposte sugli utili a livello federale, circa 5 miliardi di franchi, proviene dalle società a statuto speciale, che con la riforma fiscale saranno, “in media, tassate un po’ più pesantemente di oggi”, mentre le società tassate ordinariamente vedranno le imposte diminuire.

Ma non è tutto: “il rifiuto della riforma comporterebbe perdite di introiti di oltre 5 miliardi di franchi per le assicurazioni sociali (AVS, AI, APG, AC, LPP)”.

“Il referendum contro la Riforma III è un referendum contro la competitività della Svizzera”, afferma Hans-Ulrich Bigler, direttore dell’Usam, denunciando “compagni e sindacalisti” che “hanno ancora il coraggio di parlare di difesa della classe media e dei lavoratori allorché sabotano la base dei loro impieghi”.

Per Heinz Karrer, presidente di Economiesuisse, la RI imprese III “è un’occasione unica per rafforzare una piazza economica svizzera fondata sull’innovazione e le alte tecnologie”.

La sinistra ha lanciato il referendum sostenendo che la riforma, se accettata, provocherebbe ogni anno perdite fiscali di 3 miliardi di franchi. A risentirne sarebbero gli enti pubblici, che avrebbero a disposizione meno soldi, e i contribuenti, che si vedrebbero aumentare le imposte.

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