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Rigopiano: hotel su detriti valanghe, procura indaga

Un'immagine dell'area colpita dalla valanga. KEYSTONE/EPA ANSA/SOCCORSO ALPINO/SOCCORSO ALPINO HANDOUT sda-ats

(Keystone-ATS) L’Hotel Rigopiano investito lo scorso 18 gennaio da una micidiale slavina era costruito sopra colate e accumuli di detriti preesistenti compresi quelli da valanghe, all’imbocco di un vallone.

Lo testimonia la mappa geomorfologica dei bacini idrografici della Regione Abruzzo sin dal 1991, ripresa e confermata nel 2007 dalla mappa del Piano di Assetto Idrogeologico della Giunta Regionale.

I documenti sono stati evidenziati dal Forum H2O Abruzzo. Questa ‘scoperta’ finirà negli atti dell’inchiesta della procura di Pescara, come ha confermato la stessa reggente della Procura Cristina Tedeschini. Perché l’argomento valanga è uno dei filoni dell’indagine.

Gli inquirenti si recheranno presto alla Regione Abruzzo all’Aquila per acquisire tutti i documenti che riguardano il settore: Piano Valanghe, carte e documenti relativi agli allerta meteo. La Procura vuole sapere se siano state applicate tutte le normative, segnalati i pericoli, messo in condizione chi di dovere di prendere decisioni. Quali per esempio la chiusura invernale.

Ma è tutta la posizione ‘geologica’ dell’hotel a essere finita nel fascicolo. Tedeschini ha infatti confermato che anche le relazioni geologiche sulla ristrutturazione dell’hotel saranno acquisite dal Comune di Farindola e dagli atti del processo per corruzione del 2007. Si vuole capire, al di là della vicenda penale chiusa definitivamente, se persistono problemi nella concessione edilizia, a prescindere dall’ampliamento.

Secondo quanto documenta il Forum H2O intanto la mappa della Regione evidenzia nel sito ‘conoidi di deiezione’, ossia “un’area rialzata formata proprio dai detriti che arrivano dal canalone a monte dell’albergo. Insomma, come stare proprio lungo la canna di un fucile che poi è stato caricato ed ha sparato”, spiega Augusto De Sanctis del Forum. La mappa regionale, del Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del 2007 che conferma quella del 1991, è la 350 Ovest rintracciabile sul sito della Regione.

Si vedono tre segni grafici verdi a forma di cono che convergono verso l’area dell’albergo, e rappresentano il movimento di flussi di materiale che nel tempo si è accumulato alla base del canalone. Già dagli anni 50 si ha memoria di una struttura di rifugio, ma l’hotel è costruito negli anni 70, ed ingrandito dopo il 2000.

“Il fatto che ci fosse prima una struttura più piccola non vuol dire granché – spiega Augusto De Sanctis – perché i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni. Le carte del rischio tengono appunto conto di questa periodicità perimetrando aree sempre più vaste al crescere del tempo di ritorno. I geologi identificano le aree di rischio non solo attraverso gli eventi già noti, riportati nel catasto di frane e valanghe, ma anche e soprattutto su alcune caratteristiche specifiche del terreno a cui ricollegano il tipo di eventi che può verificarsi. E lì questi segnali dovevano essere evidentissimi, come spiegano queste mappe ufficiali”.

L’esistenza di una mappa conoscitiva però, ad avviso di De Sanctis, non si è tradotta “per omissione della Regione in una mappa del rischio valanghe che era prevista dalla legge 47/92, cioè 25 anni fa. La legge prevede per le aree a rischio accertate o potenziali o l’inedificabilità o per strutture esistenti il divieto di uso invernale. Non è stato fatto un Piano Valanghe”.

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