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Spagna: tre anni dopo Podemos va alla resa dei conti

Pablo Iglesias (a sinistra) abbraccia Inigo Errejon (a destra), ma tra i due leader di Podemos v'è una sfida per la conquista della leadership del partito KEYSTONE/EPA EFE/CHEMA MOYA sda-ats

(Keystone-ATS) Podemos alla resa dei conti.

Il Palazzo di Vistalegre alla periferia di Madrid è lo stesso dove tre anni fa al Congresso costitutivo del partito post-indignado il “professore con il codino” Pablo Iglesias aveva dato il via alla straordinaria avventura di Podemos promettendo “l’assalto al cielo”, e la ineluttabile sconfitta della “vecchia” politica.

Ma a Vistalegre II l’atmosfera è lontana da quella dell’assalto al cielo del 2014. Il movimento è arrivato al congresso spaccato quanto potrebbe esserlo un qualsiasi “vecchio” partito socialista o conservatore. Lacerato da un duello fra capi per il potere interno.

Con a Vistalegre II 10 mila delegati e militanti sconcertati che invocano “Unità, Unità!”. E alcuni riprendono, e lanciano ai dirigenti attuali, il “non ci rappresentate!” che gli indignados di Puerta del Sol nel maggio 2011 gridavano contro governo e partiti tradizionali. Protagonisti dello scontro che potrebbe rompere il partito Iglesias, finora leader carismatico incontestato, e il suo “numero due” Inigo Errejon.

Amici da 10 anni, i due cofondatori del partito si affrontano ora in un duello senza esclusione di colpi. Hanno presentato liste rivali alle primarie per la nuova direzione. Iglesias ha cercato fino all’ultimo di negoziare una fusione. I due sono stati protagonisti davanti alle tv e a tutto il paese di un accalorata discussione sui banchi del Congresso, seduti uno accanto all’altro. Alla fine Errejon ha detto no, e si è lanciato all’assalto del partito. Iglesias ha drammatizzando la scelta – “o lui o io!” – annunciando le dimissioni se la sua lista non vincerà.

“Non sono nulla senza la mia squadra” si è giustificato oggi. Il risultato del voto in rete iniziato una settimana fa sarà noto domani. Oggi avevano votato 145 mila dei 450 mila militanti e simpatizzanti iscritti. I sondaggi danno le due liste in bilico, con un leggero vantaggio per Iglesias. Fra Iglesias e Errejon non è solo scontro di potere. Ma anche di linea e strategia. Detonatore dello scontro è stato il risultato deludente delle politiche di giugno. Podemos ha perso, rispetto a quelle di sei mesi prima, 1 milione di elettori. Fallendo il sorpasso del Psoe come secondo partito del Paese.

Il campo “errejonista” ha iniziato l’attacco a Iglesias, che è su posizioni più radicali, a favore di una quasi fusione con i comunisti di Izquierda Unida, e che si è opposto l’anno scorso ad una alleanza con l’allora segretario Psoe Pedro Sanchez. Il suo obiettivo è “divorare” il Psoe, come Syriza ha fatto in Grecia con il Pasok. E portare l’opposizione dal parlamento alla piazza. Errejon invece è per una linea “buonista”, più pragmatica e “moderata”, vuole una alleanza con il Psoe e non una confusione con i comunisti.

Il partito uscirà dal congresso con un volto diverso. Se vince Iglesias, Errejon non sarà più segretario politico e capogruppo al Congresso: “gli abbiamo dato troppi poteri ha detto negli ultimi giorni Iglesias. Che se perde, si farà da parte. E Podemos, se rimarrà intatto, potrebbe non essere più lo stesso.

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