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TPF: dirottatore condannato a misura stazionaria

Il copilota etiope che nel febbraio 2014 dirottò su Ginevra un Boeing della compagnia di bandiera del suo Paese è stato condannato a una misura terapeutica stazionaria (foto d'archivio) KEYSTONE/SALVATORE DI NOLFI sda-ats

(Keystone-ATS) Il copilota etiope che nel febbraio 2014 dirottò su Ginevra un Boeing della compagnia di bandiera del suo Paese è stato condannato a una misura terapeutica stazionaria dal Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona.

La corte ha dato seguito alla linea dell’accusa, mentre la difesa chiedeva l’assoluzione. L’imputato è stato condannato per sequestro di persona e rapimento, nonché perturbamento della circolazione pubblica.

La giudice, nella sentenza, ha affermato che l’uomo ha messo in pericolo la sicurezza dei passeggeri. Tramite una perizia psichiatrica, è stata appurata l’incapacità di intendere e di volere dell’imputato, che soffre di schizofrenia paranoide, trattabile con le cure adeguate.

I 3000 franchi per il costo del processo sono a carico del condannato. Appena sarà di nuovo economicamente autonomo, dovrà anche versare l’onorario ai suoi legali. Inoltre, la licenza da pilota gli è stata ritirata.

Nonostante l’incapacità di intendere e di volere l’imputato non è stato prosciolto, come richiesto dalla difesa, a causa del concreto rischio di ricadute, che potrebbero portare a nuovi reati.

La storia

Il caso aveva provocato grande scalpore. Il 17 febbraio 2014 il 31enne si trovava ai comandi di un Boeing 767-300 della Ethiopian Airlines (volo ET-702) partito nella notte da Addis Abeba con 204 persone a bordo e diretto a Roma. Un’ora e venti minuti dopo il decollo il copilota – che non era armato – aveva approfittato dell’assenza del comandante, recatosi alla toilette, per chiudersi nella cabina di pilotaggio e dirottare il velivolo.

All’altezza di Khartum, il copilota aveva attivato manualmente tutte le maschere d’ossigeno e – nel tentativo di dissuadere l’equipaggio ad entrare nel cockpit – aveva effettuato diverse manovre minacciando di far schiantare l’aereo.

Tra le quattro e le cinque del mattino aveva poi contattato l’aeroporto di Ginevra, cercando di ottenere asilo per sé e l’assicurazione di non essere estradato in Etiopia. Alcuni minuti prima dell’atterraggio, era scattato l’allarme a causa del poco carburante rimasto.

Per esercitare maggiore pressione sulla torre di controllo il copilota aveva anche affermato che uno dei motori del velivolo presentava dei problemi. L’atterraggio lo aveva svolto manualmente nonostante avesse provato tale manovra solo una volta con un simulatore.

Una volta a Cointrin, aveva aperto un finestrino e si era calato con la fune d’emergenza, si era poi diretto verso le forze dell’ordine lasciandosi arrestare senza opporre resistenza e affermando di essere stato minacciato nel proprio Paese e di volere asilo politico.

Grazie a quel dirottamento la Svizzera scoprì che le sue forze aeree erano operative solo durante gli orari di ufficio, vale a dire dalle 08.00 alle 12.00 e dalle 13.30 alle 17.00. Al di fuori di questi tempi di azione i compiti di polizia aerea vengono assunti dai vicini, un approccio che nei prossimi anni sarà cambiato. Nella notte in questione il volo del Boeing era stato scortato prima da Eurofighter italiani, poi da Mirage francesi.

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