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Uber: per Suva è datore di lavoro soggetto a contributi sociali

La questione finirà probabilmente in tribunale a Zurigo Keystone/STEFFEN SCHMIDT sda-ats

(Keystone-ATS) Uber, il servizio di trasporto automobilistico privato via app, va considerato un normale datore di lavoro, soggetto quindi al pagamento dei contributi sociali.

A questa conclusione giunge l’istituto nazionale di previdenza contro gli infortuni Suva, nella risposta a un ricorso dell’impresa americana, che ha ora la possibilità di contestare questa presa di posizione davanti ai tribunali.

Uber si considera una piattaforma tecnologica e sostiene che i suoi “tassisti” non sono dipendenti dell’impresa ma lavoratori autonomi. La Suva non la vede però allo stesso modo. A suo avviso i conducenti che lavorano per Uber sono senza ombra di dubbio da considerare dipendenti e l’impresa un datore di lavoro.

La decisione riguarda il caso di un guidatore sul quale ha riferito ieri sera la trasmissione informativa “10 vor 10” della tv svizzerotedesca. Tra Uber e il conducente sussiste chiaramente un “rapporto di subordinazione”, scrive l’istituto nazionale di previdenza, la cui presa di posizione ha potuto essere consultata anche dall’ats. “Se il guidatore non vuole sopportare gravi conseguenze negative – spiega – deve rispettare tutte le direttive, prescrizioni e raccomandazioni di Uber”. La Suva ne arguisce che Uber esercita un “esteso controllo” sul suo “tassista” che definisce autonomo.

Criterio centrale per poter parlare di indipendenza – sostiene l’istituto di previdenza – è che l’asserito imprenditore possa fissare autonomamente il prezzo e il modo di pagamento del servizio offerto. Nel caso in esame ciò non è sicuramente il caso. La Suva ne deduce che “sono chiaramente predominanti” le caratteristiche di un’attività lavorativa non autonoma.

Il sindacalista di Unia Roma Künzler, interpellato da “10 vor 10”, si è dichiarato molto soddisfatto della decisione. A suo avviso, essa mostra chiaramente che Uber “scardina sistematicamente” il sistema elvetico di assicurazioni sociali, al quale vengono in tal modo sottratti ogni anno milioni di franchi.

Unia aveva già denunciato lo scorso agosto l’agire di Uber, citando una perizia giuridica – la prima in Svizzera – commissionata dal sindacato al professore basilese Kurt Pärliche, il quale giungeva alla stessa conclusione ora fatta sua dalla Suva. Secondo la perizia, la relazione con i dipendenti è attestata in particolare dalle numerose istruzioni che l’azienda dà a ogni “tassista” chiamato ad eseguire una richiesta di trasporto.

Uber può ora contestare la decisione della Suva davanti al Tribunale delle assicurazioni sociali del canton Zurigo. Interpellato da “10 vor 10”, il responsabile di Uber Svizzera Rasoul Jalali ha lasciato aperta la domanda su un eventuale ricorso al tribunale. Si è limitato a dichiarare che non è ancora la decisione definitiva. In Svizzera – ha aggiunto – sono sempre ancora i tribunali a prendere le decisioni finali. “Se non riusciamo ad accordarci con la Suva – ha concluso – dovremo affidarci ai tribunali elvetici”.

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