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UFT: salari Crossrail sono conformi alla legge

Caso Crossrail, non è dumping KEYSTONE/CROSSRAIL sda-ats

(Keystone-ATS) Non è dumping salariale assumere un macchinista italiano e versargli uno stipendio del 15% inferiore a quelli più bassi finora pagati in Svizzera.

Lo ha stabilito, esprimendosi sul “caso Crossrail”, l’Ufficio federale dei trasporti (UFT) giustificando la sua decisione con il fatto che questi ferrovieri risiedono in Italia e lavorano principalmente in questo Paese.

L’UFT è stato chiamato ad esprimersi dal Tribunale amministrativo federale (TAF) in relazione a una denuncia presentata dal Sindacato del personale dei trasportatori (SEV). Quest’ultimo accusa di dumping salariale l’impresa ferroviaria, rea di aver trasferito i propri macchinisti da Domodossola (I) a Briga (VS).

Presso FFS e BLS gli stipendi di un macchinista sono compresi tra 5400 e 5700 franchi. Quelli di Crossrail ammonterebbero a 3600 franchi secondo il SEV, a oltre 4000 secondo l’azienda.

L’UFT aveva già dato ragione una prima volta a Crossrail nel maggio 2015. L’Ufficio federale ricordava che nell’ambito della “riforma delle ferrovie 1” il Parlamento ha deciso che nel settore del traffico merci ferroviario internazionale dovessero essere rispettate le condizioni di lavoro “usuali nel settore”, e non quelle “usuali nel Paese”.

Contro tale decisione il SEV si era rivolto al TAF che nel dicembre successivo aveva ritenuto che ai macchinisti di Crossrail vanno pagati stipendi “usuali per il settore in Svizzera”. I giudici avevano poi rinviato l’incarto all’UFT con l’incarico di stabilire a quanto ammonta il salario usuale svizzero.

L’UFT ha quindi analizzato le condizioni di lavoro in dieci imprese svizzere attive a livello internazionale. In queste aziende la forbice tra i salari più alti e quelli più bassi è del 20% circa.

Nel valutare il “caso Crossrail”, l’UFT ha poi tenuto conto del fatto che i macchinisti risiedono in Italia e svolgono la propria attività per il 70% nel Bel Paese, dove il costo della vita è inferiore del 30%. L’Ufficio federale ricorda che il loro potere d’acquisto è maggiore di quello dei conducenti di locomotive che risiedono in Svizzera e che lavorano soprattutto nella Confederazione.

Per questo motivo, e malgrado il fatto che sono del 15% inferiori alle retribuzioni più basse attualmente versate in Svizzera, le paghe di Crossrail sono da ritenersi “usuali per il settore” e quindi “conformi alla legge”.

In una nota, il SEV contesta fermamente la conclusioni dell’UFT. Il sindacato mette anche in dubbio il concetto stesso di “settore” utilizzato dall’Ufficio federale visto che tiene conto solo delle imprese attive a livello internazionale.

Per il SEV è chiaro che se il luogo di lavoro si trova in Svizzera, i salari devono essere svizzeri. Per questo motivo il sindacato “studierà la possibilità di ricorrere al TAF”, afferma il presidente Giorgio Tuti nella nota.

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