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Un museo per destini particolari

La sontuosa dimora che ospita il museo swissinfo.ch

Nei pressi di Ginevra, il Castello di Penthes ospita il Museo degli Svizzeri nel mondo: una struttura voluta per far conoscere i percorsi straordinari di alcuni emigranti che con la loro opera hanno contribuito a scrivere la storia dei paesi d'accoglienza.

L’edificio è imponente: una dimora del XIV secolo – immersa nel verde e vicina al Palazzo delle Nazioni Unite – acquistata dal cantone di Ginevra nel 1972 e affittata dal 1978 alla Fondazione per la storia degli Svizzeri all’estero.

Le fonti sono costituite soprattutto da cimeli (medaglie, monete, bandiere), opere d’arte (mobili, quadri, sculture) e materiale cartaceo (libri, stampe, diari, fotografie, francobolli) affidati alla Fondazione da famiglie interessate a far conoscere la storia di illustri antenati che si sono distinti fuori dai confini nazionali.

Non un museo dell’emigrazione

«Abbiamo deciso di occuparci in modo particolare di personalità – per esempio artisti, politici, architetti, scienziati – che hanno compiuto all’estero qualcosa di straordinario, influenzando la storia dei loro paesi di destinazione», spiega la curatrice Nathalie Chavannes. Non si tratta dunque di un museo dell’emigrazione: «La nostra scelta è stata finora quella di parlare dell’emigrazione attraverso le storie personali, i destini particolari».

«I personaggi di cui presentiamo le vicende costituiscono degli esempi: le motivazioni della partenza per l’estero, le epoche storiche e le alterne fortune li differenziano; questi racconti rappresentano comunque delle finestre sulla storia svizzera, e possono invogliare il pubblico a conoscerla meglio», aggiunge la curatrice attuale.

Uniformi, giuramenti e clown

Visitando le sale del museo, saltano all’occhio del visitatore molti ritratti: spesso si tratta di svizzeri partiti per prestare i loro servigi militari all’estero. Per esempio: in Olanda, presso il Principe di Orange; in Francia, presso il Re; in Vaticano, presso il Papa.

Non mancano le uniformi, come quella degli ufficiali superiori dei reggimenti svizzeri impiegati presso il Regno delle due Sicilie. O la divisa del sergente Chollet, uno dei soldati massacrati in occasione dell’assalto alle Tuileries – il 10 agosto 1792 – mentre tentavano di impedire l’arresto della famiglia reale.

La sala dedicata alla Guardia Svizzera Pontifica si trova il testo della formula con cui «Ciascun individuo della religione cattolica, apostolica e romana […] giura di servire con fedeltà, lealtà e onoratezza per tutta la durata del suo servizio il Regnante Sommo Pontefice Papa Pio XII» e vari regolamenti concernenti l’uso dell’alabarda.

Al piano superiore, si cambia decisamente contesto: il museo ospita infatti un’esposizione temporanea dedicata a Grock, all’anagrafe Charles Adrien Wettach, nato a Reconvilier (canton Berna) nel 1880 e considerato uno dei maggiori clown di tutti i tempi. Dopo essere emigrato in Ungheria, la sua straordinaria carriera si svolse nel mondo intero.

L’ambasciatore americano e il professore di Lenin

Il museo contribuisce anche alla realizzazione di monografie per la collana “Svizzeri nel mondo” (Éditions de Penthes). Una di queste è dedicata alla vita di Albert Gallatin (1761-1849), partito da Ginevra all’età di 19 anni per raggiungere gli Stati Uniti. Dopo una rapida carriera politica in Pennsylvania, divenne Segretario del tesoro sotto i presidenti Thomas Jefferson e James Madison, applicando una politica di rigorosa gestione delle finanze pubbliche.

Svolto il compito di ambasciatore americano a Parigi e Londra, Gallatin torna negli Stati Uniti, a New York. Qui presiede una banca, fonda l’Università e si dedica allo studio delle lingue delle popolazioni indigene. Il ritratto di questo svizzero all’estero figurava persino sulle banconote da 500 dollari stampate nel 1862-1863.

Un altro volume è dedicato alla vita di Jacques-Alexis Lambert (1863-1942), neocastellano emigrato dal villaggio di Gorgier/St. Aubin nella Russia zarista. Nel 1889 Lambert fu professore di francese di Lenin al liceo di Simbirsk, sulle rive del Volga. Nel 1919 – intenzionato a rientrare nella Confederazione – si rivolse direttamente al suo illustre ex allievo per ottenere il permesso di lasciare la Russia in piena guerra civile.

Il vero messaggio

Benedikt von Tscharner – ex ambasciatore e presidente della Fondazione per la storia degli svizzeri nel mondo – sottolinea, in un suo articolo concernente il museo, la necessità di evitare qualsiasi slogan riduttivo e autocelebrativo simile a «Non c’è nessuno come noi svizzeri». Infatti, esemplifica, anche tra italiani, scozzesi, ungheresi, irlandesi, cinesi, ebrei o armeni vi sono innumerevoli storie simili.

Piuttosto, precisa, questi destini straordinari ci devono far riflettere su cosa siamo capaci di fare, sul significato di essere svizzeri, sulla necessità di veicolare «un messaggio di umanità, di onestà, di qualità nel lavoro svolto», tenendo sempre presente che «la Svizzera si trova in Svizzera, ma anche sotto numerosi altri cieli, più lontani».

La storia del museo incomincia negli anni Sessanta al Castello di Coppet (cantone di Vaud). Lì, il 10 giugno 1961, viene inaugurato il Museo dei reggimenti svizzeri al servizio estero, voluto dalla Società svizzera degli amici di Versailles.

Nel 1970 viene poi creata la Fondazione per la storia degli svizzeri all’estero (in seguito: “nel mondo”); dal 2000 la struttura prende il nome di Museo degli Svizzeri nel mondo.

Per coordinare le attività, svolte dal 1978 al castello di Penthes, viene successivamente creato l’Istituto degli Svizzeri nel mondo. Quest’ultimo dirige il museo, allestisce le esposizioni temporanee e si occupa del centro di ricerche, che comprende gli archivi e una biblioteca.

L’Istituto è inoltre responsabile del ristorante attiguo, che costituisce la sola fonte di entrate (esclusi gli sponsor per iniziative puntuali).

Nel 2008 quasi 680’000 svizzeri vivevano all’estero. Due terzi di loro risiedono nell’Unione europea (per la maggior parte in Francia). Negli Stati Uniti abitano circa 74’000 svizzeri.

Tre espatriati elvetici su quattro possiedono la doppia cittadinanza. La comunità degli svizzeri all’estero (la Quinta Svizzera) costituirebbe il quarto cantone più popoloso della Confederazione.

Gli interessi degli svizzeri dell’estero in patria sono rappresentati dal Consiglio degli svizzeri all’estero, il quale costituisce una sorta di parlamento della diaspora.

In occasione del Congresso degli svizzeri dell’estero, organizzato nell’agosto del 2009 a Lucerna, la cancelliera della Confederazione Corina Casanova ha annunciato che entro il 2015 la maggioranza dei cittadini elvetici espatriati dovrebbe poter utilizzare il voto elettronico.

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