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Cina, la grande amica della Svizzera

Tappeto rosso per il presidente cinese Xi Jinping, in visita di Stato in Svizzera. La diplomazia elvetica cura a tutti i livelli le relazioni con Pechino Keystone

Che sia per questioni riguardanti il settore economico, o finanziario, la ricerca, l'ambiente e il clima, la cultura, o ancora i diritti umani: non passa praticamente mese senza che una delegazione cinese visiti la Svizzera. Le relazioni bilaterali tra i due paesi sono fondate sul reciproco rispetto e la fiducia.

“Non ignorare i diritti umani!”
L’Associazione per i popoli minacciati (APM) teme che i problemi dei diritti umani vengano ignorati nei colloqui con il presidente cinese. Perciò domanda al governo svizzero di non farsi guidare solo da interessi economici. Nell’accordo di libero scambio tra Svizzera e Cina, in vigore dal 2014, il termine diritti umani figura soltanto una volta, lamenta l’APM. L’organizzazione si aspetta che i responsabili del WEF e del governo svizzero affrontino con il presidente Xi Jinping le questioni del trattamento delle minoranze e che gli chiedano miglioramenti.

Nell’aprile 2016, l’allora presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann ha effettuato una visita di Stato a Pechino. A nemmeno un anno di distanza, è il presidente cinese Xi Jinping ad essere ricevuto a Berna. Una visita al più alto livello politico ricambiata in così poco tempo? È insolito.

“Questo è un chiaro segno dell’importanza che la Cina attribuisce alla Svizzera”, dice l’ambasciatore Johannes Matyassy. Il capo della Divisione Asia e Pacifico del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) sottolinea che il soggiorno di Xi in Svizzera non è di semplice cortesia, ma che si tratta di una “visita spiccatamente sostanziale”.

Intervistato due giorni prima dell’arrivo del capo di Stato cinese, il diplomatico elvetico non svela però i dettagli. Ufficiosamente si parla di “alcuni documenti”, che i due paesi firmeranno al fine di sottolineare la cooperazione a lungo termine.

Come mai un gigante come la Cina dà una simile importanza alla piccola Svizzera? Per la Cina, la Svizzera è un modello in molti campi, afferma l’ambasciatore elvetico. Ad esempio, sul fronte dell’innovazione.

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La prima visita in Svizzera di un presidente cinese dopo il 1999

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Riconoscimento precoce da parte svizzera

Le buone relazioni di lunga data tra i due paesi contribuiscono probabilmente al valore attribuito dalla Cina alla Confederazione. La Svizzera è stata tra i primi paesi occidentali a cercare il contatto con i cinesi. “In confronto con gli altri paesi occidentali, le relazioni tra la Svizzera e la Cina hanno un carattere pionieristico”, dice Matyassy.

Berna riconobbe già nel 1950 la Repubblica popolare cinese, ossia appena un anno dopo la sua proclamazione. Precoce è anche il riconoscimento elvetico della Cina come economia di mercato, nel 2007. Inoltre, la Svizzera nel 2013 è stata il primo paese del continente europeo a firmare un accordo di libero scambio con Pechino e nel 2016 è stata uno dei primi paesi d’Europa ad aderire alla Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture. Una politica finita a più riprese nel mirino delle critiche, soprattutto delle organizzazioni di aiuto allo sviluppo, che rimproverano al governo svizzero di trascurare gli aspetti legati ai diritti umani.

La Cina ha digerito lo scandalo del 1999

La rapida istituzione di relazioni diplomatiche, in Cina ha creato un notevole capitale di fiducia nei confronti della Svizzera. Ciò ha probabilmente contribuito ad evitare la rottura delle relazioni tra i due Paesi, nel 1999, quando l’allora presidente cinese Jiang Zemin fu sonoramente contestato da manifestanti tibetani sulla Piazza federale a Berna, mentre era ricevuto con tutti gli onori dal governo svizzero. La manifestazione fece infuriare l’ospite cinese.

Un incidente che Pechino deve comunque aver digerito: 18 anni dopo quell’episodio, Xi è il primo presidente cinese che rimette piede in Svizzera. La visita è l’occasione per chiudere definitivamente quel capitolo.

Relazioni che vanno a gonfie vele

Punto di svolta dopo quello scandalo e decisivo per lo sviluppo di buone relazioni è stata la firma di un memorandum d’intesa nel 2007. Lo scopo era di “intensificare le consultazioni politiche ad alto livello e approfondire le relazioni bilaterali”, si precisa sul sito web del DFAE.

Da allora sono stati avviati una ventina di dialoghi e allacciata una vasta gamma di relazioni, dice Johannes Matyassy. “È nata una dinamica incredibile”. Sono seguite numerose visite, dal 2010 a livello governativo. Nel solo 2013, ben cinque dei sette membri del governo federale si sono recati in Cina: un record. E attualmente non passa praticamente mese senza che un ministro o una importante delegazione cinese vengano in Svizzera, rileva il diplomatico.

In programma due manifestazioni

Gli esuli tibetani anche questa volta vogliono esprimere il loro disappunto sul trattamento delle minoranze in Cina. Una manifestazione domenica a Berna è già stata autorizzata, mentre un’altra martedì a Ginevra è in attesa di risposta. Non c’è tuttavia alcun rischio che il presidente Xi si ritrovi faccia a faccia con i manifestanti.

Né il governo svizzero né quello cinese hanno interesse a che qualcosa vada di nuovo storto sotto i loro occhi. “Ciò potrebbe complicare la cooperazione in importanti campi delle relazioni elvetiche-cinesi”, dice l’ambasciatore Matyassy. Un certo nervosismo regna perciò da entrambe le parti.

Diritti umani: il dialogo invece del “megafono”

Dal 1991 i due paesi intrattengono regolarmente un dialogo sui diritti umani. Le ultime discussioni hanno avuto luogo nel maggio 2016. Quella 14a tornata era incentrata sui sistemi giudiziario e carcerario.

L’ambasciatore Johannes Matyassy afferma di essere irritato quando legge nei media che la Svizzera trascura i diritti umani per gli interessi economici. “I buoni rapporti economici contribuiscono a buone relazioni globali con la Cina. Questo a sua volta permette di discutere anche questioni delicate per la Cina, come i diritti umani”, afferma.

La Svizzera solitamente non è un paese che utilizza la politica del “megafono”, neppure riguardo alla situazione dei diritti umani in Cina, dice Matyassy. Le relazioni con la Cina sono invece fondate sulla fiducia e il reciproco rispetto. “Questo consente di poter parlare di qualsiasi argomento”.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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