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Come funziona il compromesso svizzero – a livello locale

Le Cliniche psichiatriche universitarie avranno una nuova sede a Basilea, ma non tutti i suoi servizi saranno centralizzati. www.upkbs.ch

In Svizzera, il compromesso fa parte del processo democratico. Nel Cantone di Basilea Città, ha permesso all'Associazione degli psicoterapeuti e alle Cliniche psichiatriche universitarie di evitare una costosa votazione popolare sul progetto di centralizzazione dei servizi psichiatrici per bambini e giovani. 

Nel 2012, le Cliniche psichiatriche universitarieCollegamento esterno di Basilea hanno annunciato l’intenzione di centralizzare i servizi per bambini e giovani – distribuiti in sette luoghi diversi della città – in un nuovo centro, situato accanto all’edificio dei servizi per adulti. 

Una cattiva notizia per Peter Schwob, responsabile dell’Associazione degli psicoterapeuti di BasileaCollegamento esterno, e per i suoi colleghi. “Per noi, era chiaro che non potevamo accettare questo progetto. Questo raggruppamento non avrebbe aiutato i genitori di bambini e giovani in difficoltà. Avrebbe invece favorito l’impressione che chi ha problemi psichici durante l’infanzia o la gioventù continua a soffrirne anche in età adulta”, dichiara Peter Schwob. 

Gli obbiettivi dell’iniziativa 

L’iniziativa cantonale “La Clinica psichiatrica universitaria per bambini e giovani nel cuore della città”, chiedeva di mantenere questi servizi di psichiatria separati e vicini alla Clinica pediatrica universitaria di Basilea. 

Le Cliniche psichiatriche universitarie intendevano invece centralizzare tutti i servizi di psichiatria, nel quadro di un nuovo orientamento strategico. 

Nel Cantone di Basilea Città è necessario raccogliere 3’000 firme per consegnare un’iniziativa popolare volta a introdurre, modificare o abrogare una disposizione della Costituzione cantonale. 

L’iniziativa sulla clinica psichiatrica, firmata da 3’470 cittadini, era stata depositata il 14 settembre 2014. 

(Fonti: Cancelleria di Basilea Città, comitato d’iniziativa)

Lo psicoterapeuta e i suoi colleghi non erano contrari all’idea di base: i locali delle cliniche andavano rinnovati. Ma, secondo loro, tutte le cliniche psichiatriche dovevano rimanere in città. 

Dopo aver tentato altre strade per frenare questo progetto, i membri dell’Associazione hanno deciso di lanciare un’iniziativa popolare cantonale, in modo da sottoporre la questione al verdetto dei cittadini. “Fin dall’inizio è stata una cosa un po’ strana, dato che si trattava di un’iniziativa costituzionale”, rileva Peter Schwob. 

Infatti, la questione della localizzazione dei servizi psichiatrici per bambini non rientra nell’ambito della Costituzione. Le cliniche psichiatriche sono un’istituzione del servizio pubblico: vengono gestite su basi private, ma appartengono al Cantone. Il comitato d’iniziativa era giunto però alla conclusione che, per raggiungere il suo obbiettivo, poteva far ricorso solo a questo strumento un po’ “sproporzionato”. 

Il comitato ha quindi depositato l’iniziativa popolare nel settembre 2014. Senza un intervento del governo o del parlamento cantonale, l’oggetto sarebbe stato sottoposto al voto dei cittadini basilesi. 

Compromesso a sorpresa 

Ma il mese scorso, un anno e mezzo dopo la consegna dell’iniziativa, è arrivato un comunicato congiunto del Dipartimento cantonale della sanità, delle cliniche psichiatriche universitarie e del comitato di iniziativa, in cui veniva annunciata una soluzione di compromesso e il ritiro dell’iniziativa popolare. 

In base a questo compromesso, i servizi ambulatoriali resteranno in città, in un nuovo sito, mentre la clinica diurna e il dipartimento di ricerca saranno trasferiti presso il sito principale delle Cliniche psichiatriche universitarie. 

“Con questo compromesso, abbiamo una soluzione che va bene per noi”, sottolinea Anne Lévy, direttrice delle Cliniche psichiatriche universitarie. “Significa che possiamo finalmente costruire il nuovo ospedale psichiatrico per i bambini vicino a quello degli adulti. Così, saranno tutti insieme nel nostro campus. D’altra parte, possiamo lasciare i servizi ambulatoriali al centro della città, ciò che rappresenta pure una buona soluzione per noi”. 

Soddisfatto anche Peter Schwob. “Chiaramente non abbiamo ottenuto tutto quello che volevamo, ma sapevamo che, per finire, avremmo perlomeno potuto raggiungere un compromesso”. 

Vantaggi per tutti 

Il compromesso offre anche altri vantaggi: la soluzione trovata ha permesso di evitare gli alti costi di una campagna in vista della votazione, che avrebbe gravato su entrambe le parti e avrebbe soltanto distolto l’attenzione dal tema più importante, quello del benessere dei giovani pazienti e dei loro genitori. 

Altri sviluppi

“Il compromesso fa parte del processo politico”, osserva Marco Greiner, portavoce del governo cantonale. “Spesso vengono lanciate iniziative radicali con l’obbiettivo di trovare una soluzione di compromesso. Quando il compromesso sperato non viene raggiunto, le iniziative non vengono ritirate. Spetta quindi ai cittadini decidere se approvare le iniziative o un controprogetto sostenuto dal governo o dal parlamento”. 

“Un compromesso tra le parti è comunque più raro di un controprogetto”, rileva ancora Greiner. Negli ultimi cinque anni, 12 iniziative popolari sono state ritirate, generalmente perché il governo o il parlamento avevano presentato un controprogetto. 

Non ci sono dati sul numero totale di iniziative ritirate a livello locale o cantonale in Svizzera. Georg Lutz, politologo dell’Università di Losanna, indica che circa il 30% delle iniziative depositate tra il 1891 e il 2010 sono state ritirate. Di solito, proprio perché il parlamento o il governo avevano proposto un compromesso che integrava almeno in parte le richieste dei promotori. 

Le iniziative rappresentano quindi spesso “uno strumento di legislazione indiretta, destinato a far pressione sul governo e il parlamento, allo scopo che venga riconosciuto un problema e si intraprenda qualcosa per risolverlo”, aggiunge Lutz. “A volte coloro che lanciano un’iniziativa sono contenti di poterla ritirare, in modo da risparmiarsi il costo di una campagna e il rischio di una sconfitta”. 

Imparata la lezione

A detta di Anne Lévy, questa esperienza dimostra che è utile “parlare con i propri partner, per trovare soluzioni efficaci. Questo è possibile quando entrambe le parti hanno una chiara idea di quello che vogliono e di quanto sono disposti a concedere”. 

Da parte sua, Peter Schwob si dice sorpreso del fatto che l’iniziativa abbia dato dei risultati. I membri del comitato d’iniziativa hanno dovuto sacrificare del tempo libero e, inizialmente, finanziare di tasca propria questo progetto. Nel frattempo, il comitato d’iniziativa è stato sciolto e tutte le donazioni versate per finanziare la campagna sono state rimborsate. 

Ma Schwob sarebbe disposto a lanciarsi nuovamente in una simile esperienza? “Sì, certo. Coloro che si sono impegnati hanno potuto superare le barriere professionali e organizzative. Abbiamo formulato assieme i nostri interessi. E ciò è stata una buona cosa”. 

Traduzione di Armando Mombelli

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