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UDC lancia referendum contro strategia energetica 2050

L'ex consigliere federale Christoph Blocher, il consigliere nazionale Benoit Genecand ( FDP/GE), il presidente dell'UDC Albert Rösti, l'ex consigliere nazionale Arthur Löpfe (PPD/AI), il presidente di Gastrosuisse Casimir Platzer e il consigliere nazionale Hansjörg Knecht (UDC/AG) KEYSTONE/PETER SCHNEIDER sda-ats

(Keystone-ATS) Un comitato interpartitico capeggiato dall’UDC lancia il referendum contro la Strategia energetica 2050, che persegue l’obiettivo dell’uscita dal nucleare.

I promotori – che scendono in campo senza l’appoggio di economiesuisse e dell’USAM, ma sostenuti da altre organizzazioni economiche – denunciano soprattutto i costi della svolta energetica, “una follia” che graverà soprattutto su economia e privati.

Il comitato referendario denuncia un modello di economia pianificata che risulterà salatissimo per le piccole e medie imprese (PMI) e per i cittadini comuni e che non garantirà un approvvigionamento stabile di energia ed elettricità. Stando ai calcoli basati su documenti ufficiali, la fattura ammonterà a circa 3’200 franchi supplementari all’anno per una famiglia di quattro persone e a 200 miliardi in totale entro il 2050 per consumatori e contribuenti.

Nella crociata contro la “disastrosa” legge approvata durante la sessione autunnale delle Camere, l’UDC – il cui Ufficio della direzione ha “deciso di lanciare il referendum” – è affiancata da alcuni politici di altri partiti, tra cui il consigliere nazionale radicale Benoît Genecand (GE) e l’ex consigliere nazionale PPD Arthur Loepfe (AI), nonché da rappresentati di alcune associazioni e organizzazioni.

Ufficialmente il PLR non sostiene il referendum, ma la sezione dei giovani sì, ha indicato il radicale ginevrino, mentre sul fronte del PPD Loepfe ha precisato di impegnarsi a puro titolo personale. Impossibile per ora valutare quanti saranno i rappresentanti del centro-destra che si batteranno a fianco del comitato promotore. Venerdì scorso, al termine della sessione delle Camere, tredici dei 33 consiglieri nazionali radicali hanno votato contro la strategia energetica.

Negli scorsi giorni il comitato dell’UDC si era pronunciato a favore del referendum a patto di avere l’appoggio dell’economia. Malgrado la Federazione delle imprese svizzere (economiesuisse) avesse già messo in chiaro da tempo che non avrebbe sostenuto questa battaglia e questa settimana anche il comitato direttivo dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) abbia optato per questa linea, il partito è riuscito a trovare appoggio presso diverse altre organizzazioni.

Tra di esse figurano anche l’Associazione svizzera dei trasportatori stradali (ASTAG), l’Unione degli importatori di automobili (Auto Suisse), la Federazione degli albergatori e esercenti (GastroSuisse), l’Associazione che riunisce l’industria metalmeccanica ed elettrica Swissmem, la Federazione svizzera dell’industria delle materie plastiche (Swiss Plastics) e l’Associazione nazionale dei commercianti di combustibili (Swissoil).

“Abbiamo contatti con un centinaio di aziende”, ha rilevato il presidente dell’UDC Albert Rösti, sottolineando come tra le PMI lo scontento sia più o meno generalizzato. Il presidente di GastroSuisse Casimir Platzer ha sottolineato che anche in seno al comitato dell’USAM non vi è unanimità e non ha nascosto la speranza che l’organizzazione cambi idea e decida di sostenere il referendum.

Per l’ex consigliere federale Christoph Blocher si sta per commettere un “peccato mortale”: la strategia mira a passare da un mercato ben funzionante ed oliato a un’economia pianificata degna dell’Unione sovietica o della DDR. “Vinceremo questa votazione, ve lo garantisco”, ha esclamato con convinzione. Il leader dell’UDC ha sottolineato come nel corso dei dibattiti parlamentari numerosi gruppi di interesse siano stati “comprati” mediante la concessione di sovvenzioni all’energia idraulica e ai piccoli produttori e con sgravi fiscali ai proprietari immobiliari e ai grandi gruppi industriali.

A restare a bocca asciutta sono solo le economie domestiche e le PMI, che non possono approfittare di un mercato dell’elettricità interamente liberalizzato e si troveranno quindi a pagare la fattura di un progetto che apre la strada a un moltiplicarsi di tasse, ha aggiunto Blocher.

“3200 franchi all’anno è una somma enorme”, ha sottolineato Rösti: è più della metà di un salario mensile medio. Per compensare questi costi alcuni dovranno rinunciare alle vacanze. E le conseguenze non si faranno sentire solo per i singoli cittadini: secondo Platzer, il settore alberghiero e della ristorazione si troverà a far fronte a spese enormi e non avrà quindi le armi necessarie per reggere la concorrenza estera.

Secondo il comitato referendario, la Strategia energetica 2050 non è altro che una pesante e inefficace macchina destinata a distribuire sovvenzioni miliardarie all’energia solare ed eolica. Non consentirà inoltre di compensare nel 2035 la quota di energia dalle centrali nucleari: bisognerà quindi o ricorrere all’importazione o alle energie fossili, costruendo ad esempio delle centrali a gas. Resta per ora del tutto aperta la questione della costruzione di nuove centrali nucleari, vietata dalla Strategia: secondo Rösti è impossibile imporre oggi un divieto senza sapere dove avranno portato l’evoluzione tecnologica e la ricerca tra vent’anni.

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