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«Anche la via bilaterale ha i suoi limiti»

Jacques de Watteville, un habitué delle imprese difficili DR

Fiscalità, agricoltura, elettricità: i dossier scottanti si accumulano sulla scrivania dei negoziatori svizzeri ed europei. Come uscirne? swissinfo.ch ha raccolto l'opinione dell'ambasciatore svizzero presso l'Unione europea, Jacques de Watteville.

Prima di raggiungere nel dicembre 2007 la vetta della diplomazia elvetica, il Capo della Missione svizzera presso l’Unione europea a Bruxelles aveva già conquistato la cima di quasi tutti i quattromila in Svizzera.

swissinfo.ch: I Ventisette e la Svizzera tardano a mettersi d’accordo. Il motivo va ricercato sul fronte della fiscalità delle imprese in certi cantoni, o è forse un segnale di sfiducia nei confronti di Berna?

Jacques de Watteville: Alcuni Stati ritengono che la soluzione che si sta profilando all’orizzonte non tenga conto a sufficienza delle loro preoccupazioni. Sussiste inoltre un problema tecnico: dobbiamo probabilmente aspettare l’entrata in funzione di una nuova commissione, che avverrà all’inizio del 2010, prima di poter eventualmente chiudere il dossier.

swissinfo.ch: Si dovrà anche aspettare la fine dell’amnistia fiscale in Italia?

J. de W.: Probabilmente anche questa operazione del fisco italiano gioca un ruolo nelle trattative.

swissinfo.ch: Al momento, la fiscalità cantonale è la parte visibile di un iceberg. Sotto la superficie si nascondono invece le questioni sulla fiscalità del risparmio e sulla richiesta di scambio di informazioni. La negoziazione si prospetta ardua alla luce di questi tre dossier?

J. de W.: Non è un iceberg, poiché i due dossier non sono nascosti. Per il momento non c’è ancora un mandato di negoziazione, adottato dall’Unione europea, concernente una revisione dell’accordo sulla fiscalità del risparmio o la conclusione di un’intesa sullo scambio di informazioni. Ci dobbiamo però preparare a queste eventualità.

swissinfo.ch: Non teme che Lussemburgo e Austria potrebbero scaricare sulla Svizzera la pressione che grava attualmente sulle loro spalle, subordinando l’abolizione del loro segreto bancario a quello elvetico?

J. de W.: Non possiamo escludere questo scenario. Ma la Svizzera ha in mano delle buone carte da giocare. È la stessa Unione europea a riconoscere l’accordo sulla fiscalità del risparmio e il sistema dell’imposta alla fonte. La Svizzera ha restituito all’incirca 500 milioni di franchi agli Stati membri dell’Ue nel 2008.

swissinfo.ch: E se Lussemburgo e Vienna dovessero riuscire a coinvolgere anche la Svizzera nel dibattito fra gli Stati dell’Ue?

J. de W.: Non abbiamo paura di un dibattito schietto e risoluto con i nostri partner. Per difendere gli interessi elvetici, dobbiamo però essere realisti, anticipare gli eventi e guardare al futuro.

swissinfo.ch: Si è pronti dunque ad affrontare un terzo ciclo di negoziati bilaterali, che interesserebbe anche altri dossier: elettricità, agricoltura, servizi finanziari…?

J. de W.: È vero che molti dossier sono materia di discussione o di negoziazione. È altrettanto vero, però, che l’Unione europea ha stabilito una relazione tra gli stessi. Dal canto suo, la Svizzera intende naturalmente affrontare tutti i dossier e non solo quelli che interessano l’Ue.
Se in futuro saremo chiamati a fare delle concessioni che condizioneranno la nostra piazza finanziaria, sarà molto importante ottenere delle contropartite in suo favore. In questo momento non è comunque previsto di creare dei legami giuridici fra tutti i dossier.

swissinfo.ch: L’Unione europea esige che la Svizzera applichi in maniera integrale e automatica le normative comunitarie in vigore. Ciò è possibile?

J. de W.: Per l’Unione europea è ovvio che la Svizzera debba attenersi alle regole se intende intrattenere dei rapporti commerciali con i suoi Stati membri. D’altro canto, anche il nostro paese è interessato ad una certa uniformità nelle normative. È nostra intenzione raggiungere l’obiettivo nel rispetto della sovranità e del buon funzionamento delle istituzioni svizzere.

La Svizzera ha elaborato inoltre vari criteri per l’adeguamento degli accordi bilaterali all’evoluzione del diritto europeo. Fra questi ci sono – per esempio – il rispetto della sovranità elvetica e del funzionamento delle sue istituzioni nonché la partecipazione all’elaborazione delle nuove normative Ue.

swissinfo.ch: Con che spirito si affronta un negoziato se dapprincipio ci si rende conto che quest’ultimo fallirà a causa delle regole europee? È stato il caso – per esempio – delle trattative per il settore dell’elettricità.

J. de W.: In tutte le negoziazioni, si tratta di scegliere l’acquis comunitario pertinente sul quale basare l’accordo e verificare quali sono i problemi specifici che necessitano di una soluzione ad hoc. Se le due parti vogliono concludere un accordo, si è anche pronti al compromesso.

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«Acquis communautaire»

Questo contenuto è stato pubblicato al L’espressione «Acquis communautaire» designa l’insieme dei diritti, degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli stati membri dell’Unione Europea e che devono essere accolti senza riserve dai paesi che vogliano entrare a farne parte.

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swissinfo.ch: I suoi omologhi europei non le hanno mai detto che per la Svizzera sarebbe più semplice difendere i propri interessi se diventasse uno Stato membro dell’Ue?

J. de W.: Certo. La negoziazione e la gestione degli accordi bilaterali è un’attività impegnativa e complessa che richiede tempo ed energia. L’Ue vedrebbe quindi di buon grado una semplificazione delle procedure. Ma per la Svizzera, il rispetto della sua sovranità e delle sue istituzioni, è ancora prioritario.

swissinfo.ch: Ciò potrebbe rendere più difficile la negoziazione in futuro?

J. de W.: Sì. Se l’Unione europea continua a puntare sulla creazione di certi automatismi, è probabile che la Svizzera, per salvaguardare la sua sovranità, decida di rinunciare a concludere determinati accordi, nonché alla possibilità di intrattenere rapporti commerciali con gli Stati dell’Ue. Non è una novità, è già successo anche in passato. Ci sono infatti delle realtà politiche che vanno rispettate. Anche la via bilaterale ha i suoi limiti.

Tanguy Verhoosel, Bruxelles, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese: Luca Beti)

L’ambasciatore de Watteville, classe 1951, è alle dipendenze del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) dal 1982.

Giurista ed economista, de Watteville ha già avuto un ruolo importante tra il 1988 e il 1992 nella coordinazione della negoziazione dello spazio economico europeo.

De Watteville è un esperto di questioni economiche e finanziarie ed ha diretto dal 1997 al 2003 la Divisione degli affari economici e finanziari del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e ha partecipato ai negoziati Svizzera-UE sulla fiscalità del risparmio.

Dal dicembre 2007 è a capo della missione svizzera presso l’Unione europea a Bruxelles.

Per la Commissione europea, la fiscalità delle imprese adottata in certi cantoni elvetici costituisce una forma di aiuto statale incompatibile con il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio del 1972.

I privilegi fiscali in questione sono accordati a società che hanno sede in Svizzera, ma che realizzano i propri profitti all’estero.

La Svizzera ritiene invece che l’accordo del 1972 si applichi soltanto al commercio di alcuni beni (prodotti industriali e prodotti agricoli trasformati).

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