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“Caos in parlamento” per l’accordo su UBS

UBS è all'origine del "caos politico". Keystone

All'indomani della bocciatura dell'accordo UBS con gli Stati Uniti da parte della Camera del popolo, la stampa elvetica deplora l'attitudine di deputati e partiti. Le reazioni dagli Stati Uniti non si sono fatte attendere.

Il Parlamento si è trasformato in un «grande circo», scrive il vodese 24 Heures, affermando che alle erranze del governo, evidenziate dalle commissioni di gestione, sono seguite quelle di un parlamento «al bordo del baratro» e «incapace di firmare un accordo» che quasi tutti considerano indispensabile.

Martedì si è assistito ad «un grande circo», gli fa eco Le Temps, secondo cui l’aula di Palazzo federale si è trasformata in una «corte scolastica», quando invece si doveva affrontare una questione dalla dimensione politica ed economica considerevole.

L’accordo con gli Stati Uniti, rammenta il Tages Anzeiger, tocca in effetti questioni fondamentali, tra cui l’atteggiamento da assumere nei confronti della potenza americana. Invece di chinarsi sugli aspetti cruciali, i rappresentanti della Camera del popolo si sono soffermati su punti marginali, deplora il foglio zurighese, che invita i deputati a «riflettere sul loro compito, ovvero risolvere i problemi del paese».

L’insieme del dibattito politico, ritiene il Corriere del Ticino, sta offrendo uno «spettacolo desolante». Per la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), «l’inverosimile teatro politico» osservato in parlamento è il segnale che la «concordanza politica ha toccato il fondo».

Tutti responsabili

La responsabilità di questo «triste caos», scrive Le Temps, è condivisa da tutti gli attori politici.

La sinistra si ostina a voler ancorare nell’accordo le disposizioni sui bonus dei manager, che poco hanno a che vedere con la vicenda UBS, mentre l’Unione democratica di centro (UDC) continua a cambiar posizione, sottolinea il quotidiano romando. I partiti di centro, prosegue, avrebbero invece dovuto scegliere da che parte stare: destra o sinistra.

I tentativi di liberali radicali, popolari democratici e borghesi democratici (partiti di centro) di far passare l’accordo senza concessioni, rileva La Liberté, è risultato vano: «Il forcing non ha funzionato».

Socialisti e democentristi – la cui alleanza è stata decisiva nel respingere l’accordo – sono fermi sulle proprie posizioni, constata la Berner Zeitung. Un modo di agire che peraltro non sorprende l’editorialista di Der Bund e Tages Anzeiger: invece di risolvere i problemi del paese, scrive, i due partiti pensano a profilarsi in vista delle elezioni federali del 2011.

Per la Basler Zeitung, socialisti e UDC hanno comunque ragione su un punto: la politica deve risolvere, in tempi rapidi, la questione dei bonus. «L’accordo UBS non è però il posto in cui farlo».

Mediazione

Nonostante le contrapposizioni politiche emerse martedì, «non è troppo tardi per un ultima trattativa», ritiene Le Temps. L’importante, afferma, è far passare l’accordo «tappandosi il naso»: quello su UBS è un pessimo accordo, «ma è troppo tardi per tornare indietro».

Verosimilmente, prevede il Corriere del Ticino, l’accordo con Washington sull’assistenza amministrativa per i 4’450 clienti dell’UBS «verrà approvato».

Per «uscire dalla palude», suggerisce La Regione, la parola d’ordine è «mediazione». Il centro, osserva il giornale ticinese, dovrà tentare di raccogliere i voti mancanti a destra o a sinistra.

Non va dimenticato, sottolinea sempre La Regione, che a complicare i negoziati fra le forze in campo ci sono pure le elezioni federali oramai all’orizzonte. «Chi riuscirà a ‘portare a casa’ l’accordo con gli Stati Uniti lanciandogli un salvagente, non mancherà di sfruttare il punto segnato».

Reazioni americane

Gli sviluppi in parlamento sull’accordo concernente UBS sono stati seguiti da vicino anche dagli Stati Uniti. Pronta la reazione dell’autorità fiscale IRS, la quale ha reiterato la sua intenzione di far ricorso ad «ogni opzione legale a disposizione» nel caso di una mancata trasmissione dei dati bancari.

«Abbiamo un accordo con la Svizzera – ha sottolineato Frank Keith, portavoce dell’IRS – e ci aspettiamo che il governo elvetico rispetti i termini dell’intesa».

Per il senatore democratico Carl Levin del Michigan, che da anni si batte contro l’evasione fiscale, gli Stati Uniti devono accentuare la pressione. «È ora di agire a livello legale per obbligare UBS a fornire i nomi dei suoi clienti», ha dichiarato al Wall Street Journal.

«Gli Stati Uniti – ha aggiunto – devono respingere ogni ulteriore tentativo della Svizzera» di ritardare la decisione sull’accordo.

Luigi Jorio, swissinfo.ch

Per diversi anni, la banca UBS ha fatto ricorso a un vero e proprio “sistema” per aiutare i contribuenti americani a frodare il fisco del loro paese.

Un ex impiegato di UBS, Bradley Birkenfeld, denuncia la pratica alle autorità statunitensi.

Nel febbraio 2009, le autorità fiscali americane (IRS) querelano UBS per tentare di obbligare l’istituto elvetico a fornire una lista di 52’000 clienti.

Le autorità svizzere minacciano azioni legali contro UBS, siccome tale divulgazione di informazioni è contraria al diritto svizzero.

Dopo intensi negoziati tra il governo svizzero (Consiglio federale), quello americano e UBS, il 18 agosto 2009 viene sottoscritto un accordo. La banca dovrà trasmettere “soltanto” i dati relativi a 4’450 sui clienti.

Secondo l’accordo, la trasmissione dei dati deve essere effettuata entro al massimo un anno, ovvero entro il 19 agosto 2010.

L’accordo è in questi giorni al vaglio del parlamento. La settimana scorsa è stato accettato dalla Camera dei Cantoni (Consiglio degli Stati); martedì 8 giugno è stato respinto dalla Camera del Popolo (Consiglio nazionale).

Mercoledì, il Consiglio degli Stati ha ribadito il suo sostegno all’accordo. Il dossier torna ora alla camera bassa.

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