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“Farò causa a chi mi diffama”

Yeslam Binladin: "Da quando il mio nome è stato messo in relazione ad attività terroristiche, sono oggetto di sospetti " Keystone Archive

Fratellastro di Osama Bin Laden e cittadino svizzero, Yeslam Binladin è costretto a girare con la scorta. Un'intervista.

Uomo d’affari che vive a Ginevra da una quindicina d’anni, cittadino svizzero dall’anno scomparso, Yeslam Binladin (così l’ortografia del suo cognome) ha fatto bloccare la distribuzione in Svizzera del libro di Jean-Charles Brisard e Guillaume Dasquié, “Ben Laden, la vérité interdite” (Bin Laden, la verità proibita, edizioni Denoël), che lo mette sotto accusa.

In un’intervista accordata a swissinfo e al settimanale Matin Dimanceh, il finanziere evoca la minacce che ha ricevuto dopo gli attentati dell’11 settembre.

swissinfo: Le relazioni tra lei, il suo avvocato Jürg Brand e l’editore Denoël in Francia hanno assunto i toni della polemica, tra novembre 2001 e gennaio 2002. Cos’è successo?

Yeslam Binladin: Per settimane abbiamo avuto discussioni con gli autori e l’editore di “Ben Laden, la vérité interdite”. Abbiamo chiesto loro di correggere i molteplici errori contenuti nel libro. La mediazione non ha avuto effetti. La parte avversa ha solo cercato di guadagnare tempo.

Su vostra richiesta, la giustizia ginevrina ha bloccato la diffusione in Svizzera del libro. Non teme che gli autori, che parlano di “attentato contro la libertà di stampa”,pubblichino dei documenti che la possono compromettere?

Se gli autori avessero dei documenti compromettenti per la mia persona, li avrebbero dovuti presentare al tribunale per impedire che la vendita del libro fosse vietata in Svizzera. Non l’hanno fatto, perché non hanno niente in mano contro di me. Durante i nostri incontri, avevano già accettato di modificare più di una decina di pagine del libro. Non è forse la prova che si tratta di un’indagine poco seria?

La pubblicazione del libro ha influito sulla sua vita quotidiana?

Il libro mi ha fatto un grande torto. Mette in pericolo la mia incolumità fisica. Non posso più spostarmi senza essere accompagnato. E sto valutando altre misure per garantire la mia sicurezza. Da quando il mio nome è stato messo in relazione ad attività terroristiche, sono oggetto di sospetti e di diffidenza. Quaotidianamente.

Ancora prima di “La vérité interdite”, nel 1999 un altro libro, “Les dollars de la terreur” (I dollari del terrore) evocava i suoi presunti legami con ambienti terroristici. Perché allora non ha fatto ricorso ai tribunali?

Seguendo i consigli del mio avvocato, non avevo voluto far pubblicità al libro. Avevamo torto. Per alcuni, il mio silenzio rappresentava una conferma che l’opera diceva il vero. Ma d’ora in poi, farò causa a tutti quanti mi diffamano. La mia querela a Ginevra dimostra che “La vérité interdite” contiene numerosi fatti errati.

L’opera parla di numerose filiali della sua società ginevrina SICO con sede in paradisi fiscali. Perché queste filiali?

È una menzogna. La società SICO non ha filiali, né in Svizzera, né tanto meno in paradisi fiscali.

Intervista a cura di Ian Hamel

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