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“L’esercito è una polizza di assicurazione per la Svizzera”

Hans Schatzmann presiede dal 2008 la Società svizzera degli ufficiali Keystone

Le riforme dell’esercito sono diventate un cantiere senza fine in parlamento. Da anni i partiti non riescono a trovare un accordo né sul budget né sulle priorità della sicurezza nazionale. Una situazione insostenibile, secondo Hans Schatzmann, presidente della Società svizzera degli ufficiali.

Trattato come una “mucca sacra”, durante la Guerra fredda l’esercito inghiottiva addirittura un terzo del budget della Confederazione e disponeva di uno degli effettivi più grandi d’Europa. Da allora le riforme e i tagli si sono susseguiti, ma il futuro delle forze armate rimane tuttora incerto in seguito al disinteresse e alle vertenze tra i partiti.

Se il ruolo dell’esercito è stato a lungo sopravvalutato, oggi viene pericolosamente sottovalutato, ritiene Hans Schatzmann. Di fronte al disimpegno dei politici, la Società svizzera degli ufficiali intende diventare a sua volta politicamente attiva e lanciare, per la prima volta nella sua storia, un’iniziativa popolare.

swissinfo.ch: Fino ad alcuni anni fa politica ed esercito sembravano una cosa sola. Ora si ha invece l’impressione che non riescano più a capirsi.

Hans Schatzmann: Questa impressione non è sbagliata: la politica si è molto allontanata dall’esercito. Da un lato perché, dalla fine della Guerra fredda, molte persone si chiedono quali siano le minacce che pesano sul nostro paese. Il mondo non è diventato più sicuro, ma è diventato più difficile definire le minacce reali o potenziali. E questa difficoltà è percepibile anche tra i politici.

Il problema non è però legato soltanto al ruolo dell’esercito, ma alla politica svizzera nel suo insieme, che da qualche tempo sta lottando con i propri problemi. La Svizzera si trova in una crisi di identità: da molti anni ci si chiede quale sia il posto del nostro paese nel mondo, cosa vuole essere realmente la Svizzera? Un piccolo paese isolato dal resto del mondo o un membro della comunità europea e internazionale?

La politica incontra grandi difficoltà a dare una risposta chiara a queste domande. E questo disagio si ripercuote negativamente anche sull’esercito.

swissinfo.ch: Dalla fine della Guerra fredda sono passati più di 20 anni. Come mai il parlamento non è ancora riuscito a trovare un accordo sulle nuove priorità dell’esercito?

H.S.: Il mandato dell’esercito è chiaramente definito dalla Costituzione federale. Oggi l’esercito non ha più solo il compito di difendere militarmente il paese, ma deve anche aiutare le autorità in caso di necessità –  ad esempio catastrofi naturali – e dare un contributo alla sicurezza mondiale tramite missioni di pace all’estero.

Dal momento che si tratta di un quadro di compiti molto più complesso, emergono regolarmente delle discussioni sulle priorità. Mentre alcuni partiti non vogliono assolutamente missioni all’estero, altri vorrebbero soprattutto portare l’esercito verso una collaborazione internazionale. Sono sorti così dei fossati tra i partiti, che non hanno di per sé molto a vedere con l’esercito, ma piuttosto con la domanda generale: “come deve essere la Svizzera del futuro?”.

swissinfo.ch: L’esercito è diventato un cantiere interminabile in parlamento. Ma i partiti non sembrano aver fretta di chiuderlo.

H.S.: Effettivamente la politica non ha più prestato molta attenzione all’esercito. Negli ultimi anni le forze armate dovevano servire soprattutto a risparmiare dei soldi. Nel frattempo però l’esercito ha già pagato da tempo i cosiddetti “dividendi della pace”: il suo budget è già stato più che dimezzato rispetto ad alcuni decenni fa. A questo punto ulteriori risparmi rischiano di compromettere la sicurezza nazionale, ossia uno dei fattori più importanti per garantire la stabilità e il benessere di un paese.

swissinfo.ch: In mancanza di un nemico reale in vista, può capire però che molti politici non sappiano più cosa farsene dell’esercito?

H.S.: Certo. Da 60 anni viviamo una situazione di pace nell’Europa centrale e possiamo solo sperare che possa continuare a lungo. D’altro canto, il mondo non è diventato più sicuro. Numerosi conflitti continuano a scoppiare in ogni parte del pianeta e, oggi, si spendono molti più soldi per gli armamenti che non durante la Guerra fredda.

Credo che la Svizzera abbia ogni interesse a tenersi pronta anche per eventualità che non sembrano molto vicine. L’esercito è un po’ come una polizza di assicurazione. Personalmente non pago volentieri i premi della cassa malati, ma sono contento di essere assicurato nel caso in dovessi ammalarmi. Per l’esercito è la stessa cosa.

swissinfo.ch: Quali sono i rischi per la sicurezza del paese?

H.S.: Siamo tutti d’accordo sul fatto che un attacco armato classico non è di attualità. Per contro l’Europa, e quindi anche la Svizzera, è molto vulnerabile di fronte ad attacchi terroristici ed altri pericoli. In caso di attacchi di una certa gravità, le forze di polizia sarebbero rapidamente superate e solo l’esercito potrebbe intervenire. Solo le forze armate sono inoltre in grado di garantire la sicurezza dello spazio aereo.

swissinfo.ch: Oggi l’esercito sembra impegnato soprattutto a difendersi dalla politica.

H.S.: Capisco cosa intende, ma in fondo figura tra i compiti permanenti dell’esercito di giustificare la sua esistenza. L’esercito deve rimanere uno strumento flessibile al servizio del paese, in grado ai adattarsi ai cambiamenti. Ciò implica che la politica debba chiedersi regolarmente se l’esercito corrisponde ai bisogni attuali e alle sfide del futuro. Questo processo deve essere però condotto in modo costruttivo, mentre negli ultimi anni è stato troppo condizionato da divisioni partitiche.

swissinfo.ch: Che cosa si aspetta dalle prossime elezioni?

H.S.: Le elezioni saranno fondamentali per il futuro dell’esercito, dal momento che il nuovo parlamento sarà chiamato a prendere decisioni molto importanti in ambito di sicurezza. Speriamo quindi che tra i nuovi eletti vi siano molti parlamentari interessati alle questioni della sicurezza, indipendentemente dal loro partito.

swissinfo.ch: E se la politica non si interessa dell’esercito , l’esercito sembra ora intenzionato ad occuparsi di politica.

H.S.: Sì, assieme ad altre organizzazioni del settore, stiamo valutando la possibilità di lanciare un’iniziativa popolare per garantire il futuro della sicurezza nazionale. Se le autorità non vogliono più occuparsi dell’esercito, allora spetta al popolo intervenire. E finora il popolo si è sempre espresso a grande maggioranza a favore dell’esercito.

Durante la Guerra fredda le forze armate assorbivano addirittura un terzo del budget federale. Con ben 700’000 mila soldati in attività, di cui più di 150’000 ufficiali e sottufficiali, la piccola e neutrale Svizzera contava uno degli eserciti più grandi di tutto il continente europeo.

Il 26 novembre 1989, pochi giorni dopo il crollo del muro di Berlino, un’iniziativa favorevole alla soppressione dell’esercito veniva approvata da un terzo degli svizzeri. Uno shock per la classe dirigente, che ha rimesso fondamentalmente in discussione la politica di difesa nazionale, aprendo un cantiere diventato da allora interminabile.

Il primo grande progetto di riforma, Esercito 95, ha portato nella seconda metà degli anni ’90 ad una riduzione degli effettivi a 400’000 unità.

Con la riforma Esercito XXI, entrata in vigore dal 2004, il loro numero è sceso a 120’000 soldati attivi e 80’000 riservisti, mentre il budget è diventato ormai inferiore ad un decimo delle spese statali.

Attualmente la Confederazione spende circa 4,1 miliardi di franchi per la politica di sicurezza nazionale, di cui 3,7 miliardi per l’equipaggiamento e l’infrastruttura dell’esercito. Il governo intende ridurre gli effettivi a 80’000 militi attivi.

Nata nel 1833, la Società svizzera degli ufficiali (SSU) raggruppa le associazioni dei graduati di diversi cantoni e reparti dell’esercito.

La SSU, che si dichiara politicamente indipendente, si batte per un esercito efficiente e per difendere gli interessi dei graduati nell’ambito della politica di sicurezza.

Nato nel 1962, Hans Schatzmann si è laureato nel 1988 in diritto all’Università di Berna.

Dal 1993 lavora, quale avvocato e notaio, nel suo studio legale di Soletta. Colonnello dell’esercito, dal 2008 ha assunto anche la presidenza della Società svizzera degli ufficiali.

Hans Schatzmann è stato anche attivo in politica, quale presidente del Partito liberale radicale della città di Soletta e membro del parlamento solettese. Nel 2005, dopo aver trasferito il domicilio nel canton Berna, ha abbandonato la sua carriera politica.

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