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“La particolare virtù dei traghettatori”

Marco Müller, pronto per nuove sfide in campo univesitario swissinfo.ch

Marco Müller sembra non fermarsi mai. L'amore per la cultura lo spinge a creare nuovi progetti, ad affrontare nuove sfide. Dai riflettori della Laguna al Ticino.

Docente all’Accademia di Architettura di Mendrisio, il Direttore del festival del film di Venezia, ci parla delle sue idee in cantiere e del suo rapporto con il Ticino.

Abituato a viaggiare attraverso il mondo e attraverso i mondi della cultura, a cominciare dal cinema, Marco Müller cittadino del mondo torna dietro i banchi dell’Accademia di architettura di Mendrisio, dove insegna.

swissinfo: Che cosa l’attira in questo angolo di terra?

Marco Müller: Ho sempre pensato che il Ticino fosse una sorta di straordinario laboratorio, perché su un territorio che ha delle dimensioni così ridotte e con una popolazione numericamente limitata, è possibile fare delle esperienze che corrispondono davvero ad una sperimentazione in vitro.

Per chi, come me, divide la sua esperienza lavorativa tra la Svizzera e l’Italia, il Ticino rappresenta anche un antidoto a molte cose che non funzionano in Italia. Io ho smesso di insegnare nelle Università italiane 25 anni fa e ho accettato di tornare alla docenza soltanto perché la proposta è venuta da Mario Botta.

Ovvero una personalità eccentrica ma nel senso di essere capace di uscire dai sentieri battuti, dalle modalità formative classiche. Sapevo bene che un partenariato con lui, con Aurelio Galletti e Josep Acebillo non poteva che sviluppare qualcosa di un po’ meno convenzionale rispetto agli itinerari più consueti della docenza.

Già dalle prime lezioni ho avuto la possibilità, da questo piccolo angolo di terra, di aprire una finestra sul mondo e mantenerla spalancata. La dimensione internazionale dell’Accademia e la possibilità di poter tentare tutti i salti culturali e linguistici possibili, mi hanno convinto.

Anche scegliendo il massimo del provinciale si può dunque contribuire a sprovincializzare completamente i modi consueti di formazione.

swissinfo: Direttore di Festival, appassionato di cinema, docente universitario: “incontournable”, direbbero i francesi. Quale è il suo rapporto con la cultura, le culture?

M.M.: Di pancia, è come al cinema. Il rapporto con la cultura e le culture deve essere prima di tutto di pancia e poi può, o deve, essere razionalizzato a livello intellettuale.

swissinfo: Da sempre, le si attribuiscono delle visioni a 360 gradi sulla cultura. Quanto è importante fare un discorso trasversale o interdisciplinare?

M.M.: E’ assolutamente indispensabile. Interagire con le altre cattedre e con i percorsi universitari che esulano volutamente dalle classiche vie formative, è fonte di confronto e di arricchimento. E all’Accademia stiamo sperimentando nuove vie, liberamente, senza ideologie.

swissinfo: Una buona parte del suo lavoro di progettazione culturale parte dal Ticino, come mai? Può lavorare con maggiore tranquillità?

M.M.: La mia famiglia proviene da uno dei cantoni più chiusi della Svizzera: Nidwaldo, di cui sono attinente. Ho sempre rivendicato una mia elveticità che corrispondesse con la possibilità che i ticinesi hanno sempre avuto di essere mediatori tra quantità e qualità diverse, soprattutto culturali.

Credo che per me sia così facile lavorare in Ticino perché vedo la possibilità di congiungere una creatività molto mediterranea con un senso dell’organizzazione del lavoro molto più nordico. Vedo soprattutto che in questa volontà di essere traghettatori, vi sia una virtù particolare.

Senza la capacità di andare e venire, di mettere in relazione e di congiungere delle situazioni culturali, molte realtà non si sarebbero mai toccate.

swissinfo: Si parla per esempio della creazione di una “Film Commission insubrica”, e di un istituto di “Production design” all’Accademia. Ce ne può parlare?

M.M.: Lo specifico cinema del Ticino ha saputo esprimere delle personalità creative. Ma visto che sul territorio ci sono già delle scuole di cinema, sarebbe assurdo proporre un’altra formazione generalista.

Se dobbiamo pensare ad un “sistema cinema” ticinese che sia collegato al “sistema cultura” che il Ticino ha saputo esprimere, non possiamo non dare a questo nuovo progetto una connotazione industriale ben delimitata.

L’esistenza dell’Accademia permette appunto di ragionare sulla possibilità di esaltare questa piattaforma per la formazione di scenografi o, meglio, di “product designer”, una figura americana che va oltre lo scenografo tradizionale.

Il “product designer” è in verità uno dei principali collaboratori creativi del regista, che deve condividere e in qualche caso anche contraddire la visione del film che questi ha. La presenza della Scuola universitaria professionale ci permette inoltre nuove sinergie anche per quanto riguarda la parte dei costumi.

E se poi con il CISA riuscissimo a fare nascere uno specifico legato agli effetti speciali, avremmo a questo punto la possibilità di avere in Ticino un vero e proprio laboratorio per tutte queste operazioni creative, che sono poi quelle che determinano lo stile di un film.

Sfruttando tutte le possibilità di collaborazione sul territorio cantonale e nazionale e con la vicina Italia, possiamo ragionevolmente pensare di potere offrire una formazione in “Production design” che, a parte l’Istituto di Londra, sul continente ancora non esiste. Contiamo di inaugurare questo nuovo Istituto dell’Accademia nell’autunno del 2006.

swissinfo: E Venezia?

M.M.: Certo, io dovrò ridurre i miei impegni. La mia vita non potrà continuare a coincidere con la Biennale di Venezia. A questo punto direi che avrei tutte le intenzioni di ricentrarmi maggiormente sul Ticino. Il Ticino mi ha sempre offerto tempo e solidità.

swissinfo: Il Ticino come potrebbe giocare meglio le sue carte in campo culturale….Oggi si ha un po’ l’impressione che lo sviluppo passi quasi esclusivamente dai centri commerciali….

M.M.: Ha senza delle carte da giocare sul tavolo della cultura. Non basta tuttavia difendere le tradizioni e le conquiste raggiunte, occorre guardare avanti. In fondo le arterie della comunicazione culturale passano anche per il Ticino. Ed è una buona situazione di partenza.

Diversificando le proposte si possono fare combaciare diverse realtà. Il cantiere aperto è ricco: L’Archivio del Moderno a Mendrisio, il Palace a Lugano, la rifondazione su basi sempre nuove del Festival del film di Locarno, la creazione di una sala di concerti ad Ascona, sono tutti tasselli importanti.

Le possibilità di avere nuovi centri di cultura rappresenteranno una concreta alternativa all’omologazione della cultura dei comportamenti dentro la circolazione delle merci dei centri commerciali.

swissinfo, Françoise Gehring, Mendrisio

7 giugno 1953: nasce a Roma Marco Müller da genitori italo-svizzeri (padre) e italo-brasiliani-greco-egiziani (madre)
Tra il 1982 e il 2000 crea e dirige collane di libri di cinema presso diversi editori
Dal 1978 prende progressivamente forma il suo nuovo profilo di “fabbricante di festival”
Dal 1991 al 2000 dirige il Festival di Locarno
Crea e dirige tra il 1992 e il 2002 la Fondazione Montecinemaverità
Dalla primavera 2002 è presidente di Downtown Pictures (Bologna), nuova casa di produzione
Dal 2004 è il Direttore della Mostra del Cinema di Venezia

Mario Botta lo chiama nel 2001 a tenere il corso di Storia dell’Arte (Storia delle forme cinematografiche) presso l’Accademia d’Architettura dell’Università della Svizzera italiana.

E a partire dall’autunno di quest’anno sarà inaugurato un nuovo importante Istituto che assicurerà – nel quadro dell’arte e dell’industria cinematografica – una formazione in “Production design”, una prima sul Continente europeo.

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