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«La realtà cecena rimane inaccettabile»

Andreas Gross si è recato in Cecenia a cinque riprese. andigross.ch

La Cecenia proclamava unilateralmente l'indipendenza da Mosca 15 anni fa. Per la repubblica caucasica fu l'inizio di un conflitto che dura ancora oggi. swissinfo ne parla con lo svizzero Andreas Gross, relatore speciale per la Cecenia al Consiglio d'Europa.

Il deputato elvetico, di ritorno da un viaggio nella regione, spiega che nonostante alcuni progressi la situazione rimane estremamente difficile.

Il 1. novembre 1991 la Cecenia dichiara unilateralmente l’indipendenza dalla Federazione russa. La mossa non piace al Cremlino – che nella regione ha troppo da perdere – e nel 1994 invia i suoi carri armati. È la prima delle due guerre russo-cecene che faranno della regione del Caucaso una terra di violenza e impunità.

Per seguire e valutare la crisi da vicino, nel 2003 l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nomina Andreas Gross relatore speciale per la Cecenia. Da allora, il deputato socialista si è recato a cinque riprese nella repubblica caucasica.

Lo intervistiamo al rientro dal suo ultimo viaggio di due giorni.

swissinfo: Quali erano le ragioni principali di questa visita?

Andreas Gross: Volevamo valutare se gli oppositori al potere hanno la possibilità di esprimere pubblicamente la loro opinione. Questa è infatti una condizione necessaria per poter organizzare una tavola rotonda a Grozny tra le parti in conflitto. Di tutto ciò discuteremo prossimamente con il Consiglio d’Europa.

In merito al novembre 1991, devo sottolineare che l’analisi del contesto, della potenzialità e della perdita di importanza della dichiarazione unilaterale d’indipendenza è lavoro degli storici. È comunque chiaro che la persecuzione dei russi in Cecenia tra il 1991 e il 1994, la guerra ’94-’96, l’ambiguo armistizio del 1996 e, da ultimo, l’implosione della società cecena negli anni tra le due guerre – periodo in cui sul territorio non vi era alcuno soldato russo – hanno annientato qualsiasi frammento di legittimità di questa dichiarazione univoca. E questo nonostante l’elezione – di notevole qualità – di Maskhadov come presidente.

swissinfo: In quali condizioni vive attualmente il popolo ceceno?

A. G.: La vita è estremamente precaria. Il tasso di disoccupazione varia a seconda delle stime tra il 50 e l’80%. Coloro che hanno un impiego sono poi fortemente dipendenti dalle autorità.

La domanda che ci poniamo è se sia possibile ritagliarsi un’esistenza pur non condividendo le opinioni politiche del primo ministro Ramzan Kadyrov. Personalmente, stimo che il pluralismo e il rispetto per l’altro non siano ancora ben sviluppati.

C’è inoltre un problema di sicurezza. Il mantenimento dell’ordine è stato affidato a truppe cecene private o semistatali, le quali continuano a far ricorso alla tortura per ottenere le informazioni che vogliono.

Il sentimento di impunità rappresenta uno dei grossi traumi per la popolazione. Lo stesso si può dire per le sparizioni illegali. Dall’inizio della prima guerra, sono 6’000 le persone ad essere svanite nel nulla.

swissinfo: Come si è evoluta la situazione dal suo ultimo viaggio, un anno fa?

A. G.: Per la prima volta, abbiamo potuto constatare i risultati della ricostruzione. Grazie ai fondi inviati da Mosca, le autorità cecene hanno provveduto alla riparazione degli edifici e delle strutture disastrate dalla guerra e costruito nuovi appartamenti, piazze e strade. Mi chiedo tuttavia se anche gli oppositori abbiano il diritto di accedere alle nuove abitazioni…

Anche per ciò che concerne i diritti fondamentali sono stati fatti dei passi avanti. Non dobbiamo però dimenticare che in passato gli abusi sono stati talmente numerosi e orribili (assassini, torture, rapimenti) che nonostante i progressi la realtà rimane, ancora oggi, inaccettabile.

Nei primi undici mesi dell’anno sono state segnalate un centinaio di persone scomparse, 50 esplosioni ed una trentina di scontri armati.

swissinfo: Varie organizzazioni hanno denunciato gravi abusi dei diritti umani. Quale è stata la reazione della comunità internazionale e degli organi che difondono i diritti fondamentali?

A. G.: Le grandi organizzazioni non governative sono molto critiche, forse addirittura troppo. I governi e le organizzazioni internazionali al contrario non fanno quasi nulla, ad eccezione del Consiglio d’Europa. Le Nazioni Unite hanno poca voce in capitolo, dal momento che la Russia è un membro permanente del Consiglio di sicurezza.

La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha invece a più riprese condannato Mosca per gravi violazioni.

swissinfo: Come valuta il comportamento della Svizzera nella crisi cecena?

A. G.: La Svizzera non ha una grande influenza a livello politico. È però l’unico paese, assieme alla Danimarca, che ha ricevuto l’autorizzazione di agire sul piano umanitario.

swissinfo: L’assassinio della giornalista russa Anna Politkovskaja e del reporter italiano Antonio Russo hanno dimostrato che indagare sui crimini commessi in Cecenia può essere molto pericoloso. La Russia mostra nel Caucaso il suo volto peggiore?

A. G.: La Cecenia è senza dubbio la ferita che sanguina di più. L’operato russo è tuttavia pervaso da zone d’ombra in diverse regioni del globo.

Il problema risiede nel centralismo e nell’autocrazia dell’autorità russa, che non riesce a mantenere uno sguardo su tutto ciò che succede. Condivido l’ipotesi secondo cui esistano vari centri di potere, come i servizi segreti, che sfuggono al controllo del Cremlino.

Il terrorismo islamico è sicuramente un problema in Cecenia, ma è sbagliato ricondurre tutta la crisi a questa minaccia. Non si devono confondere cause e conseguenze: la causa del conflitto ha radici profonde e lontane, mentre il terrorismo è un sottoprodotto della guerra.

swissinfo: Se il Consiglio d’Europa le chiedesse oggi di presentare una soluzione al conflitto, cosa risponderebbe?

A. G.: Bisogna investire maggiormente nel pluralismo, che è sempre stato la ricchezza culturale dei paesi caucasici. L’idea è di organizzare una tavola rotonda a Grozny per riunire gente che fino a ieri si è sparata addosso, in modo da ricostituire una società più solida.

Come punto di partenza del processo di reintegrazione e di riconciliazione bisogna concordare nell’accettare il progetto di autonomia costituzionale definita nel quadro della Costituzione della Federazione russa. Tutte le parti in conflitto devono essere inoltre pronte a rinunciare alla violanza.

swissinfo, intervista di Luigi Jorio

Andreas Gross, 54 anni, è membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa dal 1995.
Dal 2003 è il relatore speciale per la Cecenia.
In Svizzera rappresenta il partito socialista in Consiglio nazionale (Camera bassa) dal 1991.

La Cecenia è una repubblica autonoma della Federazione russa. La popolazione (circa un milione di persone nel 2002) è principalmente di religione mussulmana sunnita.

L’allora presidente Džokhar Dudayev ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza della Cecenia il 1. novembre 1991 (indipendenza riconosciuta soltanto da Georgia, Bosnia e dalla Repubblica Turca di Cipro del Nord).

Con diversi pretesti – impedire la secessione, difendere gli interessi petroliferi e lottare contro il terrorismo – l’esercito russo ha occupato la Cecenia dando luogo a due guerre: 1994-1996 e 1999-2000 (ma il conflitto dura ancora oggi).

Secondo le stime, i morti in Cecenia dal 1991 sono tra i 200 e i 300mila.

La repubblica è attualmente diretta dal presidente filorusso Alu Alkhanov e dal controverso primo ministro Ramzan Kadyrov.

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