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«La vecchia tradizione xenofoba della Svizzera»

Il 67,8% degli svizzeri ha accettato l'inasprimento della politica d'asilo e il 68% quello della politica degli stranieri Keystone

Per lo storico di sinistra Hans-Ulrich Jost, le votazioni sull'asilo e sugli stranieri hanno fatto emergere una delle costanti della politica svizzera: la xenofobia.

In un’intervista a swissinfo, il professore onorario dell’Università di Losanna spiega come, secondo lui, la tradizione umanitaria del paese valga soltanto quando serve ai propri interessi.

Domenica, il 68% dei cittadini svizzeri ha accettato il doppio giro di vite in materia di legislazione su asilo e stranieri, come auspicato da governo e parlamento.

Queste revisioni di legge – che portano la netta impronta del ministro della giustizia UDC (Unione democratica di centro, destra nazionalista) Christoph Blocher – non hanno diviso il paese in due. Certo, la Svizzera romanda è stata un po’ meno incline ad accettarle (d’altronde è nelle città francofone che si osserva la resistenza maggiore), ma globalmente si può affermare che la Svizzera sembra aver adottato le tesi dell’Udc.

Un risultato che non sorprende lo storico Hans-Ulrich Jost.

swissinfo: L’esito delle votazioni evidenzia che il modo di pensare dell’ala più dura dell’Udc sia oramai dominante in Svizzera?

Hans-Ulrich Jost: L’Udc non fa altro che valorizzare – secondo una moderna strategia di management della politica – la vecchia tradizione xenofoba del paese, combinandola ad alcuni problemi congiunturali quali la globalizzazione, la paura della modernizzazione della società o i problemi legati ai costi della salute.

swissinfo: È dell’idea che la Confederazione abbia una tradizione xenofoba?

H.-U. J.: Per dirla in maniera semplice, nella politica Svizzera sono presenti, dall’inizio del 20esimo secolo, due o tre parametri costanti. Uno di questi è la xenofobia.

Il tutto ha avuto inizio prima della guerra mondiale del ’39-’45, con la questione degli stranieri e, peggio ancora, con l’esclusione di alcune popolazioni. Ne sono un esempio gli Zigani, che un documento dell’amministrazione federale dell’epoca classificava come «piaga».

Da lì via, questa tematica ci ha sempre seguito. È stata periodicamente utilizzata da una o dall’altra fazione della destra o dell’estrema destra e oggi siamo giunti al chiaro verdetto delle urne.

Il velo umanitario dietro il quale ci siamo sempre nascosti si è lacerato.

swissinfo: Ad ogni modo, la tradizione umanitaria della Svizzera è inneggiata da varie parti e i vincitori di queste votazioni assicurano che non è rimessa in causa. Si tratta soltanto di un’illusione?

H.-U. J.: Non un’illusione, anche se bisogna relativizzarla. Persino un importante giornale svizzero tedesco, reputato piuttosto conservatore, ha scritto chiaramente che la nostra tradizione umanitaria vale fino a quando rientra nell’interesse del paese e non intacca troppo il nostro sacro egoismo.

Ciò era già vero all’epoca degli Ugonotti, i rifugiati protestanti venuti dalla Francia. Li avevamo sì accettati nel nostro paese, ma con molte reticenze e invitandoli a ripartire il più rapidamente possibile.

swissinfo: L’Udc ha già annunciato di non volersi fermare e di voler chiedere ulteriori inasprimenti nei confronti degli stranieri. Pensa che questa ondata che Lei chiama xenofobia si amplificherà in futuro?

H.-U. J.: Dura da almeno 100 anni e credo che continuerà. Sembra infatti una mentalità ben ancorata nel paese. E siccome l’Udc cerca sempre i successi elettorali, continuerà ad utilizzare questo terreno fino a quando le consentirà di accaparrarsi nuovi voti.

swissinfo: Anche i paesi limitrofi stanno inasprendo le loro politiche sugli stranieri. Intravede in questo ambito una specificità propria alla Svizzera?

H.-U. J.: No, non c’è alcuna specificità, salvo che siamo molto più ipocriti. In altre parole, tentiamo di mantenere una sorta di discorso di tradizione umanitaria e pretendiamo che il paese non cadrà mai nella voragine della degenerazione morale.

Ma dimentichiamo che ci siamo già caduti. E credo che uno dei parossismi sia stata la nostra politica nei confronti dei rifugiati durante la Seconda guerra mondiale.

swissinfo: intervista di Marc-André Miserez
(traduzione di Luigi Jorio)

Domenica 24 settembre, i cittadini svizzeri si sono pronunciati sulle revisioni delle leggi sull’asilo e sugli stranieri.
Combattute da un doppio referendum della sinistra, queste nuove leggi comportano un netto inasprimento.
Sono state accettate dal 68% dei votanti.

Dottore in storia e in filosofia all’Università di Berna, Hans-Ulrich Jost ha condotto l’essenziale delle sue ricerche a Losanna, dove ha insegnato dal 1981.

L’ufficiale dell’esercito svizzero e pilota di aerei da combattimento ha da sempre manifestato il suo chiaro orientamento a sinistra.

Jost fa parte di quegli storici che hanno tentato di portare la Svizzera ad un’analisi realista del suo passato, in particolare per il periodo della Seconda guerra mondiale.

Ritiratosi da un anno dalla sua cattedra di storia contemporanea all’Università di Losanna, continua a lavorare a progetti di ricerca a livello europeo.

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