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“ll turismo è un atto politico di sostegno alla Tunisia”

Moncef Marzouki è ritornato in gennaio in Tunisia dopo 5 anni di esilio in Francia Keystone

Fra sei mesi, Moncef Marzouki potrebbe diventare il primo presidente democraticamente eletto della Tunisia. Di passaggio a Ginevra, il leader dell'opposizione tunisina chiede alla Svizzera di restituire i fondi del clan Ben Ali e ai turisti elvetici di tornare per sostenere la transizione democratica.

Il 18 gennaio, dopo cinque anni di esilio in Francia, Moncef Marzouki è tornato in Tunisia per consolidare la rivoluzione del gelsomino. Il presidente del Congresso per la Repubblica (CPR) si dichiara candidato alla presidenziale, a patto che il governo di transizione si dimetta e venga creata un’assemblea costituente che permetta l’avvento di un regime semi-presidenziale e l’organizzazione di elezioni libere. Gli islamisti devono poter partecipare al processo democratico. La democrazia diretta svizzera puo’ ispirare la nuova Tunisia. 

swissinfo.ch: Quattro giorni dopo la fuga di Ben Ali ha annunciato di essere candidato alle elezioni presidenziali. Non pensa di essersi precipitato un po’ troppo?

Moncef Marzouki: Quando mi è stato chiesto se ero candidato, ho risposto che prima il popolo deve recuperare la sovranità, l’unica garante di elezioni libere e oneste. Bisogna eleggere un’assemblea costituente che stili una nuova constituzione. L’attuale, la costituzione della dittatura, è uno straccio da buttare via.

Ma il governo di transizione non vuole la costituente e punta alle elezioni sulla base di una non meglio definita legge elettorale. Sono contrario al regime “presidenzialista”. La Tunisia ha bisogno di un regime semi-presidenziale e semi-parlamentare, con poteri ridotti per il presidente e un equilibrio fra legislativo ed esecutivo. Se ci obbligano ad andare a combattere ci andremo, ma nell’ottica di un rimodellamento.

swissinfo.ch: Il popolo la segue nelle sue rivendicazioni ?

M.M.: Certo ! La gente non vuole un primo ministro nominato da Ben Ali, ma una costituente e una vera rivoluzione. Questo governo non sa dove va. Nomina ministri dell’RCD [Raccoglimento costituzionale democratico, il partito di Ben Ali], poi li manda via sotto la pressione popolare. In nessun paese si sono mai visti esponenti della dittatura portare avanti un processo democratico, è un’aberrazione. La Tunisia è piena di uomini e donne capaci di formare un governo di transizione in cui il popolo si riconosca.

La Tunisia è una barca alla deriva. Il principale problema attuale è l’instabilita’ politica. Se non troviamo stabilità entro sei mesi, sono a rischio gli investimenti e il turismo

swissinfo.ch: Il sistema svizzero di democrazia diretta puo’ ispirare la primavera tunisina?

M.M.: Assolutamente sì’. Come in tutte le rivoluzioni, c’è un grandissimo fermento. La democrazia formale, con presidente, governo e parlamento non basta. Bisogna affiancarla con la democrazia sociale, riconoscere i comitati di protezione della rivoluzione che sono i laboratori di una democrazia terra a terra, partecipativa e diretta. Abbiamo molto da imparare dalla Svizzera, dobbiamo solo trovare la formula giusta.

swissinfo.ch: Ha sempre difeso l’idea di aprire lo spazio democratico agli islamisti. I fondamentalisti di oggi sono gli stessi dell’11 settembre di dieci anni fa?

M.M.: La visione occidentale degli islamisti è fantasmagorica, ingenua e stereotipata. Non c’è una sola forma di islamismo, lo spettro spazia dai terroristi ai conservatori moderati. Cosa hanno in comune Erdogan e i Talibani? E’ come confondere Berlinguer e Pol Pot, pure ambedue comunisti. Ci sono islamo-democratici nei parlamenti del Koweit, Giordania, Marocco e Algeria. Il fenomeno è dinamico e osmotico: alcuni islamisti diventano democratici e vice versa.

swissinfo.ch: Gli islamisti tunisini possono vincere le elezioni ?

M.M.: Il movimenti islamista Ennadha non presenta candidati alle elezioni presidenziali, ma parteciperà forse alle legislative. Non sappiamo quale è la vera geografia politica della Tunisia e solo le elezioni potranno dirlo. E se dovessero vincere, non bisogna mettere il paese a ferro e a fuoco come in Algeria, ma lasciarli governare. Ma se non rispettano il quadro democratico, noi laici passeremo immediatamente all’attacco.

swissinfo.ch: Cosa puo’ fare l’Occidente per appoggiare la rivoluzione tunisina?

M.M.: L’Occidente ha mancato tante di quelle cose…. Sono venuto in Svizzera per chiedervi di restituirci i soldi di Ben Ali – si parla di un miliardo di franchi. Congelarli non basta, bisogna consegnarli allo Stato tunisino, anche al governo attuale. Sono molto premunito nei confronti di chi ci governa, ma non penso che siano dei corrotti. Però bisogna agire subito: a Sidi Bouzid, la gente fruga nella spazzatura per mangiare.

E poi, i turisti devono tornare. Dopo l’eco-turismo, oggi ci vuole un “democrato-turismo.” Invito gli Svizzeri ad andare in vacanza in Tunisia. E’ un atto politico per sostenere un popolo che si è battutto valorosamente.

Il 14 gennaio, data della fuga di Zine el Abidine Ben Ali dalla Tunisia, marca il trionfo della rivoluzione del gelsomino, iniziata un mese prima con l’immolazione di Mohammed Bouazizi, un ambulante di Sidi Bouzid.

La Tunisia non è mai stata un paese democratico: Bourguiba, il «padre dell’indipendenza», ha governato con un pugno di ferro dal 1956 al 1987, prima di essere deposto con un «golpe medico» dal generale Ben Ali.

Attualmente, un governo di transizione guidato da Mohammed Ghannouchi, ex primo ministro di Ben Ali, e composto soprattutto da tecnocrati, cerca di guidare il paese verso elezioni parlamentari e presidenziali previste fra sei mesi.

Ma manifestazioni ricorrenti ne chiedono le dimissioni. La transizione democratica è ancora molto fragile e il gelsomino ha bisogno di molte cure per non appassire.

Neurologo di formazione, Moncef Marzouki ha fondato e presiede dal 2001 il Congresso per la Repubblica (CPR), un partito di opposizione vietato sotto Ben Ali.

Militante pluridecennale dei diritti umani, è stato presidente della Lega tunisina dei diritti umani, membro di Amnesty International e portavoce del Congresso nazionale per le libertà in Tunisia.

Nel 1984, osa sfidare Ben Ali presentandosi alle elezioni presidenziali, ma sarà incarcerato e privato di passaporto.

Nel 2006 si esilia in Francia, da cui torna il 18 gennaio 2011.

Pur dichiarandosi assolutamente laico, Marzouki ha sempre difeso l’idea che gli islamisti devono poter partecipare al gioco democratico.

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