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Gli effetti della guerra sull’essere umano

Saskia Rosendahl, 18 anni, interpreta la giovane Lore. looknow.ch

Primo pugno nello stomaco dopo due giorni di Festival del film di Locarno: "Lore", un road-movie tragico durante il crepuscolo del Terzo Reich. Presentato fuori concorso in prima europea, ha tutto per essere un grande film. Con un’attrice giovane, ma già straordinaria.

Fine aprile 1945, Foresta Nera in Germania. La guerra è persa. Adolf Hitler ha soltanto poche ore da vivere. In fuga dall’avanzata degli americani, una famiglia di alti esponenti nazisti si rifugia in una casa isolata. Il loro mondo sta crollando anche se, all’interno, i genitori sono già completamente distrutti. Spariscono così in fretta: lui per proseguire una lotta ormai persa, lei per consegnarsi prima di essere presa.

Lore, 15 anni, si ritrova a capo della famiglia. Con lei una sorella e tre fratellini, tra cui un bebè affamato. L’unica possibilità: partire. Questi bambini nutriti di propaganda nazista sin dai tempi del biberon scoprono improvvisamente i disastri della guerra in tutto il loro lugubre orrore. E provano cosa significa vivere allo stato selvaggio a cui è ridotto l’essere umano.

Ma in questo mondo in cenere, senza legge se non quella della giungla, un giovane può aiutarli. Perché porta una stella di Davide di tela gialla e perché gli americani proteggono i sopravvissuti dei campi della morte.

Essere salvati da un ebreo… Lore non può affatto concepirlo. E i manifesti che mostrano le fosse comuni di Buchenwald, di Dachau e di Auschwitz, affissi ovunque dagli occupanti, non possono affatto essere veri…

Una storia tristemente universale

Di pellicole sulla memoria, la Germania – paese esemplare in materia – ne ha prodotte parecchie. Ma Lore ha la particolarità di proporre il punto di vista dei bambini. «Ho voluto mostrare come una ragazzina di 15 anni scopre brutalmente che tutta la struttura della società era sbagliata. Disumanizzava le persone e annientava l’empatia», spiega la regista Cate Shortland.

Ma in che modo un’australiana si è avvicinata a questa storia tedesca? «La famiglia di mio marito è fuggita dalla Germania nel 1936. Ho studiato il fascismo all’università e mi sono diplomata in storia. Mio padre era appassionato di storia militare». Più precisamente, è nel romanzo della britannica Rachel Seiffert The Dark Room (La camera oscura), premiato due volte, che incontra Lore.

Il progetto avrà bisogno di sette anni per costruirsi, con fondi tedeschi, australiani e britannici. Non si tratta in effetti di una storia esclusivamente tedesca. «Ho vissuto in Africa del Sud, dopo l’apartheid. Anche l’Australia ha la sua serie di atrocità coloniali. La questione di sapere cosa significa essere un carnefice non concerne soltanto la Germania», rammenta Cate Shortland.

Anche per la giovane attrice Saskia Rosendahl, quella della Seconda guerra mondiale è una storia nota. «Se ne parla molto a scuola, secondo diverse prospettive. E il tema è sempre di attualità. Ci sono dei neonazisti e non solo in Germania», spiega l’attrice prodigio, che a soli 18 anni ha segnato il suo primo grande ruolo cinematografico con una performance sbalorditiva.

Pure gli altri stupiscono per la loro credibilità. «Abbiamo una drammaturga fantastica che ha insegnato loro altri modi di comportarsi e di parlare, usuali a quell’epoca in cui il rapporto con i genitori era così diverso. Ci sono comunque stati anche momenti di distensione: sono bambini e abbiamo riso parecchio durante le riprese», ricorda la regista.

Sullo schermo, comunque, questo non si nota. La fotografia è eccezionale, con un contrasto costante tra l’indolenza umana e la serenità della natura.

«Puzzi di morte, piccola mia…»

Lore e la sua famiglia devono percorrere centinaia di chilometri per giungere dalla nonna ad Amburgo. Sempre più sporchi, straccioni, affamati e con un bebè che piange in continuazione, avanzano sofferenti lungo i sentieri nella foresta, sui quali errano, come fantasmi, i rifugiati che il conflitto ha buttato in strada. Ci sono poi anche le forze occupanti e uno dei bambini cade sotto i colpi di un soldato russo dal grilletto facile.

In questo mondo dove nessuno è più quello che sembrava essere, i bambini si attaccano rapidamente al loro protettore. Lore, invece, è piuttosto turbata da questo bel giovane. D’altronde, neppure lui è ciò che sembra.

E quando a Lore non resta che offrire il suo corpo per pagare una traversata del fiume in barca, viene respinta dall’uomo che pareva pronto ad approfittarne: «Puzzi di morte, piccola mia…».

Alla fine, la fratria troverà un rifugio. Ma non la pace. Nel momento in cui la sorellina inizia a rivivere grazie ai nuovi ritmi diffusi dalla radio degli americani, Lore crolla, abbattuta dagli orrori che ha appena attraversato. Scaglia per terra le sue porcellane disposte con ordine sul cassettone. E con stizza schiaccia la sua infanzia infranta.

Come quella di tutta la sua generazione.

Tre altri film delle 37 pellicole proiettate giovedì a Locarno.

Jack and Diane: I cupi turbamenti di due giovani ragazze omosessuali un po’ smarrite. Non è un “teen movie”, ma neppure un capolavoro. Tetro, confuso e stranamente ricco di scene oniriche in cui palpita una creatura appiccicosa uscita direttamente da La Mosca di Cronenberg. Un film che intende illustrare le mutazioni dell’adolescenza.

Di Bradley Rust Gray, Stati Uniti, 2011, 106’. Concorso internazionale.

Compliance: Un agente di polizia chiama la gerente di un fast food. Una cliente accusa una delle sue cassiere di averla derubata. Siccome non può muoversi subito, fornisce le sue istruzioni per telefono. Interrogatorio, perquisizioni, … le domande si fanno sempre più precise e scabrose. Ma tutti obbediscono. Una suspense alla Hitchcock perfettamente riuscita che illustra il potere di persuasione dei bravi oratori e la servilità di chi li ascolta.

Di Craig Zobel, Stati Uniti, 2012, 90’. Concorso internazionale.

Orléans: Due prostitute e una pulzella. Una coppia di spogliarelliste del cabaret d’Orléans scopre la Festa di Giovanna d’Arco e si lega con la rispettabile ragazza che incarna la santa pulzella nella processione. Interessante nel contesto di uno “shock tra due mondi”, il film è però narrativamente lento e appesantito da un eccessivo simbolismo religioso.

Di Virgil Vernier, Francia, 2012, 60′. Cineasti del Presente.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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