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“Lothar ha reso il bosco più forte”

In qualche ora, Lothar ha distrutto in Svizzera 10 milioni di alberi, come nella foto in una foresta nel canton Zurigo Keystone

Dieci anni fa, Lothar si abbatté con inaudita violenza sull’Europa occidentale e centrale. Secondo la guardia forestale Jakob Zaugg, l’uragano si è rivelato anche un’opportunità per il bosco.

“Gli alberi sradicati venivano scagliati nell’aria come fossero frecce e ricadevano al suolo a ottanta metri di distanza; prima di allora, non avevo mai visto nulla di simile”, ricorda Jakob Zaugg.

Guardia forestale di lunga data e tagliaboschi indipendente dal 2001, Zaugg ha partecipato anche come vigile del fuoco ai lavori di sgombero avviati dopo il passaggio dell’uragano.

Nella memoria di questo 53enne padre di tre bambini è ancora impressa l’immagine di una tegola scaraventata dalla furia degli elementi sul cuscino di una culla fortunatamente vuota.

“È un miracolo che il numero delle vittime non sia stato più alto”. In Svizzera, si sono contati 14 morti, mentre altre 15 persone hanno perso la vita durante i lavori di sgombero.

Un taglio netto con il passato per la silvicoltura

“Grazie a Lothar, le specie di alberi eliofile hanno ricevuto una nuova opportunità. In questo senso, l’uragano ha consentito al bosco di rafforzarsi”, spiega Zaugg. Inoltre, il fitto sottobosco si presta come nascondiglio per gli animali selvatici nonché come ‘dispensa di cibo’ per cervi e caprioli.

Lothar, insomma, ha segnato una specie di taglio netto nella politica silvicolturale. Sebbene ancor prima dell’uragano l’Ufficio federale dell’ambiente auspicasse una maggiore diffusione del bosco misto, la maggior parte dei proprietari forestali coltivava quasi esclusivamente l’abete rosso per una questione di profitti: la specie più gettonata, infatti, cresce in fretta e fornisce un’elevata percentuale di legno di alta qualità.

Con l’arrivo di Lothar, la politica di promozione del bosco misto voluta dalla Confederazione si è imposta nel giro di poche ore. Secondo Zaugg, “l’uragano ha favorito una mentalità aperta e la disponibilità delle aziende forestali a collaborare”.

In seguito al drastico crollo dei prezzi del legno causato da Lothar e delle attività di raccolta intensiva di questa materia prima, tali aziende hanno unito le loro forze dando vita a comunità aziendali. L’uragano ha altresì contribuito alla tecnologizzazione della silvicoltura.

Il risultato è presto detto: il numero di aziende forestali è diminuito, mentre quello delle imprese private attive nel taglio del legno a macchina è esploso. E poiché è risaputo che un’impresa deve rendere, è lecito chiedersi se oggi, per trarre profitto dal settore del legno, queste ultime possano ancora operare nel rispetto delle disposizioni vigenti. Al riguardo, Zaugg ci segnala diplomaticamente che “ci muoviamo in una zona grigia”. Gli addetti ai lavori sanno esattamente quali sono le pecore nere. “Tutto dipende dal proprietario del bosco e dalla guardia forestale.”

La silvicoltura, un affare in perdita

Se fino all’emanazione della prima legge federale forestale nel 1876 i boschi svizzeri venivano letteralmente saccheggiati essendo il legno una fonte di reddito di vitale importanza, dagli anni 1960 e 1970 la silvicoltura è diventata un’attività che non copre nemmeno più i costi di produzione.

Questo è uno dei motivi per cui le scorte di legno svizzere, pari a 345 m3 per ettaro, sono tra le più alte d’Europa. “Tali scorte vanno assolutamente ridotte; il bosco è troppo vecchio”. Nelle foreste, la legna che giace a terra è troppa. Senza dimenticare, aggiunge Zaugg, che negli ultimi 10 anni gli inverni miti dovuti ai riscaldamento climatico le hanno fatte crescere a ritmo visibilmente più sostenuto.

Una decisione dibattuta

Negli ultimi decenni, il sostegno finanziario della Confederazione alla silvicoltura è sensibilmente cambiato. Basti pensare che, attorno agli anni 1980, quando la moria dei boschi e l’infestazione da bostrico erano balzati agli onori delle cronache, Confederazioni e Cantoni elargivano sussidi a piene mani e in modo poco mirato.

Lo stesso è accaduto anche nel 1990 dopo l’uragano Vivian. Da allora, la Confederazione ha cambiato rotta e posto l’accento sulla protezione dell’ambiente.

Dopo Lothar, il Consiglio federale ha fissato tre priorità per la concessione di sussidi e segnatamente: boschi di protezione danneggiati, boschi con un patrimonio arboreo notevole, boschi sfruttati. “Questa decisione ha innescato uno scontro politico e grandi dibattiti in seno al servizio forestale”, rivela Zaugg. In quel periodo, si trattava soprattutto di valutare il lavoro fatto dalla guardia forestale. Zaugg stesso ha coltivato per 15 anni un bosco che da un giorno all’altro è finito… al macero. “Quanto accaduto mi ha fatto molto riflettere.”

Il bosco dell’Altipiano sotto pressione

Nel bosco si scontrano interessi diversi: protezione della natura, industria del legno e spazio ricreativo. Mentre nella regione alpina il bosco sta via via conquistando terreno, nell’Altipiano svizzero è sempre più sotto assedio. “La causa va ricercata anche nel crescente fabbisogno di terreno edificabile”, ammonisce Zaugg. Oggi la superficie boschiva sacrificata per far posto a edifici è in costante crescita. “Vent’anni fa, un simile scenario sarebbe stato impensabile.”

“È importante che la struttura del bosco come paesaggio culturale, spazio ricreativo e barriera di protezione sia mantenuto, anche nelle regioni discoste”, prosegue la guardia forestale. “Inoltre, dato che in futuro a causa del riscaldamento climatico tempeste e uragani diventeranno sempre più frequenti, i boschi misti rivestono un ruolo fondamentale”.

A questo proposito, Zaugg illustra le sfide con le quali sono confrontate le guardie forestali: ad esempio, spetta a loro “regolare la luce” o ancora decidere, a dipendenza dell’esposizione al sole di un pendio, dove e quando abbattere quali “concorrenti”, affinché in un altro posto possa crescere un albero forte dal legno di elevata qualità.

“In nessun altro luogo il dinamismo della natura segue così bene il ritmo delle stagioni come nel bosco”, sottolinea Zaugg. Basti pensare “ai colori, ai fiori e ai cinguettii degli uccelli in primavera, alla calma e alla meditazione in estate, al fruscio delle foglie calpestate in autunno e alla raccolta del legno coltivato durante l’anno in inverno.”

Corinne Buchser, Spiez, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)

Nel 1999, l’arrivo sul mercato di grandi quantità di legno in un breve lasso di tempo dovuto al passaggio di Lothar, ha fatto crollare i prezzi di questa materia prima.
Nel volgere di una sola notte, scrive l’Ufficio federale dell’ambiente, il legname tondo da sega ha perso un terzo del suo valore, tanto per citare un esempio. I prezzi hanno cominciato a riprendersi solo nel 2005.
Confederazione e Cantoni sostengono finanziariamente la creazione di boschi misti stabili e mirano a porre sotto protezione il 10 per cento delle foreste svizzere entro il 2030.
L’industria svizzera del legno non vede di buon occhio questo intento, in quanto ritiene che il Paese debba profilarsi come leader nell’impiego di legno nel settore delle costruzioni e non come riserva forestale.

I meteorologi hanno riconosciuto le dimensioni dell’uragano solo poche ore prima che si abbattesse sul Paese.
Sulla scorta delle precedenti esperienze in tema di uragani così come della piena dell’agosto 2005, l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) ha messo a punto il Manuale relativo ai danni da tempesta. Inoltre, è stata costituita una task-force nazionale incaricata di ottimizzare i preparativi in vista di futuri eventi dannosi.
Parallelamente, la Confederazione ha avviato “Owarna” che consente all’UFAM, in collaborazione con Meteo Svizzera e la Centrale nazionale di allarme, di migliorare l’allerta della popolazione in caso di importanti catastrofi naturali.

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