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“Qui non entra e non esce nessuno”

La pazienza dei camionisti che solcano il Gottardo ha dei limiti Keystone Archive

Al valico doganale di Chiasso Brogeda il malessere fra i camionisti è palpabile. Un sopralluogo alla vigilia della protesta.

“Non facciamo passare più nessuno per ore e poi vedremo se non si cambia rotta”, afferma deciso un camionista veneto, uscendo di corsa dagli uffici della dogana di Chiasso con dei formulari in mano. Non vuole dire di più sulle azioni di protesta previste per mercoledì. Ma il messaggio è chiaro: il blocco del traffico nord sud al confine tra Italia e Svizzera è sintomo dell’esasperazione degli autotrasportatori.

Se i camionisti sono infuriati, il personale di frontiera tace. La protesta delle organizzazioni di categoria italiane non tocca direttamente i lavori di sdoganamento, ma la tensione è palpabile. “Ufficialmente – ci dicono a Chiasso Brogeda – non sappiamo niente di queste manifestazioni, stiamo ad aspettare: nessuna direttiva, nessuna misura preparatoria”.

Altro non dicono, i responsabili delle dogane elvetiche che sono tenuti al silenzio. Per evitare l’imbarazzo, un responsabile ci fa vedere la lunga sala dove si sbrigano le pratiche di transito. Ai due lati, decine di impiegati dietro ad altrettanti sportelli aspettano i camionisti per le formalità di transito.

La dogana non porta pena, sembra voglia dire: “Qui noi funzioniamo”, abbiamo aperto nuovi sportelli per soddisfare l’aumentato transito. “Il compito delle dogane è di sbrigare le pratiche velocemente. Qui nessuno aspetta più di dieci minuti e altrettanto durano le formalità per le merci in transito”. Il malessere non è legato al confine, si trova a monte.

L’attesa sulle rampe d’accesso

I camionisti si dimostrano comprensivi per le difficoltà e sono coscienti dei problemi della sicurezza del Gottardo, ma ritengono che la pazienza abbia dei limiti e che le autorità elvetiche abbiano esagerato. Le nuove misure di sicurezza applicate all’accesso del Gottardo sono dure da digerire.

Il nuovo sistema di transito alternato permette di far passare più camion attraverso il passo, ma l’intervallo è aumentato a quattro ore. Fra un cambio di direzione e l’altro i camionisti devono parcheggiare diligentemente sulla corsia d’emergenza. Le colonne, martedì, erano di parecchi chilometri.

Le ore sulle rampe d’accesso pesano: “Siamo partiti alle otto di mattina da Basilea, adesso sono le quattro del pomeriggio e siamo solo qui. A Verona mi aspetta il mio capo per scaricare: non è possibile continuare così”.

“A che serve aspettare tanto? Io passo quotidianamente sotto il tunnel e ogni volta devo aspettare di più”, riafferma un trasportatore di prodotti ortofrutticoli che ha premura per la sua merce.

Un altro camionista descrive così la sosta forzata sul versante nord: “Non è dignitoso. Cosa possiamo fare lì, in mezzo alla strada per tanto tempo?”. “È un affronto alla libertà di movimento”.

Evitare il Gottardo?

“Un’altra strada? E quale?”, afferma un camionista alsaziano guardando il microfono. E infatti cercare un’altra strada per evitare il Gottardo non è facile: “Il Monte Bianco è ancora chiuso e il Brennero ha gli eco-punti che ti fregano”. È meglio dunque aspettare alcune ore sulla Via delle genti, pagando 400 franchi di tassa che fare una strada più lunga che costa ancora di più.

Il treno non sembra essere un’alternativa per un camionista romano: “Quelli c’hanno ancora la mentalità del 1903. È ‘mo che i profili dei camion sono più di quattro metri e gli svizzeri non si sono adeguati: non ci stanno i nostri mezzi”. L’accusa ai profili insufficienti dei tunnel della tratta Sempione-Lötschberg è giusta: i bisonti da quaranta tonnellate non trovano posto sull’autostrada viaggiante.

Ma in genere il tema traffico combinato non sembra essere vicino agli autotrasportatori. Molti a Brogeda rispondono, come un autista portoghese che taglia corto: “Io devo lavorare, non ho tempo per il treno”.

Le risposte dalla protesta

Fra le persone incontrate a Brogeda sono ben pochi quelli che credono nell’utilità dell’azione di protesta. “Certo si parlerà dei nostri problemi – sostiene un olandese – ma non basterà a far cambiare idea agli svizzeri”.

Un pugliese riafferma: “È incredibile quello che sta succedendo su queste strade. Non sappiamo più come fare: ci sono le consegne, il lavoro… ci stanno mettendo con le spalle al muro”.

Per il camionista alsaziano basterebbe tornare ai tempi in cui vigeva il limite di 28 tonnellate per valicare i passi elvetici. Poi specifica: “È vero che è stata l’Europa a volerli, ma secondo me è l’unica possibilità di limitare il traffico”.

Sconsolato, uno conclude rimettendosi il berretto: “O lo sopportiamo o lo sopportiamo: è questa la scelta”.

Daniele Papacella

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