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«Un accordo molto professionale e non demagogico»

Keystone

L'intesa «favorevole» sulla vicenda UBS non apre la tanto temuta breccia nel segreto bancario elvetico: è l'opinione dell'economista Cédric Tille, ex collaboratore della Federal Reserve e professore all'Istituto di studi internazionali di Ginevra.

L’accordo extragiudiziale firmato mercoledì tra Svizzera e Stati Uniti inerente al contenzioso fiscale riguardante UBS prevede che la banca fornisca alle autorità fiscali statunitensi i dati di 4’450 clienti; in cambio, l’istituto elvetico non dovrà pagare alcuna multa.

swissinfo: Come valuta questo accordo?

Cédric Tille: Si tratta di un’intesa che evita lo scontro tra Svizzera e Stati Uniti, e di conseguenza lo ritengo favorevole. È molto positivo constatare che i due paesi hanno potuto raggiungere un accordo che ha permesso di evitare il processo.

Per la Confederazione, l’accordo è soddisfacente poiché sarà impiegato il diritto svizzero. La convenzione [di doppia imposizione] già esistente non ha bisogno di essere modificata nei punti essenziali. Le richieste d’informazioni avverranno tramite la procedura amministrativa, mantenendo il diritto di ricorso presso il tribunale amministrativo. In altre parole: la Svizzera non ha dovuto piegarsi alla legge americana violando la propria legislazione.

Anche l’assenza di una multa è un aspetto positivo, considerando la difficile situazione [finanziaria] di UBS. Il numero di clienti interessati – 4’450 – è comunque elevato. In ogni caso, la nuova procedura e l’esistenza di elementi concreti che giustificano la comunicazione dei dati evitano una sorta di «fishing expedition» [caccia su larga scala ai potenziali evasori].

swissinfo: Vi sono punti problematici nell’accordo?

C.T.: Non direi. Durante tutto il processo negoziale, in questi ultimi mesi, vi sono stati momenti di tensione: ciononostante, gli statunitensi non hanno cercato di danneggiare UBS per il semplice piacere di farlo. Si è dunque trattato di un accordo molto professionale e per nulla demagogico.

swissinfo: Gli Stati Uniti hanno domandato che i criteri per definire le infrazioni commesse dai 4’450 soggetti non siano resi pubblici prima di 90 giorni. Perché?

C.T.: Il termine per l’autodenuncia [da parte di chi ha frodato il fisco americano] non è ancora scaduto; le autorità preferiscono dunque mantenere l’incertezza, in modo tale da spingere il maggior numero possibile di evasori ad annunciarsi, compresi quelli che non rientrerebbero nell’accordo.

swissinfo: Si può affermare che UBS si è lasciata alle spalle i problemi negli Stati Uniti?

C.T.: Lo spero. La lezione è stata imparata dolorosamente. In ogni caso, quanto successo non sarebbe dovuto accadere, poiché UBS si è spinta oltre i limiti. In futuro, i clienti americani potranno difficilmente beneficiare di tali proposte di gestione offshore.

La risoluzione della controversia mediante un accordo extragiudiziale toglie una grande spada di Damocle dalle prospettive per UBS negli Stati Uniti. Va infatti ricordato che alcune settimane or sono le autorità statunitensi avevano persino evocato la possibilità di prendere il controllo delle attività americane della banca.

Un altro aspetto interessante è il fatto che parecchi istituti stanno abbandonando la gestione offshore dei conti statunitensi, visto l’onere amministrativo reso necessario dal fisco americano. Ciò significa che questo settore d’attività non è così essenziale.

swissinfo: Questo accordo preserva il segreto bancario svizzero?

C.T.: Sì; l’aspetto essenziale consiste nel fatto che la procedura avverrà conformemente alla legislazione elvetica, mantenendo il diritto di ricorso. L’iter è stato leggermente accelerato – una richiesta a mio parere legittima da parte americana – senza tuttavia violare la convenzione sulla doppia imposizione.

swissinfo: Non vi è il rischio che paesi come la Germania o la Francia approfittino di questa situazione?

C.T.: Gli Stati Uniti non hanno aperto una breccia. Se avessero ottenuto una sospensione del diritto svizzero, per esempio l’annullamento del diritto di ricorso, altri paesi ne avrebbero chiaramente approfittato.

Nella situazione attuale, invece, gli aspetti essenziali dal punto di vista delle istituzioni giuridiche svizzere sono stati tutelati. Di conseguenza, il margine d’azione è piuttosto limitato. Ovviamente le pressioni continueranno, ma questi paesi non potranno avvalersi di un’eccezione concessa agli Stati Uniti per invocare il medesimo trattamento. La pressione resterà dunque gestibile.

swissinfo: Il governo svizzero era veramente costretto a impegnarsi fino a questo punto nella vicenda di UBS in America?

C.T.: Sì, poiché la dimensione di UBS gli impediva di correre il rischio che la banca fallisse. L’istituto ha infatti un ruolo fondamentale nel mercato interno. Proprio per questo motivo, ci troviamo di fronte a un accordo concluso tra governi. UBS farà ciò che le si dice di fare, poiché i negoziati si sono svolti tra due Stati.

La taglia dei due giganti del settore bancario elvetico [UBS e Credit Suisse], i quali rappresentano quasi un terzo del mercato interno, sarà d’altronde il problema strutturale che la Svizzera dovrà affrontare nel corso dei prossimi anni.

Infatti, anche senza comportamenti illegali, questi istituti potrebbero avere dei rendimenti insufficienti e delle perdite in determinati settori: ciò costituisce un enorme pericolo sistemico. Quanto accaduto rammenta ancora una volta il rischio costituito da un sistema dominato da due soli attori.

swissinfo: Qual è la lezione principale che deve essere tratta dalla vicenda di UBS negli Stati Uniti?

C.T.: Non si deve mai dimenticare la regola d’oro: qualsiasi cosa facciate, non provocate gli americani. L’Uncle Sam alla fine reagisce sempre, e quando lo fa sono dolori.

Si pone inoltre un altro interrogativo: come è possibile che nella maggiore banca svizzera si sia agito così, senza un intervento della direzione? Non è necessario essere dei luminari del diritto per rendersi conto che quando si arriva al punto di utilizzare nomi in codice, qualcosa non quadra.

swissinfo: Il partito socialista svizzero ha sporto una denuncia penale contro Marcel Ospel e Peter Kurer, i due ex dirigenti della banca. Una scelta giustificata, a suo parere?

C.T.: Anche se questa iniziativa ha infastidito parecchie persone, io la giudico piuttosto positiva. Non sono socialista, ma lo Stato di diritto deve funzionare.

Spetterà al tribunale l’incombenza di determinare se i dirigenti di UBS erano al corrente dei comportamenti illeciti, anche se il contrario mi stupirebbe, visto la diffusione di queste pratiche. E se così non fosse, sarebbe ancora più inquietante: significherebbe che questa grande banca era un battello alla deriva in cui il capitano non sapeva cosa faceva una parte dell’equipaggio.

È dunque necessario far luce su quanto accaduto, indipendentemente dalla modalità – denuncia penale o commissione parlamentare. Si deve insomma evitare di tornare, una volta passata la tempesta, al “business as usual”.

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

Svizzera e Stati Uniti hanno firmato mercoledì l’accordo extragiudiziale raggiunto nel contenzioso fiscale riguardante UBS. La banca fornirà alle autorità fiscali statunitensi i nomi di 4’450 clienti. In compenso non dovrà pagare alcuna multa.

In base all’accordo firmato a Washington ed entrato immediatamente in vigore, gli USA rinunciano ad adottare misure unilaterali volte all’acquisizione di informazioni in violazione dell’ordinamento giuridico e della sovranità della Svizzera, indica un comunicato dell’Amministrazione federale.

Concretamente, gli Stati Uniti s’impegnano a ritirare l’istanza d’esecuzione pendente davanti al tribunale competente di Miami nel procedimento civile a carico di UBS. Inoltre, non presenteranno altre istanze analoghe.

19 giugno 2009: Berna e Washington siglano un accordo di doppia imposizione riveduto, i cui contenuti non vengono resi noti.

30 giugno 2009: Il dipartimento di giustizia americano comunica che intende mantenere la causa giudiziaria contro l’UBS e insiste con la richiesta dei nominativi di 52’000 conti.

8 luglio 2009: L’UBS ribadisce al fisco americano che non può fornire i nominativi di 52’000 conti senza violare il diritto svizzero. Il governo svizzero riferisce che impedirà alla banca di comunicare tali informazioni.

13 luglio 2009: In base all’impegno delle parti – governo USA, governo svizzero e UBS – di trovare un accordo extragiudiziale, il giudice di Miami Alan Gold rinvia l’apertura del processo al 3 agosto.

31 luglio: Annuncio di un accordo di principio fra Svizzera e Stati Uniti, i cui dettagli devono ancora essere perfezionali. Il processo è rinviato al 10 agosto e poi di nuovo al 17.

19 agosto 2009: Stati Uniti e Svizzera firmano l’accordo definitivo. Berna trasmetterà entro un anno i dati relativi a 4’450 conti dell’UBS. Washington rinuncia a misure unilaterali per ottenere informazioni.

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