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2009 – Media in crisi

3 novembre 2009: fotografi e giornalisti di Le Matin protestano a Losanna contro i licenziamenti annunciati da Edipresse Keystone

Smantellite, ristrutturite, risparmite: sono le malattie che hanno colpito giornali, radio e tv. Per tutti l'obiettivo è fare di meglio con meno. Soprattutto con meno giornalisti.

Che tirasse un’aria pessima si era capito già alla fine del 2008. Nella Svizzera francese, Edipresse aveva indicato di voler smantellare 50 posti di lavoro per far fronte alla recessione e al crollo delle entrate pubblicitarie. Quello che è venuto dopo è stato un vero e proprio stillicidio: 15 posti di qui, 22 di lì, fino ad arrivare, in sei mesi, ad un totale di 350 posti di lavoro cancellati nel solo settore della carta stampata.

Una cifra mai vista prima, cresciuta ancora nella seconda metà dell’anno, con l’annuncio della soppressione di altri 100 posti da parte di Edipresse (nel frattempo rilevata da Tamedia, l’editrice del Tages Anzeiger).

Anche l’Agenzia telegrafica svizzera è costretta a fare i conti con i piani di risparmio degli editori e annuncia in novembre due milioni di budget e 13 posti di lavoro in meno.

Dalle parti dei media elettronici, le cose non vanno molto meglio. La Società svizzera di radiotelevisione (SRG SSR idée suisse) afferma che le mancano 54 milioni di franchi per far fronte al mandato di servizio pubblico che le è affidato. Per il momento non sono stati annunciati tagli negli effettivi, ma la pressione dei progetti di ottimizzazione delle risorse e di convergenza dei media si fa sentire. Per quanto riguarda la convergenza, molti giornalisti parlano di «trimedializzazione», perché si chiede loro di fornire contributi utilizzabili per tre mezzi di comunicazione diversi: la televisione, la radio e internet.

Epicentro: Zurigo

La crisi che ha investito i media svizzeri – in particolare i giornali – non è un fenomeno nuovo a livello internazionale. Dall’America all’Europa ci si interroga su come far fronte alla concorrenza di internet, alla perdita di lettori e al calo degli introiti pubblicitari. Nelle loro dichiarazioni d’intenti, gli editori parlano di riscoperta del giornalismo di qualità, ovvero di più approfondimenti e meno omologazione dei contenuti.

Per i sindacati, si tratta solo di belle parole. Investimenti concreti in favore della qualità se ne sono visti pochi. In autunno, Neue Zürcher Zeitung (NZZ), Tages Anzeiger e Blick si sono presentati in edicola con una nuova veste grafica. Un’operazione dal retrogusto amaro soprattutto per i collaboratori del Tages Anzeiger, testata che qualche mese prima aveva tagliato un quarto della redazione (50 posti di lavoro).

Le decisioni di Tamedia, l’editrice del Tages Anzeiger, hanno in un modo o nell’altro interessato il resto della Svizzera. Tamedia è proprietaria anche del quotidiano bernese Der Bund (che condivide una parte dei contenuti col Tages Anzeiger), dove sono stati cancellati 14 posti di lavoro. E, sempre nel 2009, l’editore zurighese ha acquistato la rivale Edipresse, che controlla buona parte dei giornali della Svizzera francese. Anche in questo caso, l’operazione è collegata ad una riduzione degli impieghi: meno cento posti di lavoro.

Cannibali

Tamedia è nelle cifre rosse? No, lo scorso anno ha registrato un utile superiore ai 100 milioni di franchi. È vero, però, che i profitti non vengono dalla pubblicazione del Tages Anzeiger.

L’ondata di licenziamenti ha messo in evidenza anche la debolezza dei sindacati, che tra i giornalisti della carta stampata hanno pochi iscritti, soprattutto nella Svizzera tedesca, dove l’assenza di un contratto collettivo di lavoro ha permesso, ad esempio, di chiudere senza difficoltà il gratuito «.ch». Una sessantina di dipendenti si sono così ritrovati sulla strada, senza un piano sociale che li aiutasse ad affrontare le conseguenze del licenziamento.

Difficile dire se nel 2010 la situazione migliorerà. Per Otfried Jarren, professore di scienze della comunicazione a Zurigo, i media sono in parte responsabili della loro difficile situazione. Intervistato nel numero di dicembre di Edito, il bimestrale dei sindacati Impressum e SSM, Jarren parla di cannibalismo: «Per decenni i lettori sono stati abituati a media a buon mercato […] A questa situazione si sono aggiunti i giornali gratuiti, le informazioni gratuite in internet, offerte di abbonamenti di prova a prezzi stracciati e così via. In questo modo si è rafforzata ancora di più l’idea che l’offerta pubblicistica, in definitiva, non debba costare nulla. […] Gli editori, con il lancio di prodotti a basso costo, contribuiscono alla cannibalizzazione dei loro stessi beni».

Nel 2009, il prezzo di questa corsa al ribasso l’hanno in gran parte pagato i giornalisti. Ma la fattura – sottoforma di un’offerta sempre meno diversificata – potrebbe arrivare anche al pubblico.

Doris Lucini, swissinfo.ch

Gratuiti: chiudono «.ch» (69 licenziamenti) e «cash daily» (19 impieghi); nella Svizzera francese fusione tra «20 minutes» e «Le Matin Bleu» (soppressione di 10 impieghi).

Tamedia: licenziamenti al «Tages Anzeiger» e a «Der Bund» (soppressione di una settantina d’impieghi a tempo pieno); acquisizione di Edipresse (annunciata la soppressione di 100 posti di lavoro).

Basler Zeitung: cancellati 22 impieghi. Il 37% delle azioni sono in vendita. Potrebbero essere acquistate dalla NZZ.

NZZ: soppressione di 24 impieghi, rinuncia a diversi corrispondenti all’estero.

Agenzie: l’Agenzia telegrafica svizzera cancella 13 posti di lavoro; alla Keystone spariscono 8 posti di lavoro nell’amministrazione, i fotografi riducono la loro percentuale d’impiego per evitare licenziamenti.

Altri: Gruppo AZ Medien (editore dell’Aargauer Zeitung), 65 posti di lavoro; Espace Media, 11 licenziamenti; ZO Medien, 8 licenziamenti; Société Neuchâteloise de la Presse, 15 impieghi. A questi si aggiungono i posti di lavoro cancellati in diverse altre piccole testate a carattere regionale.

Le difficoltà economiche in cui si trovano diverse testate – non solo in Svizzera – hanno trascinato nel gorgo anche la Wifag, ditta bernese che produce stampanti per giornali.

La Wifag ha un’ottima reputazione. Diffuse in tutto il mondo, le sue macchine stampano ogni giorno milioni di quotidiani. Ma la qualità ha un prezzo che molti editori non sono più disposti a pagare.

La Wifag è in difficoltà da qualche anno. Tuttavia, ancora nel 2008, aveva 500 milioni di franchi di fatturato e impiegava 1’500 persone, la maggior parte a Berna e Friburgo.

Per non affondare, la ditta ha licenziato 90 collaboratori e annunciato altri 300 licenziamenti entro il luglio del 2010. Per gli esperti del settore potrebbe essere solo l’inizio della fine.

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SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

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