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“Nel 1989 la Svizzera è stata travolta da un’ondata di simpatia per l’Europa dell’Est”

gente sui resti del muro di berlino
Nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1989, migliaia di persone scavalcarono il muro di Berlino di fronte alla Porta di Brandeburgo. Peter Kneffel/Keystone

Il 9 novembre 1989 cade il muro di Berlino e in Europa si respira un clima di euforia. In Svizzera, la popolazione nutre grande ammirazione per i Paesi dell'Europa centrale e orientale. Trent'anni anni dopo è invece la perplessità a prevalere. A colloquio con la storica Julia Richers.

Quando prima e dopo la caduta del muro di Berlino i cittadini delle ex repubbliche socialiste rovesciavano i loro governanti, la popolazione svizzera provava simpatia nei confronti dei dissidenti dell’Est. Il destino dei piccoli, che volevano tener testa ai grandi, stava molto a cuore alla piccola Svizzera.

Trent’anni anni dopo, l’euforia ha lasciato il posto alla disillusione. La svolta illiberale in Ungheria e in Polonia, il conflitto tra Ucraina e Russia o la povertà che ancora colpisce gran parte della popolazione degli Stati dell’ex blocco orientale stanno consolidando nelle nostre menti l’immagine di un Est “arretrato”, ciò che dà adito a incomprensioni.

SWI swissinfo.ch ha parlato delle relazioni tra la Svizzera e l’Europa dell’Est con Julia RichersCollegamento esterno, professoressa ordinaria di storia contemporanea e di storia dell’Europa orientale all’Università di Berna.

Julia Richers
Julia Richers è storica all’Università di Berna. zVg.

swissinfo.ch: Come definisce l’Europa orientale?

Julia Richers: L’Europa orientale è un’enorme regione eterogenea con una popolazione di oltre 300 milioni di persone. Tutti i tentativi di delimitarla a livello linguistico, politico, culturale, religioso e storico sono falliti. La denominazione è quindi fuorviante.

… e altamente politicizzata.

Assolutamente. Vi è ad esempio una discussione politica su quali Paesi possono definirsi parte dell’Europa centrale. Alla Germania piace appropriarsi di questa denominazione. Ma anche Paesi quali l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica Ceca e la Slovacchia si definiscono parte dell’Europa centrale.

L’Europa orientale è una costruzione mentale che ha origini storiche e i cui “membri” sono cambiati di volta in volta nel corso della storia. Ancora oggi associamo a questa raffigurazione attributi quali “arretrata”, “barbara” o “incivile”.

L’Europa orientale è alle nostre porte. Tuttavia, l’impressione è che l’interesse in Svizzera per questi Paesi sia piuttosto basso. È corretto?

Negli ultimi tempi, l’euforia e la curiosità nei confronti dell’Europa orientale che caratterizzava la Svizzera dopo la caduta del muro si sono notevolmente ridotte. Ora c’è una forte incomprensione. Ad esempio, per come la gente in Ungheria abbia potuto rieleggere con una grande maggioranza Viktor Orbán.

Fondamentalmente, descriverei l’interesse come un qualcosa che cambia costantemente. Posso citare due esempi recenti. La solidarietà della Svizzera durante le guerre nell’ex Jugoslavia era molto grande. In seguito, l’interesse è leggermente calato, prima di aumentare nuovamente con lo scoppio del conflitto in Crimea e nell’Ucraina orientale. L’entusiasmo per la letteratura dell’Europa orientale rimane invece forte.

“La Svizzera ufficiale si professava neutrale, sebbene si associasse chiaramente al campo anticomunista”

Quali contatti aveva la Svizzera con l’Europa orientale prima della caduta del muro?

Prima della svolta c’erano molti contatti a livello privato. Le persone che fuggirono in Svizzera nel 1956 durante la rivoluzione ungherese o nel 1968 durante la Primavera di Praga mantennero i contatti con la famiglia. Gli svizzeri inviarono pacchi di cibo e di vestiti verso est. Anche le Chiese cattolica e protestante, così come il movimento ecumenico, erano attivi. La Svizzera ufficiale si professava neutrale, sebbene si associasse chiaramente al campo anticomunista.

Che cosa è cambiato con la caduta della cortina di ferro?

La Svizzera è stata travolta da una grande ondata di simpatia per l’Europa orientale e questo per due motivi. Da un lato, il Paese era tradizionalmente anticomunista e ha quindi celebrato la fine del comunismo. Dall’altro, la Svizzera ha un debole per chi lotta per la libertà: la gente si sentiva legata alle persone di questi Paesi che avevano osato rovesciare i propri governanti.

La Svizzera si è impegnata nella costruzione di strutture democratiche. Il Fondo nazionale svizzero ha istituito un programma per promuovere gli scambi con le università dell’Europa orientale. E Pro Helvetia ha aperto uffici per la promozione culturale.

Da una parte, Svizzera sostiene finanziariamente i Paesi dell’Europa orientale nel loro cammino verso la creazione di uno Stato di diritto efficace. Dall’altra, continua a fare affari con gli oligarchi dell’Est. Il ruolo della Svizzera è ambivalente?

La Svizzera si è sempre trovata in questa contraddizione. E non solo per quanto concerne l’Europa orientale. Penso all’attuale questione del commercio dell’oro: a livello di politica estera, la Svizzera si impegna a rispettare i diritti umani anche nei Paesi in cui si estrae l’oro. Al contempo, la Svizzera è il crocevia del commercio mondiale dell’oro, un business che viene ripetutamente associato a violazioni dei diritti umani.

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Rimaniamo nel contesto commerciale: come si sono sviluppate le relazioni economiche della Svizzera nell’Europa orientale?

L’industria farmaceutica svizzera ha una lunga tradizione nell’Europa orientale. Roche ha aperto la sua prima filiale a San Pietroburgo già nel XIX secolo. Dopo la caduta del muro, le imprese svizzere si interessarono sempre più alla regione e ai nuovi mercati. Le aziende di altri Paesi quali Germania, Giappone e Stati Uniti erano comunque molto più coinvolte nella privatizzazione delle imprese statali.

Accanto all’industria farmaceutica, Stadler Rail è tra le aziende svizzere più conosciute della regione. Produce vagoni ferroviari nel suo stabilimento in Bielorussia.

Che cosa interessa alle imprese svizzere nell’Europa orientale?

Essenzialmente gli stipendi vergognosamente bassi. Ad esempio, gli ordini nel campo della tecnologia informatica o della grafica sottoscritti in Svizzera vengono evasi nei Paesi dell’Europa orientale a prezzi stracciati. Ciò vale anche per l’industria tessile svizzera, che produce in Bulgaria, un Paese con salari particolarmente bassi.

I lavoratori che producono per le aziende svizzere hanno perlomeno un contratto di lavoro decente?

I contratti di lavoro sono relativamente buoni, anche se non corrispondono agli standard svizzeri. Le aziende svizzere sono certamente tra i datori di lavoro locali più apprezzati.

Qual è l’immagine della Svizzera nell’Europa orientale?

Dopo la caduta del comunismo ci fu una grande euforia per l’Europa. Tutti parlarono di un “ritorno in Europa”. Trent’anni dopo, di tutto questo c’è ben poca traccia, al contrario. Paesi quali la Polonia e l’Ungheria, ma anche la Slovacchia e la Repubblica Ceca, sono critici nei confronti dell’Europa. La Svizzera trae beneficio dal fatto di non appartenere all’Unione europea, ciò di cui tutti sono ben consapevoli nell’Europa orientale. La Svizzera continua a essere considerata un’isola neutrale.

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Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

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