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A Davos i «premi che nessuno vuole»

L'attore svizzero Patrick Frey, durante un momento della consegna Keystone

All’apertura del Forum economico, gli oppositori alla globalizzazione hanno consegnato gli Oscar dell’infamia a cinque multinazionali.

Per agire a favore di uno sviluppo sostenibile, ambientalisti e ONG del «Public Eye on Davos» cercano il dialogo con l’economia, senza rinunciare alla denuncia.

«Dobbiamo esercitare una pressione maggiore perché l’economia si renda conto delle sue responsabilità; e dove possiamo farlo meglio che a Davos?» Così ha esordito Mary Robinson, ex-presidente irlandese, poi delegata ONU per i diritti umani e oggi ancora in prima fila in numerose organizzazioni non governative per la causa della giustizia sociale.

Il premio alle imprese irresponsabili, il «Public Eye Awards», è nato proprio da questo bisogno: puntare il dito su chi non rispetta i criteri minimi di umanità e rispetto dell’ambiente. L’occhio monitore delle organizzazioni non governative viene dunque attribuito all’azienda che supera tutti per scelleratezza.

L’assegnazione di quello che è stato definito il «premio che nessuno vuole» è avvenuta mercoledì. A poca distanza dal centro dei congressi, che ospita gli oltre 2’000 leader del mondo dell’economia e della politica, gli altermondialisti hanno infatti dato il via al loro piccolo controvertice, concedendosi un po’ di lustro in un’atmosfera da Oscar alternativo.

Cinque aziende alla berlina

L’appello della Dichiarazione di Berna e dell’unione delle organizzazioni ambientaliste mondiali «Frends of the Earth» non è rimasto lettera morta: le «nominations», sono arrivate da tutto il mondo.

Quattro le categorie: Diritti umani, ambiente, diritti dei lavoratori e tasse. 24 aziende attive a livello internazionale sono finite sulla lista passata al vaglio della giuria organizzatrice. Da questa, gli internauti altermondialisti, un gruppo notoriamente molto attivo, hanno attribuito un premio del pubblico.

I vincitori

Alla «Dow Chemical Company» – erede della «Union Carbide» responsabile per la tragedia di Bhopal del 1984 costata la vita a 20’000 persone – è andato il premio di biasimo per i diritti umani. L’azienda ha comunque il triste primato di una nomina in tutte le categorie.

Alla «Royal Dutsch/Shell», azienda petrolchimica che tanto ha fatto per ripulirsi l’immagine negli ultimi anni, va un riconoscimento per aver dimenticato gli errori del passato in Nigeria.

Al gigante dei supermercati, la statunitense Wal-Mart Stores che ha rinunciato a qualsiasi tipo di contratto collettivo e che è ormai ritenuto fra i peggiori datori di lavoro al mondo, è andato il premio per i diritti dei lavoratori.

Alla multinazionale olandese KPMG, che conta oltre 100’000 revisori contabili, va il premio per chi truffa il fisco. «Con le tasse si finanziano i compiti fondamentali dello Stato – ha detto nella sua laudatio il giurista inglese John Christensen – chi offrendo ai clienti strategie «off shore» riduce le imposizioni fiscali delle maggiori ditte di un paese destabilizza l’ordine sociale.

Il premio del pubblico è andato alla svizzera Nestlé per tre argomenti: la vendita di latte in polvere per neonati, la conquista del mercato dell’acqua potabile, e la sua politica aziendale in Columbia, dove ha licenziato le maestranze per riassumerle a prezzi più bassi.

Un posto fisso a Davos

I premi non sono chiaramente stati ritirati dai responsabili, anche se praticamente tutti sono sulla lista del Forum di Davos. Ma Andreas Missbach, della Dichiarazione di Berna, afferma a swissinfo traslando il motto del WEF di quest’anno: «Noi non offriamo ‘decisioni difficili’, ma ‘domande difficili’; evidentemente non hanno voglia di rispondere».

Anche l’economista e autrice di studi shock sull’economia globale, Noreena Hertz, non vede una nuova dinamica: «L’ideologia coltivata al WEF ha creato fossati sempre più profondi fra politica e società, fra guadagno individuale e solidarietà. Manca una coscienza sociale fra gli imprenditori».

Eppure gli organizzatori del «Public Eye on Davos» non vogliono mollare: «In sei anni di presenza al margine del Forum, ci siamo conquistati un posto fisso. Sappiamo di disturbare e vogliamo farlo con nuove idee, come questa della premiazione», conclude Missbach.

swissinfo, Daniele Papacella, Davos

L’appuntamento alternativo al WEF, il «Public Eye on Davos», è gestito da organizzazioni ambientaliste e di aiuto allo sviluppo.

La manifestazione parallela è presente dal 1998 a Davos con l’intento di denunciare gli sviluppi negativi della liberalizzazione e della globalizzazione dell’economia.

Quest’anno, cinque ditte sono state messe alla berlina per ragioni diverse. Si tratta della Dow Chemical, della Royal Dutch/Shell, della Wal-mart Store, della KPMG International e della Nestlé.

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