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Aborto: un terzo no alla soluzione dei termini

Membri del comitato referendario: da sinistra, Werner Messmer, Walter Schmied, Walter Huerzeler e Marlies Naef-Hofmann Keystone

Una soluzione inaccettabile dal profilo etico e costituzionale. Un terzo comitato ha lanciato il referendum contro la "soluzione dei termini" in materia di aborto decisa dal parlamento.

Dopo quello dei movimenti anti-abortisti e del PPD, un altro referendum verrà lanciato contro la cosiddetta “soluzione dei termini”, ossia la depenalizzazione dell’aborto nelle prime 12 settimane. Anche la Società svizzera per la protezione della vita prima della nascita ha deciso di raccogliere le 50mila firme per portare in votazione popolare il progetto adottato dalle Camere federali durante la sessione di Lugano dopo quasi 8 anni di discussioni.

“L’interruzione della gravidanza non significa altro che l’estinzione della vita di un bambino indifeso e innocente nel ventre della madre tramite un atto omicida”, ha detto Marlies Näf-Hofmann, vicepresidente della Società e membro del comitato referendario composto essenzialmente da rappresentanti dell’UDC, del Partito evangelico e dell’Unione democratica federale. Anche sulla scorta delle conoscenze scientifiche, ha aggiunto Näf-Hofmann, non esiste alcun motivo per negare al nascituro gli stessi diritti di difesa della vita accordati normalmente alle persone.

Per il consigliere nazionale UDC Walter Schmied la soluzione elaborata dal parlamento, che andrebbe a modificare la restrittiva norma penale introdotta oltre 50 anni fa e da tempo di fatto non più applicata, corrisponde ad una totale liberalizzazione e lascia al puro caso decidere quale bambino sopravvivrà alle 12 settimane e quale no.

“Il diritto alla vita è intoccabile”, ha detto Schmied rifacendosi alla costituzione, ragion per cui è opportuno che sulla questione il popolo possa dire la sua. Anche per il deputato PLR Werner Messner la soluzione dei termini pone delle importanti questioni di fondo: “Fissando un termine arbitrario lo Stato entra in contraddizione con sé stesso”.

Per Messner la via praticabile per risolvere la delicata questione consiste in un adeguamento del modello delle indicazioni mediche praticato attualmente in modo da tenere in maggiore considerazione i diritti del nascituro. Un’ipotesi potrebbe essere quella di un “organismo neutrale” in cui gli interessi della donna e quelli del nascituro possano essere discussi.

Una proposta, questa, che non trova però consenzienti tutti i membri del comitato, nonostante la dichiarata volontà di distanziarsi dai movimenti estremisti. “Il nostro obiettivo principale è di combattere la soluzione dei termini e di vincere il referendum”, ha tagliato corto Walter Hürzeler, presidente della Società, rinviando la discussione sulle soluzioni alternative ad un momento successivo.

Se il PPD intende riproporre il suo “modello di protezione”, modello che lascia libertà di scelta alla donna ma che le impone l’obbligo della consulenza in un centro specializzato, il movimento anti-abortista “Per madre e bambino” ha lanciato un’iniziativa popolare che prevede una norma penale ancora più severo rispetto alla norma attuale. In pratica la donna potrebbe abortire soltanto se la sua vita fosse in grave pericolo.

Per motivi di credibilità una presa di posizione chiara sulle soluzioni alternative s’imporrà comunque dato che il governo intende porre in votazione contemporaneamente iniziativa e referendum.

Luca Hoderas

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