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Accordo Svizzera-USA su clienti UBS: si ridiscute

I grattacapi relativi alla controversia UBS-USA non sono finiti per la ministra di giustizia Eveline Widmer-Schlumpf e per il governo svizzero Reuters

Berna chiede a Washington di rivedere l'accordo sull'UBS concluso nell'agosto 2009. Il governo svizzero vuole applicarlo. Ma, in seguito al verdetto del Tribunale amministrativo federale (TAF) di venerdì scorso, dev'essere adattato. L'esecutivo è deciso a non abbandonare l'UBS al proprio destino.

“Sono convinta che troveremo una soluzione”, ha dichiarato la ministra di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf, mercoledì in una conferenza stampa, dopo la seduta settimanale del governo.

Un ottimismo fondato sulle reazioni “molto pacate e contenute” degli Stati Uniti, alla decisione del TAF di accogliere il ricorso di una cliente americana dell’UBS contro la trasmissione dei suoi dati bancari al fisco USA.

Secondo l’alta corte elvetica, Berna non avrebbe potuto concedere assistenza giudiziaria a Washington. La decisione di principio del TAF dovrebbe riguardare numerosi altri casi pendenti.

Eveline Widmer-Schlumpf ha spiegato i motivi giuridici per i quali il TAF ha interpretato diversamente dall’esecutivo federale la portata dell’accordo extragiudiziale della scorsa estate fra Svizzera e Stati Uniti. In proposito, la ministra ha precisato che nella sua valutazione il governo “si era basato su pareri di diritto sia interni che esterni all’amministrazione federale”.

Cambiate le carte in tavola

Sta però di fatto che ora il governo deve attenersi alla sentenza del TAF, poiché è la massima istanza in materia. Ciò significa che in ben 4’200 casi circa, dei 4’450 contemplati dall’accordo, la Svizzera non potrà dare assistenza giudiziaria agli Stati Uniti. Secondo le valutazioni governative, la trasmissione di dati sarà possibile solo in circa 250 casi.

Il cambiamento di situazione implica anche modifiche dell’accordo del 19 agosto 2009. Il direttore dell’Ufficio federale di giustizia Michael Leupold ha contattato il viceministro americano di giustizia il giorno stesso della sentenza per informarlo direttamente della situazione, ha detto la Widmer-Schlumpf. E non vi è stata alcuna reazione “veemente” o di sorpresa, ha assicurato la ministra, spiegando che le autorità statunitensi “sapevano che ci sarebbe stata la possibilità di una sentenza del TAF”.

Si ricomincia a negoziare

Secondo la ministra elvetica, da entrambe le parti c’è volontà di esaminare insieme la situazione alla luce della sentenza e trovare una soluzione congiunta. Dunque “le discussioni proseguono”. L’obiettivo è di “adattare l’accordo extragiudiziale” in modo che sia applicabile.

Il governo resta fermamente convinto che questa sia la via giusta da seguire, per non incorrere in un pericoloso conflitto con gli Stati Uniti. Non si tratta semplicemente di “un problema fra l’UBS e gli Stati Uniti, bensì di un conflitto giuridico fra due Stati”, ha sottolineato la ministra di giustizia, giustificando l’enorme impegno di Berna in questa vertenza.

Una questione di stabilità

Eveline Widmer-Schlumpf ha ricordato le pesantissime ripercussioni per l’intera economia svizzera se gli USA non avessero rinunciato alla causa civile contro la grande banca elvetica

“Gli ex dirigenti dell’UBS hanno certamente commesso gravi errori”. Ma questo non è un motivo sufficiente per lasciare che ora la grande banca se la sbrogli da sola, dal momento che c’è in gioco la stabilità economica e finanziaria della Confederazione, ha osservato la consigliera federale.

Da parte sua, l’UBS aveva fatto sapere appena prima della seduta settimanale del governo che non avrebbe trasmesso i dati al fisco americano senza un’intesa fra i due Stati. In un’intervista pubblicata mercoledì sul quotidiano zurighese Tages Anzeiger, il presidente del consiglio d’amministrazione Kaspar Villiger ha dichiarato che né lui né il presidente della direzione Osvald Grübel consegneranno mai “dati in modo illegale. Non possiamo chiedere ai nostri collaboratori il rispetto coerente del diritto, se noi stessi violiamo la legge”.

Al momento, Berna e Washington sono ancora in una fase esplorativa per trovare le modalità di adeguamento dell’accordo. La Confederazione attende anche delucidazioni sulla situazione attuale: vuole sapere quanti sono i casi nel frattempo già sistemati tramite autodenuncia e quanti riguardano ancora effettivamente l’accordo.

Magari il parlamento, forse anche il popolo

In seguito, il governo non esclude di sottoporre il testo all’approvazione del parlamento. Giuridicamente ciò permetterebbe di non più considerarlo come una semplice intesa extragiudiziale e di equipararlo a una convenzione di doppia imposizione.

Interrogata sull’eventualità di sottoporlo a referendum se si decidesse di chiedere il nullaosta parlamentare, Eveline Widmer-Schlumpf ha detto che dal profilo “puramente giuridico” ciò non è necessario. Per “motivi giuridici”, tuttavia il parlamento potrebbe anche scegliere quella strada.

Sonia Fenazzi, Berna, swissinfo.ch

Febbraio 2009: la FINMA (Autorità federale di vigilanza dei mercati finanziari) autorizza la consegna agli USA dei nomi di 255 clienti di UBS sospettati di evasione fiscale.

Marzo 2009: il governo annuncia di volersi adeguare agli standard dell’OCSE; per farlo, deve allentare il segreto bancario.

Agosto 2009: la Svizzera e gli Stati Uniti raggiungono un accordo sulla vertenza UBS. La Confederazione si impegna a trattare entro un anno una domanda di assistenza amministrativa che riguarda circa 4’450 conti.

5 gennaio 2010: il Tribunale amministrativo federale (TAF) giudica che la FINMA non disponeva di una base legale sufficiente per consegnare alla giustizia statunitense i dossier di 255 clienti di UBS. La FINMA deposita un ricorso al Tribunale federale.

22 gennaio 2010: il TAF dà ragione ad una cittadina statunitense e stabilisce che l’assistenza giudiziaria agli USA può essere accordata solo nei casi di frode fiscale, ma non in quelli di evasione. L’accordo tra Svizzera e Stati uniti è da considerarsi extragiudiziale e non può prevedere modifiche su questo punto.

La convenzione di doppia imposizione (CDI) vigente fra Svizzera e Stati Uniti esclude l’assistenza amministrativa per l’evasione fiscale.

Nella decisione di principio del 21 gennaio 2010, il TAF si è basato su di essa.

Nel settembre 2009, Svizzera e Stati Uniti hanno firmato una nuova CDI conforme agli standard dell’OCSE, che prevede l’assistenza amministrativa anche in caso di evasione fiscale.

Per la sua ratifica, occorre ancora l’approvazione del parlamento. Quest’ultimo deciderà inoltre se sottoporre la CDI a referendum facoltativo.

Se ciò fosse il caso, potrebbe essere il popolo ad avere l’ultima parola. L’Unione democratica di centro (destra conservatrice) ha infatti già annunciato di voler lanciare il referendum.

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