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Aerei militari: il conto si regola dopo le elezioni

L'esercito svizzero in futuro conterà 100mila uomini e costerà 5 miliardi all'anno Keystone

Pronunciandosi per una truppa di 100mila uomini e l'acquisto di 22 nuovi aviogetti da combattimento, la maggioranza di destra del parlamento ha fatto un bel regalo all'esercito svizzero e al ministro della difesa. Ma per la stampa, la missione dell'esercito resta vaga.

Per adattare l’esercito svizzero ai cambiamenti intervenuti negli ultimi anni, il governo federale proponeva una drastica cura dimagrante. Nel rapporto sull’esercito 2010, l’esecutivo elvetico chiedeva una riduzione dei suoi effettivi a 80mila militi, contro gli attuali complessivi 188mila (162’500 attivi e 25’500 riservisti).

Quanto ai mezzi finanziari a disposizione, il Consiglio federale aveva aumentato il bilancio annuale a 4,4 miliardi di franchi, contro gli attuali 4,1 miliardi. La decisione del collegio costituiva una sconfitta per il ministro della difesa Ueli Maurer che avrebbe voluto più uomini e più soldi.

Ma il rappresentante dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) in governo ha avuto la sua rivincita in parlamento. Dopo che la Camera dei cantoni in giugno aveva sconfessato il governo, scegliendo di attribuire all’esercito 100mila militi e un bilancio di 5 miliardi di franchi all’anno dal 2013, la Camera del popolo ieri ha confermato queste cifre.

Non solo. Le Camere hanno anche deciso che l’esercito potrà comperare 22 nuovi aerei da combattimento, per sostituire i vetusti Tiger. Un acquisto di cui si discuteva dal 2004, ma che il governo, dopo lunghe tergiversazioni, nell’agosto dell’anno scorso aveva deciso di rinviare verso il 2018-2020. L’esecutivo riteneva infatti che i nuovi velivoli fossero necessari, ma non urgenti. A suo giudizio, la flotta di FA/18 per i prossimi anni è sufficiente.

In seguito a quella mossa, il Gruppo per una Svizzera senza esercito aveva persino ritirato l’iniziativa popolare che chiedeva una moratoria di dieci anni, fino alla fine del 2019, sull’acquisto di aviogetti da combattimento. I promotori ritenevano che con il rinvio deciso dal governo, l’obiettivo dell’iniziativa fosse ormai raggiunto. Presi in contropiede dal parlamento, ora stanno già pensando al lancio di una nuova iniziativa.

All’indomani delle decisioni parlamentari, che sono state combattute invano dalla sinistra rosso-verde e da una parte dei parlamentari popolari democratici (centro), nella stampa svizzera si riconosce la vittoria a Maurer. La tattica del ministro UDC ha funzionato “perfettamente”. Nel 2009 ha cominciato a tematizzare la precarietà finanziaria dell’esercito. “Da allora, assecondato dal capo dell’esercito André Blattmann, non ha mai perso l’occasione di sottolineare la mancanza di mezzi finanziari”, precisa la Berner Zeitung.

Un esercito per fare cosa?

I commentatori elvetici sono però quasi unanimi nel biasimare la decisione della maggioranza parlamentare. Drastico il commento dei quotidiani bernese Der Bund e zurighese Tages Anzeiger, che riassumono così la problematica: “La decisione è irresponsabile, perché costa somme enormi allo Stato. È sfrontata perché il controverso acquisto di aviogetti da combattimento viene inserito nel bilancio ordinario escludendo in tal modo il popolo dal diritto di codecisione. È soprattutto senza testa: è stata presa senza che sia stata fatta una discussione approfondita sul futuro ruolo del nostro esercito”.

Il dibattito “non ha detto granché sul fondo: a che minacce ci si deve preparare, con quali strumenti, in che tempi? Cosa potrà fare questo esercito di 100mila uomini ai quali non sono indicati né una destinazione né una direzione e nemmeno dei nemici? Si dice che i soldati si deprimono, preoccupati di non servire a nulla e a nessuno. Abbiamo infine le risposte militari. Ma qual era la domanda?”, scrive la Tribune de Genève.

Una fattura senza dettagli

Anche secondo Le Temps, le domande del paese sulla sicurezza restano senza risposta. “Nessun adeguamento alle nuove minacce, al terrorismo, ai ciberattacchi, alle minacce economiche o alle infrastrutture”, osserva il quotidiano. “E soprattutto non si è visto nulla della fattura”.

Sul suo pagamento le due Camere devono ancora mettersi d’accordo. La Camera dei cantoni sollecitava un finanziamento speciale di 6,2 miliardi di franchi per gli aviogetti da combattimento (5 miliardi) e per colmare lacune nell’equipaggiamento militare (1,2 miliardi). La Camera del popolo, invece, ha optato per un finanziamento scaglionato su più anni tramite il budget ordinario. Per questo si dovrebbero fare risparmi su altri settori. Ancora da definire le modalità.

Il Consiglio nazionale ha fissato il limite di spesa per l’acquisto degli aerei da combattimento a 5 miliardi di franchi. Una “pretesa” che “non sta in piedi”, critica il commentatore della Neue Zürcher Zeitung. L’articolista del foglio zurighese, sottolinea che le spese militari devono essere fattibili dal profilo della politica finanziaria e conclude dicendo che “la decisione onesta” ripetutamente reclamata dal capo dell’esercito André Blattmann “non è ancora disponibile”.

L’ombra della campagna elettorale

Anche perché, rilevano molti commentatori, sul dibattito pesava la campagna elettorale. Secondo il vodese 24 Heures, “Nei passi perduti del Palazzo federale, tutti i parlamentari convenivano che un dibattito su un tema così affettivo come l’esercito a qualche settimana dalle elezioni federali non è ragionevole”. E il corrispondente del giornale riferisce che il presidente del PPD Christophe Darbellay era fuori di sé e non sapeva più cosa fare per portare coerenza nei voti del suo gruppo.

Il PPD, infatti, nei suoi programmi aveva preso posizione per la soluzione proposta dal governo. Ma una parte dei suoi eletti in parlamento si è schierata dalla parte degli altri partiti di centro destra e di destra. “La campagna elettorale mette le ali alla destra borghese”, sottolinea il vallesano Le Nouvelliste.

Quanto alle soluzioni per trovare i soldi supplementari, il compito spetterà al parlamento che uscirà dalle prossime elezioni federali del 23 ottobre. E riguardo al ministro Ueli Maurer “ora è in gioco la sua credibilità”: insieme ai vertici delle forze armate, deve dimostrare di saper “rimettere in piedi l’esercito in modo che funzioni e che la milizia si senta presa sul serio”, avverte la Berner Zeitung.

Durante la Guerra fredda le forze armate assorbivano addirittura un terzo del budget federale. Con ben 700’000 mila soldati in attività, di cui più di 150’000 ufficiali e sottufficiali, la piccola e neutrale Svizzera contava uno degli eserciti più grandi di tutto il continente europeo.

Il 26 novembre 1989, pochi giorni dopo il crollo del muro di Berlino, un’iniziativa favorevole alla soppressione dell’esercito veniva approvata da un terzo degli svizzeri. Uno shock per la classe dirigente, che ha rimesso fondamentalmente in discussione la politica di difesa nazionale, aprendo un cantiere diventato da allora interminabile.

Il primo grande progetto di riforma, Esercito 95, ha portato nella seconda metà degli anni ’90 ad una riduzione degli effettivi a 400’000 unità.

Con la riforma Esercito XXI, entrata in vigore dal 2004, il loro numero è sceso a 120’000 soldati attivi e 80’000 riservisti, mentre il budget è diventato ormai inferiore ad un decimo delle spese statali.

Attualmente la Confederazione spende circa 4,1 miliardi di franchi per la politica di sicurezza nazionale, di cui 3,7 miliardi per l’equipaggiamento e l’infrastruttura dell’esercito.

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