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Affinità elettive

Protagonisti del film nazionale: vicino al presidente del Festival Marco Solari, siedono il direttore di RTSI Remigio Ratti e il direttore generale della SRG SSR idée suisse, Armin Walpen (a destra). www.pardo.ch

C'era una volta un'incompatibilità fra TV e grande schermo. Con il rinnovo del "Pacte de l'audiovisuel" si conferma la cooperazione positiva fra la SSR SRG idée suisse e gli operatori.

Locarno è anche l’occasione per riaffermare la fine della guerra fredda fra operatori del grande schermo, che da sempre auspicano livello e qualità, e la televisione, il mezzo di comunicazione per le masse. Dal 1996, l’ente pubblico di radio e televisione e diverse associazioni di produttori e realizzatori svizzeri collaborano in un programma dal nome tutto elvetico: il “Pacte de l’audiovisuel”.

Se rimane la macchia della televisione come fagocitatrice di lungometraggi e dunque poco ligia all’osservanza della qualità e della firma d’autore, il rapporto fra i due ambiti si è rivoluzionato negli anni Novanta. Adesso, citando le parole del direttore della televisione della Svizzera tedesca SF DRS Schellenberg, si è riusciti ad accordarsi su una “trivialità al massimo livello”.

L’utile interferenza

Il mercato cinematografico svizzero è limitato. La programmazione nelle sale predilige ancora largamente i successi sicuri made in Hollywood, mentre gran parte del cinema d’autore è circoscritto ai grossi centri urbani.

Solo la televisione riesce ad aprire un varco per le pellicole indigene, raggiungendo i salotti del vero largo pubblico. Grazie al lavoro prestato negli ultimi anni, nella Svizzera tedesca la programmazione serale della domenica è ormai consacrata alle produzioni con il marchio di Tell. Il successo d’ascolti sembra confermare la necessità e il piacere del pubblico indigeno di vedere un film fatto in loco.

Ma le produzioni televisive richiedono ancora il rispetto di schemi narrativi a prova di zapping e quindi esigono una particolare abilità, o forse è il caso di chiamarla manualità, nella costruzione drammaturgica.

Inoltre è necessario disporre in loco di infrastrutture tecniche e di personale qualificato. La collaborazione, che ha raggiunto i cinquanta milioni di franchi annui, permette di mantenere un’industria cinematografica di buon livello e permette agli operatori di lavorare in patria acquisendo esperienza. Saper fare un buon film per la televisione non è più ritenuto un vendere l’anima, piuttosto vale come gavetta obbligata.

Onori all’idée suisse

Si tratta della terza revisione dell’accordo e, vista la situazione finanziaria difficile per l’ente pubblico di radio e televisione, non si è previsto che un aumento minimo dei contributi, ma la linea imboccata sembra soddisfare tutti. Alla tavola dei convenuti a Locarno tutti sorridono. Produttori, rappresentanti degli autori, dei registi, degli attori e anche i direttori della televisione sembrano soddisfatti.

La necessità di profilarsi come istanza promotrice di un’importante forma di cultura che raggiunge anche il grande pubblico giustifica il canone. Lo ammette senza mezzi termini anche il direttore generale Armin Walpen: “Vogliamo offrire un servizio pubblico intelligente che interpreti il mandato statale in modo nuovo, facendo approfittare anche la produzione indipendente”.

Nella riedizione del “Pacte” si aggiunge ora anche un contributo di 300’000 franchi per il film d’animazione. Il settore rimane marginale alle nostre latitudini, ma anche se il “Re Leone” o “La gabbanella e il gatto” riempiono i cinema anche in Svizzera, si intende dare una possibilità anche alla fantasia locale.

Problemi culturali

Rimane ancora uno scoglio da superare: la permeabilità dei film prodotti. In ogni regione linguistica i lungometraggi con un riferimento locale raggiungono quote d’ascolto bulgare e, anche nelle sale, si comincia a gustare il frutto di una presenza più costante con produzioni appetibili.

Ma il successo non riesce ancora a superare i vari fossati culturali. Lo ammette anche Bernard Cathomas, direttore della Radiotelevisione romancia e ex direttore di Pro Helvetia: “Ci sono delle mentalità diverse nel nostro paese e il nostro progetto comune intende realizzare dei progetti all’interno della nostra realtà”. I film doppiati non raggiungono la stessa quota d’ascolto nelle altre regioni del paese.

“Il compito di idée suisse è quello di superare questi confini – conclude Cathomas – è un compito difficile ma deve continuare. Non basta un film per raggiungere un risultato, ci vuole costanza per assicurare la coesione nazionale”.

Daniele Papacella, Locarno

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