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Aiuti umanitari nel Caucaso fra mille difficoltà

Georgiani in fuga dalla zona di conflitto, sulla strada fra Gori e Tbilisi Keystone

Le organizzazioni umanitarie tentano di soccorrere le decine di migliaia di civili, colpite dal conflitto fra Russia e Georgia. Nonostante la tregua, la situazione resta esplosiva.

Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) sottolinea che la situazione umanitaria rimane tragica e al contempo l’accesso alla popolazione civile resta molto difficile.

Gli aiuti sono già arrivati in Georgia e potrebbero soddisfare i bisogni primari di circa 50mila persone. Il CICR, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) del Dipartimento federale degli affari esteri e le agenzie dell’ONU giovedì hanno ricevuto il nullaosta delle autorità russe, georgiane e ossete meridionali per soccorrere i civili. L’accesso agli sfollati è la priorità numero uno delle organizzazioni umanitarie.

Di fatto, però, gli operatori umanitari non possono ancora intervenire, poiché la situazione resta estremamente pericolosa, ha precisato la portavoce del CICR Anna Nelson.

Finora è stato possibile fornire assistenza solo a circa 1400 rifugiati in una decina di campi vicino alla capitale georgiana Tbilisi. Il CICR ha anche mobilitato 17 medici per aiutare i loro colleghi locali a curare i feriti, ha aggiunto la portavoce dell’organizzazione a Tbilissi Maia Kardava.

L’organizzazione con sede a Ginevra si tiene pronta a intervenire in forze nelle altre zone appena sarà assicurata la protezione degli operatori.

Abusi e banditismo si moltiplicano

I rischi non sono legati unicamente alla durata del cessate il fuoco fra i belligeranti. La distribuzione è ostacolata dall’allarmante clima generale di illegalità e dal banditismo, ha spiegato venerdì il coordinatore delle Nazioni Unite in Georgia Robert Watkins. Gruppi di paramilitari e criminali comuni approfittano del clima d’incertezza e dell’assenza di autorità amministrative e di polizia per compiere abusi.

“Non serve a nulla disporre di tutti gli aiuti se non li si possono fare arrivare laddove sono necessari”, ha aggiunto Watkins. Le organizzazioni umanitarie hanno perciò lanciato un nuovo appello congiunto alle parti, venerdì a Ginevra, affinché ai soccorritori siano garantiti la sicurezza e il libero e completo accesso alle vittime e agli sfollati.

Un esodo infinito

Il CICR stima che dal 30 al 50% della popolazione dell’Ossezia del sud sia in fuga. Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (HCR), dalle zone di combattimento nell’Ossezia del sud e in Abkhazia sono fuggite almeno 118mila persone. I profughi continuano ad affluire nella parte russa dell’Ossezia e intorno a Tbilisi.

Stando alle cifre fornite dall’HCR, circa 30’000 profughi provenienti dall’Ossezia meridionale si trovano nella Federazione Russa; 15’000 sono fuggite verso sud, nella Georgia vera e propria. Altre 68’000 persone sono inoltre sfollate all’interno della Georgia.

Molti profughi provengono da Gori, città strategicamente posizionata tra l’Ossezia del Sud e Tbilisi. Le truppe russe hanno preso il controllo della città, tagliando de facto la Georgia in due. Le autorità russe venerdì hanno autorizzato anche l’ingresso a Gori di rifornimenti alimentari e alcuni carichi di aiuti umanitari.

DSC già attiva

Presente nella regione dal 1993, la DSC assicura di essere in grado di lavorare nelle zone in cui si trova la maggior parte degli sfollati. “Possiamo lavore con le due parti in conflitto”, afferma il portavoce Andreas Stauffer. La situazione è drammatica in questa regione che “si stava appena rimettendo dalla guerra civile del 1992”.

Per il momento sul posto ci sono cinque cooperatori svizzeri. La DSC ha finora sbloccato 270mila franchi per gli aiuti urgenti. “L’acqua potabile rappresenta la prima emergenza. Ma sono pure necessari viveri, medicamenti, tende e letti”, ha indicato il portavoce.

swissinfo e agenzie

Il conflitto inizia il 7 agosto nell’Ossezia del sud, quando la Georgia tenta di riacquisire il controllo della regione separatista. La Russia interviene immediatamente a sostegno dei ribelli.

I bombardamenti seminano morte e distruzione, mettendo in fuga decine di migliaia di persone. Il numero dei morti non è ancora noto.

Russia e Georgia accettano il 12 agosto un piano di pace mediato dal presidente di turno dell’Unione europea, il francese Nicolas Sarkozy.

Il piano in sei punti non è tuttavia firmato subito dalle due parti. Il cessate il fuoco regge, benché la tregua sembri fragile.

La crisi caucasica intacca anche le relazioni fra Mosca e Washington. Gli Stati Uniti sostengono la missione di Sarkozy, ammonendo la Russia a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale della Georgia.

Per dimostrare l’appoggio di Washington a Tbilisi, la segretaria di Stato americana Condoleezza Rice il 14 agosto si reca a Parigi per discutere della crisi con Sarkozy. L’indomani va in Georgia per una serie di chiarimenti. La ministra Usa convince il presidente georgiano Mikheil Saakashvili a sottoscrivere l’accordo di pace.

swissinfo.ch

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