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Aiuto sociale ai richiedenti l’asilo: bilancio a tre anni dallo stop

Keystone Archive

Le autorità federali stilano un bilancio positivo dell'esclusione dall'aiuto sociale dei richiedenti l'asilo con decisione di non entrata nel merito (NEM): il numero di domande è sceso e un numero maggiore di candidati respinti lascia il paese.

Più critico il giudizio di associazioni come Caritas, che afferma: s’ignora il destino dei candidati respinti che non chiedono il soccorso d’emergenza.

Dall’aprile del 2004, i richiedenti l’asilo la cui domanda non è stata presa in considerazione dalle autorità – i cosiddetti NEM – non possono più fare ricorso al sistema assistenziale svizzero. A loro è concesso solo un soccorso d’emergenza minimo – circa 10 franchi il giorno – garantito dalla Costituzione.

La decisione, ritiene l’Ufficio federale della migrazione (UFM), ha avuto degli effetti positivi. «L’obiettivo di incentivare queste persone a lasciare la Svizzera e di ridurre il numero di domande d’asilo infondate è stato conseguito», scrive l’UFM in un comunicato che accompagna la pubblicazione del terzo rapporto sul «Monitoraggio NEM».

Gran parte delle persone escluse dall’aiuto sociale «non ha mai chiesto il soccorso d’emergenza o ne ha fatto domanda soltanto per un determinato periodo». I timori legati ad un aumento dei passaggi alla clandestinità non hanno trovato riscontro e si sono pure rivelate infondate la paure relative alle difficoltà di ritorno dovute all’assenza dei documenti d’identità.

Caritas critica

I dati presentati dall’UFM, però, possono essere interpretati anche in modo diverso. «È vero che sono state presentate meno domande d’asilo», spiega a swissinfo Barbara Walther, «ma non si può dire se ciò sia effettivamente dovuto allo stop dell’aiuto sociale».

Responsabile del settore Affari sociali e Migrazione in Svizzera di Caritas, Barbara Walther fa notare che anche altri paesi europei hanno registrato un calo delle domande. Ciò si spiega in particolare con lo stabilizzarsi della situazione in Kosovo.

Anche il fatto che solo un terzo dei NEM chieda l’aiuto d’emergenza non è di per sé un dato significativo. «Il problema è che molti di loro non sanno nemmeno dove fare richiesta, per questo non sono registrati», commenta Barbara Walther che aggiunge: «Alcuni cantoni affrontano i loro compiti più seriamente di altri».

L’aiuto d’urgenza, infatti, è di responsabilità dei cantoni che possono decidere autonomamente quando e come elargirlo. I circa dieci franchi giornalieri ai quali i NEM hanno diritto possono essere in contanti, sottoforma di buoni, ma anche di distribuzione di cibo. Ai cantoni spetta poi il compito di proteggere le persone particolarmente vulnerabili, come i minorenni non accompagnati. Secondo l’UFM queste persone hanno ricevuto un’assistenza adeguata.

Nel 2006, il soccorso d’emergenza prestato ai NEM è costato 5,5 milioni di franchi; tre milioni sono stati assunti dalla Confederazione, il resto è stato a carico dei cantoni.

Criminalità contenuta

Per quanto concerne la criminalità, l’UFM nota che i rischi per la sicurezza pubblica «possono essere definiti limitati», visto l’esiguo numero dei fermi effettuati e dei reati commessi dai NEM. La maggior parte dei fermi è avvenuta per soggiorno illegale (52%). In cifre assolute, i fermi in relazione a reati patrimoniali e infrazioni alla Legge sugli stupefacenti sono stati poco numerosi durante tutti i trimestri.

Questi dati portano l’UFM a ritenere infondati i timori di chi riteneva che i NEM, invece di tornare al loro paese, sarebbero diventati dei clandestini portati a delinquere per sopravvivere.

Anche Caritas ritiene che non ci sia un rapporto diretto tra il numero di rifugiati respinti e il tasso di criminalità, ma non è affatto convinta che i due terzi dei NEM abbia effettivamente lasciato la Svizzera. «Se non sono registrati», puntualizza Barbara Walther, «è semplicemente impossibile sapere se sono ancora in Svizzera o no. Forse vivono da amici, o in modo informale in un centro per richiedenti l’asilo».

swissinfo e agenzie

Nel 1999, la Svizzera ha registrato 48’000 richieste d’asilo, un record. 30’100 erano state depositate da cittadini serbi (guerra in Kosovo).
Nel 2004, anno dello stop all’aiuto sociale per i richiedenti respinti, le domande sono state 14’250 (2003: 21’000).
2006: 10’500 domande (accettate: 19,5%).
Nel 2007 il numero maggiore di domande è stato inoltrato da cittadini dell’Eritrea.

Da qualche anno l’aiuto al rientro attraverso incentivi finanziari è diventato un elemento importante della politica migratoria svizzera. Stando alle autorità, questo tipo d’aiuto è meno costoso di un soggiorno prolungato in Svizzera o di un rimpatrio forzato.

Nel settembre del 2006, i cittadini svizzeri hanno approvato con il 68% dei sì un inasprimento della legge sull’asilo che è stata così rivista per la nona volta dal 1984.

Le nuove disposizioni prevedono un periodo più lungo di detenzione per i richiedenti in attesa di rimpatrio; i richiedenti colpiti da una decisione di non entrata in merito non hanno diritto all’assistenza sociale; le persone che non presentano documenti d’identità sono escluse d’ufficio dalla procedura.

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