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Albania: a scuola con la televisione

Per i bambini albanesi la scuola è la televisione in casa propria (foto: HEKS) swissinfo.ch

In Albania migliaia di bambini non vanno a scuola. L’organizzazione umanitaria svizzera HEKS sostiene da tre anni un programma educativo alla televisione.

Povertà, mancanza di insegnanti e la paura delle vendette sono all’origine del crescente analfabetismo nel Paese.

Madeleine Hirsch, responsabile dei programmi per l’Albania, spiega che molte famiglie povere non mandano i figli a scuola perché non hanno vestiti decenti, spesso nemmeno scarpe e tantomeno materiale scolastico.

“Nel Nord montagnoso del paese le scuole scarseggiano. I maestri non vogliono più insegnare in posti così fuori mano, dove lo stipendio è basso e le condizioni di vita difficili”.

Un altro motivo è legato alle vendette: un’antica tradizione che è tornata in auge negli ultimi dieci anni.

Le famiglie che sono coinvolte in faide, per paura non lasciano più uscire di casa i loro figli.

Secondo una statistica del 2001, nella sola regione di Shkodra 600 bambini vivono rinchiusi in casa casa, in parte da anni.

Uscire dall’isolamento

L’organizzazione femminile “Useful to Albanian Women” (UAW), partner di HEKS, ha individuato il problema e con l’aiuto della Svizzera ha elaborato un programma educativo speciale.

Secondo la responsabile del progetto di UAW, Fabiola Laço-Egro, molti dei bambini rinchiusi sono traumatizzati.

“A casa non si parla altro che di vendetta. Inoltre questi ragazzi vedono sempre e solo un padre depresso che pulisci il fucile”.

Per avvicinarli all’insegnamento e toglierli dal loro isolamento la televisione diffonde tre volte alla settimana lezioni di matematica, albanese, cultura e diritti umani e del bambino.

Inoltre personale insegnante e assistenti sociali appositamente formati si recano a casa di queste famiglie e aiutano i bambini a fare i compiti.

La televisione: una finestra sul mondo

“La televisione è uno strumento molto utile”, dichiara Fabiola Laço-Egro. “Durante il regime comunista ogni albanese sognava di possedere un televisore. Oggi ce l’hanno tutti, anche nelle regioni più povere. È la finestra sul mondo”.

Il progetto sostenuto da HEKS si limita alla parte settentrionale del Paese e comprende le regioni di Shkodra, Lezha e Puka. Dai 40 ai 60 ragazzi vengono seguiti da vicino da personale specializzato.

“Ci rendiamo conto di poter assistere solo una piccola percentuale di tutti i bambini toccati da questa situazione difficile”, dice a swissinfo Madeleine Hirsch, di HEKS.

Fabiola Laço-Egro, dell’organizzazione delle donne albanesi, spiega invece che i ragazzi beneficiano molto dell’insegnamento attraverso la televisione e dell’assistenza fornita sul posto.

“Sono più aperti”, dice Fabiola Laço-Egro, “e più disposti a chiacchierare. Grazie a questo programma sono integrati meglio”.

Mancano soldi

HEKS ha sostenuto finanziariamente il progetto fin dagli inizi. L’anno scorso ha contribuito con 50’000 franchi, quest’anno con 25’000. A partire dall’anno prossimo non ci saranno più soldi.

“Il nostro programma ha ricevuto un riconoscimento dallo Stato francese diversi grandi media ne hanno parlato. Nessun altro progetto di HEKS ha avuto tanta pubblicità, ma il ritorno finanziario è stato pessimo”, deplora la responsabile albanese.

A partire dall’anno prossimo i bambini dovranno rinunciare alle lezioni alla televisione per mancanza di fondi. Anche l’assistenza per il doposcuola verrà a mancare.

Madeleine Hirsch spera almeno che gli insegnanti appositamente formati per questo scopo mantengano i contatti con le scuole e le autorità.

Swissinfo, Gaby Ochsenbein
(Traduzione: Elena Altenburger)

In Albania l’analfabetismo è in ascesa
Il 46,6% della popolazione è povera, il 17,4% è estremamente povera
La disoccupazione ufficiale è del 18%, quella ufficiosa del 40%

HEKS sostiene il progetto “Dall’isolamento all’insegnamento” dal 2001 al 2003.

Il tema della vedetta viene tematizzato nell’ambito di spot televisivi.

In Albania la tradizione della vendetta si basa su un codice d’onore secolare.

Oggi non si uccide più per motivi “tradizionali”, ma piuttosto per questioni terriere e di proprietà.

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