Allevamenti rispettosi animali: meno idilliaci di quanto si pensi
(Keystone-ATS) Sovvenzionati dalla Confederazione e usati come argomento di marketing dalla grande distribuzione, i cosiddetti “allevamenti particolarmente rispettosi degli animali” sono assai meno idilliaci di quanto ritenga la popolazione.
Lo sostiene l’organizzazione animalista Tier in Fokus (TIF), che sul tema ha fatto condurre un sondaggio.
Il 70% degli interpellati ritiene ad esempio che negli stabilimenti per polli da ingrasso la normativa imponga un massimo di 5 animali per metro quadrato: in realtà è permesso avere sino a 16 galline, riferisce oggi il Tages-Anzeiger.
Altrettanto sbagliata è la convinzione – fatta propria dal 73% del campione di oltre 1000 persone interrogate dall’istituto GFS, a cui si aggiunge un altro 15% che la condivide almeno in parte – che l’ordinanza sui “sistemi di stabulazione particolarmente rispettosi degli animali” (SSRA) imponga che i polli stiano sui prati all’aperto. In realtà è richiesta solo una “area con clima esterno”. Uno stabilimento SSRA convenzionale è quindi nient’altro che un capannone industriale con un sistema automatico di foraggiamento, climatizzazione e approvvigionamento d’acqua.
“La popolazione non ha alcuna idea di cosa significhi la SSRA”, afferma il presidente di TIF, Tobias Sennhauser, citato dal Tages-Anzeiger. Secondo gli animalisti la discrepanza fra percezione e realtà è tanto più problematica se si considera che i grandi gruppi del commercio al dettaglio pubblicizzano la SSRA come orientata alle condizioni di vita naturali. “Questo suscita falsamente l’immagine di un’agricoltura idilliaca e su piccola scala”.
Per Sennhauser Berna non informa in modo corretto, come invece sarebbe tenuta a fare in base alla legislazione sulla protezione degli animali. Gli allevatori che partecipano al programma SSRA ricevono inoltre sussidi, 80 milioni di franchi nel 2016: “non può essere che la Confederazione usi il denaro dei contribuenti per ingannare la popolazione”, sostiene Sennhauser.
Di parere opposto è l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV). In primo luogo – hanno spiegato i funzionari quotidiano – è l’allevatore che è responsabile del benessere degli animali e spetta quindi a lui informare. Ma al di là di questo l’USAV attribuisce “molto valore” all’obbligo di fornire informazioni, “in modo che almeno i requisiti minimi siano conosciuti e rispettati”.
Il presidente dell’Unione svizzera dei contadini (USC) e consigliere nazionale (PPD/SG) Markus Ritter non avrebbe nulla in contrario se la Confederazione fornisse indicazioni maggiori e migliori. “È effettivamente vero che la popolazione ha un’immagine in parte poco realistica”, ammette. Ma occorre guardare non solo alla Svizzera, bensì anche oltre confine: solo così facendo si capisce quanto stanno bene gli animali in Svizzera, se paragonati alla situazione che vivono all’estero, spiega Ritter al quotidiano zurighese.