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Ambasciatori di una Svizzera solidale

L'America latina, qui un progetto in Niacargua, è uno dei continenti dove gli scambi Nord-Sud sono i più intensi Keystone

I volontari elvetici che partecipano alla rete di scambio Nord-Sud contribuiscono ad esportare la solidarietà della Svizzera nei paesi poveri del mondo.

Al loro rientro in patria sensibilizzano poi la società elvetica alle problematiche del Sud e apportano nuove proposte alla risoluzione dei problemi locali.

«Mi viene in mente l’immagine della cipolla con diversi strati. Molti progetti sono importanti, ma toccano soltanto la buccia esterna; la presenza di un volontario che ha vissuto sul posto, imparato la lingua e condiviso la quotidianità, permette invece quasi sempre di raggiungere gli strati più profondi».

Sono parole del pastore evangelico Armand Heiniger, il quale illustra il lavoro svolto da chi decide di lasciare famiglia e amici per mettere a disposizione le proprie competenze nel Sud del mondo nell’ambito di un interscambio.

Durante la sua pluriennale esperienza in Africa, Heiniger, presidente di Unité – il forum svizzero per lo scambio di persone nella cooperazione internazionale – ha visto con i suoi occhi l’impatto dei volontari elvetici sulle comunità indigene. «Non credo che il finanziamento di progetti sia il contributo più appropriato. Fondamentale è la condivisione delle esperienze e delle conoscenze», sottolinea.

Un impegno serio

Sviluppatosi essenzialmente all’interno delle missioni della Chiesa tra la fine del 19esimo secolo e la Seconda guerra mondiale, l’interscambio di personale volontario rappresenta oggi una scelta contemplata da persone di vari orizzonti.

«Non c’è un profilo tipo del cooperante. Devo però rilevare che siccome richiediamo una grande professionalità, l’età media è passata dai 25-30 anni a circa 40 anni», indica a swissinfo Martin Schreiber, segretario generale di Unité.

Partire per un minimo di due anni in una realtà lontana e diversa da quella elvetica è un’alternativa che stuzzica numerosi spiriti avventurieri. Una volta valutato ciò che tale parentesi comporta (in termini finanziari, professionali e sociali) molti cambiano tuttavia idea. «La gente è meno disposta a partire per lungo tempo. Molti temono probabilmente di non ritrovare un posto di lavoro», spiega Schreiber.

«Il volontariato – aggiunge Corinne Sala dell’associazione ticinese Interagire – è un impegno serio. Il candidato deve essere motivato, disposto a vivere in condizioni di vita semplici e dar prova di competenze umane e sociali».

Rispondere alle richieste del Sud

Specialisti in agronomia, personale medico, operatori sociali, impiegati di commercio oppure insegnanti od economisti. Attualmente sono circa 200 gli espatriati svizzeri che praticano l’interscambio culturale attraverso una delle 25 organizzazioni raggruppate nella piattaforma di Unité.

Il Programma di promozione della cooperazione allo sviluppo attraverso lo scambio Nord-Sud – il quale beneficia di un credito annuale di circa 9 milioni di franchi da parte dell’Agenzia elvetica per l’aiuto allo sviluppo (DSC) – coinvolge una quarantina di paesi in Africa, America latina, Asia e Oceania.

L’invio di personale qualificato avviene sulla base dei bisogni concreti sul posto e dei progetti stabiliti dalle organizzazioni partner locali (associazioni non governative, cooperative, sindacati). «È il principio sul quale si basa la nostra azione: rispondere alle richieste che giungono dal Sud», ci dice Corinne Sala.

Dare, imparare e sensibilizzare

Come indica il termine, l’interscambio prevede un flusso nelle due direzioni: partire per il Sud non significa soltanto esportare le proprie conoscenze, ma anche ritornare a casa con nuove esperienze.

«È uno dei punti essenziali: accanto al sostegno tecnico e sociale che offriamo sul posto, insistiamo sulla sensibilizzazione in Svizzera», afferma il segretario generale di Unité.

Durante e dopo l’esperienza in Nicaragua, Bolivia, Brasile, Kenya, Ciad o Filippine, al cooperante è così chiesto di diffondere in Svizzera le tematiche inerenti allo sviluppo sostenibile incontrate all’estero. Per condividere la sua esperienza e, perchè no, per apportare nuove idee alla risoluzione dei problemi di casa nostra.

Dal Costa Rica la soluzione a Swisscom?

A completare il dialogo Nord-Sud-Nord ci pensano poi i volontari che intraprendono lo scambio in senso inverso. A Berna incontriamo Ariane Grau Crespo, 34 anni, giunta in Svizzera dal Costa Rica tramite l’associazione romanda GVOM («Gruppo volontari d’oltremare»).

«L’obiettivo del mio viaggio è informare le organizzazioni non governative svizzere e l’opinione pubblica sul lavoro svolto dalla nostra organizzazione in America latina e cercare nuovi partner per ampliare la collaborazione», spiega a swissinfo.

Tra gli appuntamenti di Ariane figurano alcuni incontri con rappresentanti sindacali ed esponenti del mondo accademico e politico. «Discuterò ad esempio con i collaboratori di Swissmetal a Reconvilier. La vicenda dello sciopero alla Boillat mi ha dato un’ulteriore dimostrazione che molti problemi, come la precarietà del lavoro, ci accomunano».

Anche la privatizzazione di Swisscom, auspicata dal Consiglio federale, è stata al centro delle discussioni tra la volontaria è alcuni deputati parlamentari. L’esperienza vissuta dai lavoratori costaricani – che nel 2000 avevano evitato la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni con una serie di scioperi – interessa da vicino gli oppositori alla privatizzazione dell’ex regia federale.

«Anche noi possiamo portare la nostra esperienza e renderci utili», conclude Ariane Grau Crespo.

swissinfo, Luigi Jorio

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), istituita nel 1961, è l’agenzia della Confederazione preposta alla cooperazione internazionale (aiuto umanitario e cooperazione allo sviluppo).

Nel 2005 disponeva di un budget di 1,3 miliardi di franchi e si è impegnata nella realizzazione di 750 progetti nel mondo.

Per la DSC, la collaborazione con le organizzazioni non governative (ong) rappresenta una componente essenziale delle sue attività, sia a livello politico che operativo.

Il 30% circa della cooperazione bilaterale allo sviluppo con il Sud è infatti svolto tramite ong svizzere ed organizzazioni di sviluppo private.

200 volontari svizzeri praticano l’interscambio culturale attraverso una delle 25 organizzazioni raggruppate nella piattaforma di Unité.
Sono attivi in una quarantina di paesi.
Durante il soggiorno all’estero ricevono un compenso che copre i bisogni di uno stile di vita adattato alle condizioni locali.
Nel 2005, la Direzione svizzera dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ha contribuito con 9,2 milioni di franchi ai programmi di interscambio.

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